Nel Veneto la campagna maidicola si è caratterizzata per problematiche connesse alla siccità e a una contaminazione massiccia e diffusa della granella. E ora, in prossimità delle semine primaverili del mais, è necessario chiedersi che fare. Tra l’altro le scelte relative alle semine potranno essere influenzate anche da valutazioni su eventuali problemi conseguenti a rotazioni non attuate nelle aziende cerealicole nei 5 anni trascorsi.
Di rilievo l’azione dell’Unità di Progetto Veterinaria regionale, che sovrintende alle attività sia dei servizi veterinari che dei Sian, servizi di alimentazione e nutrizione umana delle Asl: le possibili conseguenze relative a un diffuso rilevamento di presenza di aflatossine sul mais fin dall’inizio della raccolta in regione, partendo proprio da Rovigo dalla metà di agosto, ha portato la struttura a prestare massima attenzione al problema, anche relativamente alla fase di raccolta ed al successivo stoccaggio e pulizia del prodotto.
Fin dal 27 agosto sono state date indicazioni alle usl sulla probabile evoluzione della raccolta, partendo dalla conoscenza dei primi dati di analisi sul mais.
Nel dettaglio sono state impartite indicazioni di trebbiare il mais appena possibile e in particolare per gli essiccatoi si invitava a pulire energicamente la granella, mettere in atto modalità operative volte ad evidenziare il livello di rischio (contaminazione) delle partite e a prestare particolare attenzione alle forniture di mais destinate ai produttori di latte.
Da tenere presente che gli essiccatoi presenti in regione sono circa 160 e questi sono sia per quantità raccolte che per caratteristiche operative molto diversi fra loro. A fianco di strutture che raccolgono poche migliaia di quintali altre ne lavorano centinaia di migliaia...
Il decreto regionale del 20 settembre 2012
Al fine di fornire maggiori garanzie per il consumatore finale, all’inizio di settembre si è proceduto ad incrementare il numero di campionamenti sul mangime finito o completare per vacche da latte, rappresentando proprio il latte l’alimento a maggior rischio per l’uomo.
I limiti di legge, come noto, sono ben definiti. Li riassumiamo nel box pubblicato a pagina 16.
Di fronte alle notizie pervenute dal territorio l’Ufficio ha ritenuto quindi di emanare il decreto 105 del 20 settembre 2012, per rispondere ad una serie di necessità che trovano il fondamento, da mission operativa per la struttura in cui opero, nella volontà di fornire al consumatore finale un ampio livello di garanzia sull’ alimentazione.
Oltre alla necessità di avere un quadro complessivo dell’estensione e dell’entità del fenomeno, sono state impartite indicazioni affinché tutte le strutture fossero oggetto di controlli da parte dei sevizi veterinari e Sian per le parti di rispettiva competenza al fine di riscontrare le pratiche messe in campo per il controllo della contaminazione.
La normativa ha già da tempo attribuito all’ operatore economico (Osa e Osm) l’onere di assicurare la messa in pratica delle metodiche ritenute corrette a garanzia della salubrità e sanità del prodotto commercializzato. Sono stati individuati i prodotti cui prestare un’attenzione particolare gli alimenti di diretto utilizzo umano (si pensi alla polenta ad esempio) e il latte. A tal fine sono stati previsti sopralluoghi su strutture di lavorazione ad indirizzo alimentare, con verifica e valutazione delle procedure di autocontrollo previsti, dei campionamenti e degli esami eseguiti.
Qualora dal controllo fossero emerse delle criticità sono stati previsti campionamenti in loco per un controllo della presenza di aflatossine. A tale riguardo si sono eseguiti una decina di campionamenti.
Per il latte sono state previste misure per i distributori del latte, punto critico per il possibile utilizzo di mais di provenienza aziendale non sottoposto ad operazioni di essiccazione o di monitoraggio, per le stalle zootecniche di produzione e per gli stabilimenti di trattamento e trasformazione del latte. In tutti i casi comunque si è ritenuto di dare particolare responsabilità alle misure messe in pratica dall’operatore.
Le disposizioni sono state oggetto di approfondimento e confronto con gli operatori, nello sforzo di far convergere le esigenze di carattere sanitario con eventuali problemi tecnici territoriali. Sono stati comunque previsti anche campionamenti che hanno comportato circa 1.200 controlli, di cui 860 in aziende da latte, con qualche decina di positività.
Sempre con il decreto 105 sono stati previsti poi campionamenti ufficiali nei mangimifici per la verifica della conformità dei limiti nei mangimi, con 57 prelievi e qualche positività.
Le linee guida del ministero
Fatto questo quadro complessivo regionale, da cui emerge la mole di attività svolta dal sistema sanitario regionale per un controllo complessivo su produzioni che rappresentano il 25% del mais in Italia e quasi il 10% di quella del latte, nel periodo da settembre in poi siamo anche stati impegnati in tavoli con le filiere produttive e con il ministero della Salute.
L’emanazione delle ultime linee guida del 16 gennaio scorso del ministero della Salute rappresenta il momento che fotografa l’attuale situazione nazionale: posto che la richiesta proveniente da più parti, sia di organizzazioni sindacali che di operatori, di innalzamento temporaneo dei limiti per le aflatossine per mangimi destinate a categorie quali il bovino da carne a fine ciclo risulta “difficilmente perseguibile”, gli Uffici ministeriali hanno prodotto una linea guida che mira a fornire delle procedure operative (straordinarie) per la prevenzione e la gestione del rischio contaminazione da aflatossine nella filiera lattiero-casearia e nella produzione di mais destinato all’ alimentazione umana ed animale, a seguito di condizioni climatiche estreme.
Qualche milione di quintali
Ad oggi l’osservatorio regionale, l’Upv limitatamente agli aspetti sanitari di competenza, ha preso atto di una situazione che vede la giacenza presso le strutture di essiccazione e stoccaggio di mais non conforme in una quantità ipotizzata di qualche milione di quintali (4 - 5?) che con i sistemi di decontaminazione attualmente utilizzati, anche innovativi quali il selezionatore ottico, non potrà essere fatta rientrare nei limiti di conformità.
Attualmente per una parte del mais oltre i limiti previsti si fa ricorso all’invio a biodigestori. È di questi giorni l’attivazione di un tavolo di confronto tra il Mipaaf ed il ministero della Salute per affrontare la regolamentazione di questo flusso.
L’utilizzo di metodi di detossificazione mediante l’uso di sostanze chimiche, pur ipotizzato dal Ministero, abbisogna di ricerche e sperimentazioni.
La struttura regionale, da una valutazione dei dati conosciuti, ritiene che una particolare attenzione vada posta alla filiera del latte dal momento che può contare su ridotto prodotto locale a disposizione.
Import dall’est di scarsa qualità
Il mercato in questo campo ha copertura anche mediante l’importazione di prodotto di provenienza dai paesi dell’Est (Ucraina, Ungheria...) che secondo gli operatori interpellati, anche se in assenza di aflatossine, presenta caratteristiche di scarsa qualità (imbrattamenti vari e scadente presenza di amido con problematiche quindi nell’ utilizzo dello stesso). n
(*) L’autore è dirigente dell’Unità di progetto Veterinaria, Regione Veneto.
Il testo qui pubblicato coincide con la relazione effettuata da Cester al convegno organizzato l’11 febbraio scorso a Rovigo dalle riviste Terra e Vita e Informatore Zootecnico.
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