Con 5,4 milioni di tonnellate trasformate nel 2015 l’Italia è il terzo produttore mondiale di pomodoro da conserva alle spalle di Usa (13 milioni di tonnellate) e Cina (5,6 milioni). Al di là del prestigioso podio ai mondiali, le conserve di pomodoro costituiscono per l’Italia un importante volano economico sia per l’indotto della fase agricola (sementieri, vivaisti, concimi, fitofarmaci, prodotti per l’irrigazione, ecc.) sia per l’indotto della fase industriale, a iniziare dai produttori di tecnologie ed impianti per la trasformazione che sono leader a livello mondiale.
La produzione
Nella campagna 2015 la produzione italiana è stimata in 5,4 milioni di tonnellate di pomodoro in aumento del 10% rispetto al 2014 (vedi articolo precedente). L’incremento è imputabile all’aumento della superficie investita, che nel 2015 è stata quantificata in circa 73.240 ettari, +9% rispetto al 2014. La resa media per ettaro è stimata in 738 quintali, mostrando un lieve incremento rispetto al 2014 (+0,9%).
La produzione italiana risulta fortemente concentrata in due zone del paese: al Sud, nella provincia di Foggia ed a Nord nell’area padana (Piacenza, Ferrara, Parma, Mantova, Ravenna e Cremona).
La provincia di Foggia concentra un quarto della superficie nazionale a pomodoro da industria e circa un terzo della produzione. In quest’area si coltiva prevalentemente pomodoro a bacca allungata destinato per lo più alla produzione di pomodori pelati.
Al secondo e terzo posto, Piacenza e Ferrara sommano circa un quarto sia della superficie investita, sia della produzione nazionale. In quest’area, viene coltivato quasi esclusivamente pomodoro a bacca tonda.
A parte la Capitanata (Foggia) e l’area padana, altre zone dove la coltivazione del pomodoro da industria è rilevante sono la Maremma e l’Alto Lazio (le province di Grosseto e Viterbo); la Campania (province di Caserta, Salerno e Napoli), il Molise (provincia di Campobasso) e la Basilicata.
Mercato interno in flessione
Nel mercato interno delle conserve di pomodoro è da oltre un decennio che si registra una fase di flessione degli acquisti al dettaglio, soprattutto a causa del minore tempo che le famiglie italiane dedicano alla preparazione dei loro pasti in casa.
Allo stesso tempo, però i prodotti ad elevato contenuto di servizio, leggi tra le righe “sughi pronti”, sono in continua espansione ed oggi costituiscono più di un quarto della spesa sostenuta dalle famiglie per le conserve di pomodoro.
Una conferma di ciò si trova nei dati delle vendite al dettaglio delle conserve di pomodoro. Infatti, nel periodo gennaio-novembre 2015, si osserva una flessione degli acquisti del 5% rispetto allo stesso periodo del 2014, mentre in termini di spesa, la riduzione è stata del 3%, in quanto mitigata dall’aumento medio del 2% dei prezzi.
La riduzione degli acquisti è imputabile a tutti i principali prodotti che appartengono a questa categoria ed in particolare a passate (-5%), pomodori pelati (-8%), polpe (-6%), concentrati (-5%) ed altre conserve (-10%). In controtendenza si muovono i sughi pronti che registrano un aumento degli acquisti del 3% per quelli Uht, mentre per quelli freschi l’incremento è stato dell’1%.
Sul fronte dei prezzi, i maggiori aumenti sono stati registrati da pomodori pelati (+3,3%), passate (+1,2%) e polpe (+0,7%). Di contro, sono diminuiti i prezzi medi del concentrato di pomodoro (-1,1%) e dei sughi pronti freschi (-0,9%). Infine, sono rimasti stabili sui livelli del 2014 i prezzi dei sughi pronti Uht.
Un successo mondiale
Con 1,5 miliardi di euro di conserve esportate in oltre 120 Paesi, questi prodotti costituiscono una delle punte di diamante dell’agroalimentare italiano che ha successo nel mondo, in quanto cardine della tradizione del mangiar bene (e sano) “meid in Italì”.
Il trend delle esportazioni di conserve di pomodoro dell’Italia è positivo.
Nel 2000 i quantitativi spediti all’estero ammontavano a circa 1,4 milioni di tonnellate e sono cresciuti fino a toccare il massimo nel 2013 con oltre 1,9 milioni di tonnellate. Analogamente, in valore, gli introiti sono aumentati da 757 milioni di euro del 2000 a
* Ismea
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