La bolla del pesco è la prima malattia, nelle colture frutticole, da considerare nella stagione vegetativa. Su pesco e nettarina, infatti, non appena la temperatura media si stabilizza sui 7-8 °C e le gemme a legno delle prime cv precoci iniziano a rompersi, lasciando intravedere i primi tessuti verdi, è il momento di pensare ad intervenire contro la bolla. A fine inverno, in questa fase, le spore di Taphrina deformans (agente causale della malattia) presenti sulle perule delle gemme e risvegliate dai primi essudati emessi durante la schiusura, riprendono la loro attività patogenetica a carico delle piante ospiti. Condizione fondamentale per la riuscita di una infezione di “bolla” è la presenza di un tessuto verde suscettibile, temperature fra i 3 °C e 15 °C e, soprattutto, una bagnatura prolungata per almeno 15 ore (anche se le infezioni più gravi si registrano con bagnature superiori alle 24 ore) in seguito ad un evento piovoso.
Occhio alla rottura gemme
Pertanto, per contenere gli attacchi a carico dei germogli nella fase di “rottura gemme”, è fondamentale monitorare i pescheti per individuare la presenza visibile della porzione apicale delle giovani foglie di pesco e, al contempo, tenere sotto controllo le previsioni meteorologiche per posizionare il trattamento preventivo il più a ridosso possibile della pioggia infettante. Purtroppo, nessun fungicida infatti è in grado di svolgere una attività curativa. È quindi fondamentale che il trattamento sia effettuato prima che le spore siano germinate e penetrate all’interno dei tessuti vegetali. Tale trattamento avrà valore ed efficacia diversi sulle differenti varietà. Alcune cv possono, infatti, presentare la fase di rottura gemme anche distanza di 7-10 giorni da un’altra e pertanto il trattamento effettuato per una varietà più precoce può non essere altrettanto efficace per quelle più tardive. E ad aggiungere ulteriore difficoltà al posizionamento ottimale del trattamento, all’interno della stessa varietà la fase di rottura gemme può essere scalare. Un trattamento eseguito quando solo qualche pianta ha rotto le gemme, può risultare quindi non efficace se la maggior parte delle piante arriva in quella fase dopo una settimana.
Più difficile valutare invece, già in questo periodo, la gravità di una eventuale infezione. Per fare ciò è necessario stimare il potenziale di inoculo del patogeno. Taphrina deformans, infatti, trascorre il periodo di riposo vegetativo (dalla caduta foglie fino alla ripresa vegetativa) svolgendo una attività prettamente saprofitaria riproducendosi per gemmazione e andando a ricolonizzare gli organi vegetativi della pianta ancora in dormienza per riprendere la sua attività patogenetica al momento della rottura delle gemme la primavera successiva.
Favorita all’autunno mite
Condizioni favorevoli all’aumento del potenziale di inoculo si verificano negli anni caratterizzati da autunni e inverni miti e piovosi. In genere i trattamenti effettuati in questo periodo hanno proprio lo scopo di ridurre il potenziale di inoculo e favorire il buon esito degli interventi primaverili. L’autunno ed inverno 2014 fino alla fine di dicembre, caratterizzato da piogge frequenti e temperature miti, lascia presupporre che la fase di ricolonizzazione delle piante sia avvenuta con successo portando a prevedere che una buona parte della popolazione di T. deformans sia pronta ad infettare non appena le condizioni climatiche alla ripresa vegetativa lo consentono.
Contro questa avversità, fra i principi attivi consentiti nei disciplinari di produzione integrata sono da segnalare ziram, thiram, captano (il cui utilizzo in questa fase viene raccomandato per la sua maggiore persistenza), ditianon e dodina. Fra ziram, thiram e captano sono ammessi complessivamente 3 trattamenti all’anno.
Eventualmente, dopo il primo e fondamentale trattamento alla rottura delle gemme, se le condizioni climatiche permangono umide e fresche, è necessario intervenire ulteriormente con un altro trattamento a distanza di 2-3 settimane dal precedente fino alla fase di caduta petali. Da questo momento in poi e per altre tre settimane circa, saranno i giovani frutticini (specialmente nel caso delle nettarine) in accrescimento ad essere minacciati da questa malattia.