L’ultimo parola spetta al ministero della Salute che non ha ancora deciso
Mais a doppia velocità.
C’è quello pagato 16-
18 €/q, commercializzabile.
C’è quello da 25 €/q come
da quotazione di Borsa, che
«avrebbe il problema delle aflatossine
», invendibile.
Un paradosso? « No, guardi,
questa è cronaca, fatti: è in atto
una speculazione mastodontica
sul prezzo del mais» sostiene il
presidente della Coldiretti di Rovigo,
Mauro Giuriolo.
L’altra campana suona così:
Coldiretti non vuole l’aumento
dei limiti di legge sulla presenza
della tossina nel prodotto. Ma
Giuriolo rispedisce al mittente:
«Gli essiccatoi, pochi, che si sono
attrezzati per la pulizia del
mais contaminato non hanno
problemi a lavorarlo e venderlo
entri i limiti di legge. Applicano
peraltro le norme di autocontrollo
e cernita previste sin dal 2005
dal decreto n. 49. Bastava seguire
le norme: perché non è
stato fatto? D’altra parte, le aflatossine
non sono nemmeno una
novità di quest’anno. La differenza
sta forse nei 28 €/q quotati
in agosto? Perché tanto allarmismo
sui giornali?».
Ma alcuni operatori, stoccatori,
non ci stanno: «Se sanno
come decontaminare il prodotto,
ce lo dicano. Oltre i 100-120 ppb
non ci sono pulizie che tengano.
I prezzi del cereale, poi, sono
frutto del gioco della domanda e
dell’offerta che agiscono peraltro
su scala mondiale».
Fatto sta che, a cinque mesi
dallo scoppio della bolla delle
aflatossine non si vede ancora
la luce in fondo al tunnel per il
mais bloccato nei magazzini.
Il Natale 2012 porterà consiglio?
Per Giuriolo «come proposto
dal Tavolo verde della regione
Veneto, sarebbe intelligente
modificare i parametri per i mangimi
destinati ad animali da carne:
nei mangimi composti il mais
rappresenta solo una parte della
razione».
Dunque il punto di mediazione
potrebbe non essere lontanto,
ma ribadiscono sempre gli
operatori, che per innalzare la
soglia occorre anzitutto che le
organizzazioni professionali lo
chiedano, compatte, al ministero
della Salute cui spetta decidere,
ma ancora non l’ha fatto.
Anche perché in materia di
aflatossine ci sono precedenti,
per di più in prodotti per uso
umano: nel 2010 l’innalzamento
dei limiti per la frutta secca in
omaggio agli scambi Ue-Turchia;
ora la revisione per le soglie
nelle castagne e nella farine
derivate (nel nome dell’economia
delle valli montane) su pressione
della provincia di Cuneo.
Dunque, quanto meno due pesi
e due misure in materia di sicurezza
alimentare.
Nel frattempo resta da vedere
cosa fare del mais bloccato
nei magazzini. «Suggeriamo
agli agricoltori di verificare se
l’essiccatoio dove hanno portato
il prodotto è in grado di venderlo
a prezzo di mercato, al netto dei
costi di lavorazione; se così non
è, al punto grave in cui siamo, il
male minore sarà farsi riconsegnare
il mais per portarlo agli impianti
tecnicamente capaci di lavorarlo
per renderlo conforme ai
limiti e commercializzarlo in modo
legittimo».
E il residuo della pulitura sopra
i 20 ppb? «Va valorizzato e
come Coldiretti ci siamo attivati
per trovare destinazioni alternative,
non alimentari naturalmente.
Non solo il biogas (quest’anno
fra l’altro c’è carenza di trinciato);
anche la combustione in
impianti di cogenerazione che
bruciano ramaglie (il mais ha
una resa calorica superiore superiore
alla legna del 15-20%);
oppure la produzione di pellet».
Naturalmente i prezzi del mais
saranno inferiori… «Abbiamo
firmato contratti per 160 €/t per
la combustione e anche 200 €/t
per la destinazione biogas».
E questo è lo scarto. Ma il
prodotto ripulito come viene gestito?
«Il Cap Nord-Est ha lavorato
il prodotto in trasparenza:
campionature e analisi ufficiali in
entrata per verificare la presenza
o meno di aflatossine. Stoccaggio
separato in base alla presenza
bassa, media, elevata. Liquidazione
del prodotto
secondo la reale presenza di micotossine
rilevate nelle analisi di
laboratorio con le seguenti detrazioni
sul volume consegnato:
zero fino a 20 ppb; -10% da 20 a
35ppb; -15% da 35 a 50 ppb; -
20% da 50 a 100 ppb e -25%
sopra 100 ppb».
Pensiamo al futuro. Come
evitare le buche più dure? Giuriolo
risponde: «Ricerca di ibridi
con maggiore resistenza alla diffusione
del fungo; trattamenti sistematici
contro la piramide; irrigazione;
rotazioni triennali per
contenere anche il problema
della Diabrotica».
Al presente resta la speranza
e l’urgenza di trovare un accordo
che, pur tutelando i consumatori,
non dimentichi i produttori.
