Tra i cori polemici dei tanti che aborriscono le “contaminazioni” e il silenzio dei ministeri di Agricoltura, Ambiente e Sanità, ha visto la luce a Vivaro (Pordenone) il primo raccolto di mais italiano geneticamente modificato. Appena un ettaro coltivato nei campi di Silvano Dalla Libera, vicepresidente di Futuragra, che da anni si batte per la «libertà di scelta».
«Con questa operazione – ha spiegato – abbiamo raggiunto i risultati che ci eravamo prefissi: ottenere un prodotto più sano, eco-sostenibile e redditizio». Secondo Della Libera la differenza produttiva con un mais convenzionale sarebbe di 30 q/ha «equivalenti a 500 €».
Ora le spighe arriveranno ai tre ministri – De Girolamo, Lorenzin e Orlando – che quest’estate avevano firmato un decreto anti-biotech, «per ribadire l’importanza di ragionare seguendo dati concreti e non ideologie».
In realtà, ha spiegato Roberto De Fez, ricercatore del Cnr che ha condotto le analisi sul raccolto, questa operazione non ha valenza scientifica. «Le sperimentazioni durano tre anni e si fanno su campi opportunamente trattati. Purtroppo l’Italia ha scelto 12 anni fa di impedire alla scienza di lavorare. Così siamo costretti a realizzare sperimentazioni in condizioni non idonee». Con le dovute cautele è però possibile ottenere «indicazioni interessanti».
Anzitutto «non abbiamo rilevato alcun problema di carattere ambientale: è sufficiente bordare i campi di mais Bt con un massimo di 20 metri di ibridi, superficie che va mantenuta anche per evitare lo sviluppo di resistenze alla piralide». Il mais biotech avrebbe inoltre un tenore di fumonisine di 13 volte inferiore rispetto al tradizionale. «Un dato importante, perché rappresenta uno dei parametri in base al quale si vende il prodotto. Il nostro è poco appetibile e spunta un prezzo inferiore. Non solo: studi scientifici hanno dimostrato che più aumentano le fumonisine, meno crescono i maialini alimentati con il mais».
E sta qui, secondo De Fez, il paradosso della vicenda: «finché questa coltura è nel campo di Dalla Libera è uno scandalo. Nel momento in cui viene venduta è la normalità. Il decreto di agosto dei ministri non si sogna di vietare gli ogm, sennò crollerebbe tutta la filiera alimentare». De Fez ha dunque lanciato una provocazione: «vogliamo essere un Paese ogm free? Allora vietiamo anche le importazioni. Ma non attacchiamo l’anello debole della catena, cioè gli agricoltori. Così avvantaggiamo solo le multinazionali straniere».
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