In un’annata dove tutto o quasi è andato storto, si è salvato chi è riuscito a fare le concimazioni e i trattamenti fitosanitari al momento giusto.
Lo confermano tutti i coltivatori di grano che abbiamo interpellato, in un raggio che va dalla provincia di Bologna fino a Pesaro. Allo stesso modo gli agricoltori si pongono alla questione concimi con un atteggiamento: sono costosi, però rendono bene in termini di rese produttive e qualitative. Se non si concimasse adeguatamente non si otterrebbe una produzione sufficiente, quindi è indiscutibile che la concimazione va intesa come investimento per il breve periodo.
Nemica acqua
Un coro un’unanime: la pioggia ha guastato l’intera annata.
Sanzio Savigni è un produttore di Castelguelfo (Bologna) che nel 2013 ha seminato 5 ettari a frumento tenero e duro. «Premesso che i problemi della cerealicoltura – dice l’agricoltore – non si possono imputare solo al maltempo, ma anche alle genetiche ormai obsolete, nel mio caso le rese non sono state soddisfacenti. La mancanza di ore di freddo durante l’inverno ha fatto sì che non ci sia stato un vero e proprio fermo vegetativo e, allo stesso tempo, fusariosi e mal del piede hanno avuto vita facile».
Savigni non rinuncia mai alla concimazione. Dice che cerca di far precedere il grano da colture come patate o cipolle, che rientrano in un piano di rotazione positivo per il grano. Ma quando c’è successione di cereali la produzione ne soffre e allora servono concimazioni mirate.
«Faccio molta attenzione – aggiunge l’agricoltore – alla successione mais-grano. Dopo il mais, ma allo stesso modo dopo il sorgo, distribuisco un quintale e mezzo di urea all’ettaro per favorire la decomposizione. Ciò aiuta la coltura successiva specie in caso di frumento dandogli una minima disponibilità di sostanza organica decomposta».
Nel piano concimazione non fa mai mancare alla semina 5 quintali all’ettaro di perfosfato minerale semplice 21% «di quello che costa 20-22 euro il quintali», – aggiunge – e poi 200 unità ad ettaro di urea che costa attorno a 40 euro il quintale.
«L’urea la distribuisco in tre volte: comincio a fine febbraio e poi proseguo una volta a marzo e una ad aprile. Non guardo troppo a risparmiare – conclude Savigni – quando c’è di mezzo la concimazione: so che solo nutrendo la coltura posso avere rese soddisfacenti».
Nel cesenate opera l’imprenditore Mario Righi che ha coltivato alcune decine di ettari di grano. Rispetto alla concimazione, nel 2014-2015 procederà come l’anno scorso, vale a dire mirando gli interventi primaverili in maniera specifica. «Occorre distribuire l’urea al momento giusto, nel momento in cui la pianta è in grado di assorbirla. Somministrarla troppo presto è controproducente. Ogni anno si entra in campo in un momento diverso».
In giugno Righi ha trebbiato circa 65 quintali l’ettaro di grano duro e 45 di tenero. Un dato che nella pianura cesenate si verifica di rado, perché in genere è il tenero a produrre di più.
Rese pari a zero
Stefano Tozzi invece è quasi disperato. Ha un’azienda zootecnica in comune di Mercato Saraceno, nell’Appennino cesenate. Le rese di grano sono state bassissime, quasi prossime allo zero, in quanto in parecchi ettari c’è stato allettamento e la trebbiatura di grano allettato, specie in terreni declivi, penalizza molto le rese. «A causa della pioggia non siamo potuti entrare in campo per diversi giorni e quando è stato possibile ci siamo accorti che parte delle spighe avevano germogliato. Insomma, un’annata da dimenticare» ribadisce l’agricoltore. Almeno, ma non è una consolazione, aveva avuto poche spese in quanto utilizza i reflui zootecnici dell’allevamento suino per effettuare la concimazione.
A San Giovanni in Marignano, in provincia di Rimini, è un contoterzista che conduce più aziende per un totale di 120 ettari. «La pioggia ci ha condizionato tutto l’anno – esordisce Settimio Palmetti – fin dalla semina. Tutte le operazioni colturali hanno subito ritardi e la resa media finale non è stata soddisfacente. A causa dell’allettamento subito poco prima della trebbiatura parte del grano è andato perso. Sul fronte concimazione noi non risparmiamo ma non sciupiamo neppure. Il mio motto è che la pianta non deve soffrire».
Dalla Romagna alle Marche: scendendo più a sud si arriva a Fano, in provincia di Pesaro. Rodolfo Antognoni gestisce una cooperativa di 1200 ettari di cui 500 a grano duro.
«Abbiamo avuto una quantità nella media e la qualità abbastanza soddisfacente anche se ci aspettavamo qualcosa di più in peso specifico e proteine. La trebbiatura si è trascinata per oltre 10 giorni rispetto al previsto. È stata una lotta continua contro la pioggia. Rispetto alla concimazione noi abbiamo un massimo possibile di 170 unità di azoto ad ettaro ed entro a questo limite dobbiamo rimanere. Frazioniamo la quantità massima in più interventi cercando di dare prodotti che abbiano una cessione piuttosto lenta».
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