Ambiente fa rima con gusto. Se una volta bere vino biologico poteva essere fonte di amare (o acide) sorprese, oggi è vero il contrario. Nei concorsi e nelle degustazioni sono i vini biologici a raccogliere sempre più spesso le migliori votazioni. Oltreoceano i ricercatori dell’Università della California lo hanno dimostrato con una ricerca (“Does organic wine taste better? An analysis of experts’ ratings”, di Delmas, Magali A. Gergaud, et al., pubblicata sul Journal of Wine Economics, 11 2016). L’analisi di oltre 74.000 rating di vini di diverse vendemmie, varietà e regioni di produzione pubblicati da the Wine Advocate, Wine Enthusiast e Wine Spectator, ha rilevato che i vini bio segnano in media 4,1 punti in più (su 100) rispetto agli omologhi non bio.
Saturno non più contro
Tramonta così definitivamente l’epoca delle fermentazioni selvagge e dei palati da educare a difetti e “puzze” presentate dai pionieri del naturale come sintomo di personalità. Chi ha nostalgia per questa deriva può rivolgersi altrove, a chi ancora oggi si affida ai buoni auspici della Luna o alle distrazioni di Saturno e porta avanti la bandiera delle produzioni non certificate.
Anche perché il bio è diventato ormai la palestra dove si confrontano le firme più prestigiose dell’enologia nazionale. I ricercatori americani ipotizzano che l’adozione di pratiche biologiche, con la messa al bando dei presidi fitosanitari chimici di sintesi, favorisca il vigore dei microrganismi che rappresentano la componente vivente della sostanza organica del suolo e esaltano il sapore dell’uva, dando una rappresentazione più autentica del terroir e dell’ambiente naturale della vite. Un ruolo relativo alle migliori performance organolettiche nel vino è attribuito anche al rifiuto dei fertilizzanti chimici di sintesi, che riduce la resa nel vigneto, traducendosi in miglior qualità delle uve. Una spiegazione forse più convincente è quella fornita da Leonardo Valenti dell’Università di Milano.
Il segreto della qualità
«La fase di cantina – dice- è il collo di bottiglia di queste produzioni». Dal 2012, con la pubblicazione del Reg. Ue 203/2012 dell’8 marzo, i produttori hanno potuto fare i conti con regole stabilite anche per il post-vendemmia. «I vincoli più pressanti riguardo all’anidride solforosa e soprattutto alle chiarifiche, con l’impossibilità di utilizzare prodotti di sintesi come il Pvpp (polivinilpolipirrolidone), impongono una maggiore attenzione alla qualità e alla sanità delle uve che arrivano in cantina». Valenti sarà uno dei relatori del convegno organizzato da Federbio, nell’ambito di Vinitalybio, che si terrà il 10 aprile (v. riquadro a pag. 42), dove sarà il testimone dell’esperienza ventennale di Barone Pizzini, azienda di riferimento del Franciacorta Docg, pioniere del bio e responsabile della diffusione di questo metodo di produzione in una delle aree di maggiore pregio per le bollicine made in Italy...
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