La dinamica produttiva del mais, anche sulla base dei dati 2015, assume i caratteri di un trend evidente di contrazione sia della superficie sia della produzione. Entrambe toccano punte minime record che non hanno precedenti.
Indubbiamente una serie di concause concorre a determinare questo risultato che soltanto 15 o 20 anni fa sarebbe stato inimmaginabile, occorre tenerne conto, ma comunque è evidente che pone problemi non minori all’intera agricoltura del nostro paese ed al suo assetto produttivo.
Con una superficie attorno ai 730mila ettari e una produzione di circa 7,3 milioni di tonnellate il calo rispetto all’anno precedente è rispettivamente del 16% per la prima e addirittura del 22% per la seconda. I dati sull’andamento delle semine avevano fatto prevedere che i risultati produttivi sarebbero stati modesti e abbastanza allineati con quelli del 2014.
L’andamento climatico, ancora una volta, non è stato favorevole. A un inverno mite e con temperature superiori a quelle medie ha fatto seguito una primavera tutto sommato con temperature nella norma e precipitazioni abbastanza regolari, ma poi è iniziata un’estate calda e poco piovosa che ha fatto salire la temperatura di un’annata che secondo ogni valutazione dovrebbe essere la più calda nell’arco di tempo di un paio di secoli.
Il caldo estivo accompagnato da precipitazioni ridotte ha prodotto in molte aree una forte contrazione delle rese e, in qualche caso, la perdita del raccolto. Il prolungarsi della stagione sino ad avanzare verso l’autunno ha in parte consentito di recuperare un poco di produzione con rese finali inferiori al 2014, ma superiori agli anni precedenti. I problemi però non sono finiti, perché proprio nelle principali aree maidicole a un inverno che sino a metà gennaio è stato nuovamente molto caldo si è unita una prolungata mancanza di precipitazioni che a causa dell’assenza di precipitazioni nevose crea molte preoccupazioni per la disponibilità di acqua e quindi in vista del ricorso all’irrigazione e in particolare a quella di soccorso.
Non solo meteo
Accanto alle vicende meteo, tuttavia, si collocano altri problemi che richiedono un’attenta gestione delle scelte produttive. A causa di questo trend produttivo il nostro paese sta diventando sempre più dipendente dall’importazione di mais, con un deficit che supera il 30% del fabbisogno. In termini di costi di produzione la questione incide su chi produce in proprio il mais e non ne acquista dal mercato. Quello nazionale presenta quotazioni allineate a quelle mondiali che sono in calo tendenziale e scontano una dinamica mondiale della produzione che è in crescita. I prezzi bassi però non stimolano la produzione nazionale e quindi ecco che l’andamento complessivo del mercato sembra in una situazione di stallo. Ad essa, nonostante l’evidente sforzo di incremento delle rese, non si trovano rimedi poiché queste ultime, a loro volta, in Italia sono basse a causa della ridotta disponibilità di sementi nuove caratterizzate da rendimenti migliori. Una conseguenza non minore della posizione nazionale sulla questione delle innovazioni genetiche sulle quali si concentra tutta l’attività di ricerca e sviluppo a livello mondiale.
Scenario internazionale
Nell’attesa di nuovi sviluppi, lo scenario internazionale indica che la produzione sarà ancora su livelli record, con un incremento degli stock conseguente al fatto che la domanda rimane inferiore all’offerta nonostante gli usi energetici. La generale caduta dei prezzi delle materie prime, che dal petrolio si è estesa anche a quelle agricole, sembra consolidata almeno nelle previsioni a breve termine per un biennio e dipende in larga misura dalla soluzione della crisi mondiale e dalla ripresa della domanda che dovrebbe portare con sé anche una risalita dei prezzi. Le numerose situazioni locali di crisi che coinvolgono alcune delle principali aree petrolifere non determinano, dopo qualche modesto sussulto iniziale, cambiamenti di rilievo dei prezzi del petrolio. Anzi questi sono in caduta e si collocano per tutte le provenienze attorno ai 30 $/barile.
In realtà si combatte con l’arma del petrolio una guerra tra i paesi produttori del Medio Oriente che va ben oltre le problematiche di mercato e che mostra l’emergere di un conflitto grave per gli equilibri mondiali anche per le connessioni con il terrorismo islamico.
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