C’è aria di distensione fra i protagonisti della filiera del pomodoro da industria nel bacino centro-meridionale? Alcuni segnali indicano di sì, altri di no. È però un fatto che a metà giugno, mentre gli altri anni l’accordo era già stato raggiunto da tempo (nel 2021 a fine maggio), quest’anno non sono stati ancora individuati prezzi condivisi su cui mettere la firma nella contrattazione fra produttori agricoli e trasformatori industriali. Tuttavia le parti stanno pian piano avvicinando le rispettive richieste. L’alternativa, in mancanza di accordi a breve scadenza, sarebbe, come già ventila qualche attore della filiera, affidare la produzione alle quotazioni da libero mercato.
Cia: «Pomodoro da industria, spiragli propositivi»
Nelle scorse settimane Michele Ferrandino, referente di Cia Agricoltori Italiani nell’Organizzazione Interprofessionale (OI) Centro-Sud Italia, sosteneva che «l’intesa sul prezzo del pomodoro da industria non c’è ancora ma, per la prima volta, nell’ultima riunione dell’OI si è intravisto lo spiraglio per un possibile accordo: entrambe le parti, sia quella agricola sia quella industriale, si sono mostrate propositive. Le Op si stanno battendo tutte insieme per il riconoscimento di un prezzo equo in favore degli agricoltori, ma finalmente si è riallacciato un dialogo costruttivo fra le parti, teso a trovare un’intesa che possa soddisfare tutti, nella logica della filiera».
«Per raggiungere un accordo equo e accettabile sul prezzo del pomodoro da industria restano poche settimane– aggiungeva il presidente provinciale di Cia Capitanata, Angelo Miano –. La finestra temporale per procedere ai trapianti sarà ancora aperta a maggio e per una parte di giugno. Perciò è positivo che l’ultimo incontro abbia gettato le basi per raggiungere un’intesa. I nostri produttori chiedono soltanto condizioni eque e una giusta base di partenza per poter continuare a sostenere una filiera che produce lavoro, reddito, eccellenza e qualità alimentare di grande rilievo».
L’ultima proposta di prezzo delle Op centro-meridionali
Ebbene, nei giorni scorsi, in un nuovo incontro ad Angri (Sa) fra la maggior parte delle Op del Centro-Sud Italia, queste, come si rileva in un relativo comunicato stampa, “pur convenendo che la proposta di prezzo iniziale fosse congrua e legittima, hanno individuato, nello spirito di concorrere a una condivisione delle reciproche esigenze fra parte agricola e parte industriale, un prezzo per la contrattazione, imprescindibile, che ammonta a 130,00 euro/t per il pomodoro tondo, a 140,00 euro/tonnellata per il pomodoro lungo da pelato, e a 220,00 euro/tonnellata per il pomodorino. Per il pomodoro da produzione biologica ai suddetti prezzi si applica una maggiorazione del 30%”. Questa posizione della parte agricola è stata definita “assolutamente immodificabile” dalle Op, che hanno proposto “un ulteriore ultimativo incontro al fine di condividere una linea comune con il mondo industriale per l’imminente campagna. Le Op, pur comprendendo le motivazioni riportate nella circolare dell’Associazione nazionale industriali conserve alimentari vegetali (Anicav) dell'8 giugno 2022, ribadiscono alla parte industriale che i costi di produzione del pomodoro da avviare alla trasformazione sono aumentati. Questo viene confermato e certificato dall'Ismea, che in una sua pubblicazione attesta come l'incremento dei costi di produzione sostenuti dalla parte agricola sia calcolabile in un +25% rispetto alla precedente campagna. Quindi non risulta possibile condividere la proposta avanzata da Anicav sui prezzi suggeriti per la contrattazione”.
La controfferta di prezzo di Anicav
Le parti, dunque, si stanno avvicinando. Quella agricola è in sostanza scesa dalla richiesta iniziale di 140 €/t per il tondo e 150 €/t per il lungo. E l’Anicav ha aumentato la propria offerta rispetto alla proposta iniziale. Ma resta ancora uno scarto di 5,00 euro/tonnellata, come si evince dalle parole del direttore generale di Anicav, Giovanni De Angelis. «Come già comunicato in più occasioni, da parte nostra c’è sempre stata grande disponibilità al dialogo, nonché la volontà di riconoscere un aumento importante sul prezzo, addirittura superiore a quello pattuito per il bacino del Nord e andando oltre il prezzo da noi ritenuto congruo. Abbiamo, quindi, invitato i nostri associati a osservare la massima prudenza nella definizione dei contratti di fornitura riconoscendo, pur nel rispetto dell’autonomia contrattuale che compete alle singole aziende, un prezzo di riferimento che non superi 125 €/ton per il tondo e 135 €/ton per il lungo. Nonostante questo la controparte pare decisa a rimanere, in maniera incomprensibilmente rigida, su posizioni irricevibili. Pur considerando i rincari registrati nei costi di produzione, le richieste fatte da parte agricola sono del tutto immotivate e appaiono, a tratti, speculative. Dal canto nostro rimaniamo propositivi e portiamo avanti la nostra proposta di mettere a punto per il prossimo futuro uno studio sui costi di produzione in agricoltura, anche eventualmente con il coinvolgimento del Mipaaf, proprio per agevolare la contrattazione e farla partire da una base di dati oggettivi».
Quello che una volta si poteva definire”gioco delle parti” non è più. Oggi è in” gioco “la sopravvivenza della filiera e dei suoi attori. Se non prevale adesso il senso di responsabilità degli addetti ai lavori, non c’è ragione di sperare in futuro a breve!
Ciò che è fastidioso, è avere a che fare con una buona parte di comparto agricolo senza fermezza ed equilibrio. Se (e ci saranno con estati a quasi 50°) accavallamenti di maturazioni che porteranno a raccolte più veloci dei ritiri, faranno a gara a chi offre di meno pur di non perdere il raccolto.
È lì che ci vuole fermezza nel mantenere i prezzi a costo del peggio.
Senza ciò, li vedrò sempre come pagliacci senza senso di responsabilità per la competitività del settore in campo internazionale, senza programmazione ed equilibrio, la squadra italiana della trasformazione del pomodoro sud, sarà sempre perdente rispetto al nord Italia e resto del mondo