C’è quello pagato 16-
18 €/q, commercializzabile.
C’è quello da 25 €/q come
da quotazione di Borsa, che
«avrebbe il problema delle aflatossine
», invendibile.
Un paradosso? « No, guardi,
questa è cronaca, fatti: è in atto
una speculazione mastodontica
sul prezzo del mais» sostiene il
presidente della Coldiretti di Rovigo,
Mauro Giuriolo.
L’altra campana suona così:
Coldiretti non vuole l’aumento
dei limiti di legge sulla presenza
della tossina nel prodotto. Ma
Giuriolo rispedisce al mittente:
«Gli essiccatoi, pochi, che si sono
attrezzati per la pulizia del
mais contaminato non hanno
problemi a lavorarlo e venderlo
entri i limiti di legge. Applicano
peraltro le norme di autocontrollo
e cernita previste sin dal 2005
dal decreto n. 49. Bastava seguire
le norme: perché non è
stato fatto? D’altra parte, le aflatossine
non sono nemmeno una
novità di quest’anno. La differenza
sta forse nei 28 €/q quotati
in agosto? Perché tanto allarmismo
sui giornali?».
Ma alcuni operatori, stoccatori,
non ci stanno: «Se sanno
come decontaminare il prodotto,
ce lo dicano. Oltre i 100-120 ppb
non ci sono pulizie che tengano.
I prezzi del cereale, poi, sono
frutto del gioco della domanda e
dell’offerta che agiscono peraltro
su scala mondiale».
Fatto sta che, a cinque mesi
dallo scoppio della bolla delle
aflatossine non si vede ancora
la luce in fondo al tunnel per il
mais bloccato nei magazzini.
Il Natale 2012 porterà consiglio?
Per Giuriolo «come proposto
dal Tavolo verde della regione
Veneto, sarebbe intelligente
modificare i parametri per i mangimi
destinati ad animali da carne:
nei mangimi composti il mais
rappresenta solo una parte della
razione».
Dunque il punto di mediazione
potrebbe non essere lontanto,
ma ribadiscono sempre gli
operatori, che per innalzare la
soglia occorre anzitutto che le
organizzazioni professionali lo
chiedano, compatte, al ministero
della Salute cui spetta decidere,
ma ancora non l’ha fatto.
Anche perché in materia di
aflatossine ci sono precedenti,
per di più in prodotti per uso
umano: nel 2010 l’innalzamento
dei limiti per la frutta secca in
omaggio agli scambi Ue-Turchia;
ora la revisione per le soglie
nelle castagne e nella farine
derivate (nel nome dell’economia
delle valli montane) su pressione
della provincia di Cuneo.
Dunque, quanto meno due pesi
e due misure in materia di sicurezza
alimentare.
Nel frattempo resta da vedere
cosa fare del mais bloccato
nei magazzini. «Suggeriamo
agli agricoltori di verificare se
l’essiccatoio dove hanno portato
il prodotto è in grado di venderlo
a prezzo di mercato, al netto dei
costi di lavorazione; se così non
è, al punto grave in cui siamo, il
male minore sarà farsi riconsegnare
il mais per portarlo agli impianti
tecnicamente capaci di lavorarlo
per renderlo conforme ai
limiti e commercializzarlo in modo
legittimo».
E il residuo della pulitura sopra
i 20 ppb? «Va valorizzato e
come Coldiretti ci siamo attivati
per trovare destinazioni alternative,
non alimentari naturalmente.
Non solo il biogas (quest’anno
fra l’altro c’è carenza di trinciato);
anche la combustione in
impianti di cogenerazione che
bruciano ramaglie (il mais ha
una resa calorica superiore superiore
alla legna del 15-20%);
oppure la produzione di pellet».
Naturalmente i prezzi del mais
saranno inferiori… «Abbiamo
firmato contratti per 160 €/t per
la combustione e anche 200 €/t
per la destinazione biogas».
E questo è lo scarto. Ma il
prodotto ripulito come viene gestito?
«Il Cap Nord-Est ha lavorato
il prodotto in trasparenza:
campionature e analisi ufficiali in
entrata per verificare la presenza
o meno di aflatossine. Stoccaggio
separato in base alla presenza
bassa, media, elevata. Liquidazione
del prodotto
secondo la reale presenza di micotossine
rilevate nelle analisi di
laboratorio con le seguenti detrazioni
sul volume consegnato:
zero fino a 20 ppb; -10% da 20 a
35ppb; -15% da 35 a 50 ppb; -
20% da 50 a 100 ppb e -25%
sopra 100 ppb».
Pensiamo al futuro. Come
evitare le buche più dure? Giuriolo
risponde: «Ricerca di ibridi
con maggiore resistenza alla diffusione
del fungo; trattamenti sistematici
contro la piramide; irrigazione;
rotazioni triennali per
contenere anche il problema
della Diabrotica».
Al presente resta la speranza
e l’urgenza di trovare un accordo
che, pur tutelando i consumatori,
non dimentichi i produttori.