«Mai nella mia vita avrei pensato di diventare agricoltore. E invece, eccomi qui, con tanta voglia di fare e tante complessità da affrontare, soprattutto di natura amministrativa». Così racconta la sua avventura Antonio Idà, 37 anni, di cui 12 passati nei laboratori di mezza Europa.
Antonio nasce infatti ricercatore, nello specifico biologo specializzato nelle alghe, e diventa imprenditore agricolo – senza però tradire la missione per la ricerca – a causa di uno di quegli incontri che ti cambiano la vita. «La mia esperienza da ricercatore mi ha offerto la consapevolezza delle enormi potenzialità commerciali delle alghe, e non solo sotto il profilo cosmetico-farmaceutico, ma anche alimentare. Sapevo che c’era spazio per costruire qualcosa. Per cui quando, circa tre anni fa, ho conosciuto Stefano, abbiamo deciso di lanciarci e progettare insieme un impianto per la coltivazione di alghe, nello specifico di spirulina».
Quello Stefano è Stefano Lanzoni, titolare di un’azienda agricola da 100 ettari in provincia di Cremona, dedicata prevalentemente alla produzione di mais e orticole, in conversione al bio. Ma il punto di forza dell’azienda – in ottica del progetto di produzione di alghe – è la presenza di un piccolo impianto di biogas da circa 380 kWh.
«Non siamo i primi produttori di spirulina in Italia. Esistevano ed esistono altre tre aziende che la producono, oltre probabilmente a qualche agricoltore che conferisce il prodotto alle industrie. La nostra particolarità sta però nel processo di produzione, che ci consente di coltivare la spirulina 365 giorni l’anno, a prescindere dalle condizioni meteo, mentre tutti gli altri fermano la produzione nei mesi invernali».
Il “trucco” sta nell’aver abbinato il processo di coltivazione delle alghe con il processo di produzione di biogas, recuperando calore che altrimenti andrebbe semplicemente disperso (per questo impianto circa 3.000 MJ). Il calore, immesso nell’impianto di coltivazione, permette così di mantenere l’ambiente di crescita dell’alga a una temperatura costante di 35° «ossia alla sua temperatura ideale».
Cento chili al mese
Dopo aver validato il modello produttivo, Antonio e Stefano fondano circa un anno e mezzo fa la Spirufarm. «È stato fondamentale partecipare a concorsi per start up innovative, dove abbiamo
acquisito strumenti finanziari e competenze manageriali». In particolare Spirufarm vince una selezione di Ubi Banca «grazie alla quale siamo partiti con la costruzione dell’impianto» -, Make a Cube – un percorso manageriale di 6 mesi – e Alimenta2Talent del Parco Tecnologico Padano di Lodi «con il quale tutt’ora collaboriamo».
A settembre 2016 il prodotto – chiamato Spireat – viene immesso sul mercato. Si tratta di una confezione da 50 gr di scaglie di spirulina, pronte per essere consumate come “snack”. Prezzo di vendita: 20 €.
«Attualmente il nostro impianto produce circa 100 kg di spirulina al mese, per un costo di produzione totale annuale – tenuto conto anche del personale – di 60-80mila €. Si tratta di un impianto e quindi di una produzione piccola. Ma siamo all’inizio. Anche perché stiamo investendo moltissimo nella sperimentazione produttiva e nella costruzione di un mercato».
Le confezioni vengono infatti vendute sia attraverso piccoli rivenditori, sia direttamente al consumatore, grazie al canale online. «Siamo solo all’inizio. Il network di vendita assorbe il 25% della produzione, dobbiamo farci conoscere e stiamo cercando di farlo anche attraverso collaborazioni con ristoratori, i nostri “ambasciatori” del gusto».
Spirufarm, a differenza di molti produttori di spirulina, ha infatti deciso di puntare sul prodotto finito. «Vogliamo promuovere il consumo alimentare della spirulina, perché di alimento si tratta. I nostri clienti sono, nella maggior parte dei casi, persone che già consumano spirulina, ma che si rivolgono a prodotti da erboristeria o a pillole a causa del saporaccio (simile al pesce) dell’alga. Il fatto è che il sapore deriva anche dal modo in cui viene coltivata e prodotta. Ricordiamoci inoltre che oltre il 90% della spirulina che troviamo sul mercato italiano ed europeo è cinese. La Cina è infatti il più grande produttore di questa alga».
Antonio e Stefano hanno perciò cercato di lavorare sul gusto, sviluppando una sorta di “ricetta” che consente di offrire maggiore gradevolezza al palato. «Essenzialmente si lavora sui sali minerali forniti all’alga, sul metodo di raccolta e sulla disidratazione. La combinazione di questi elementi consente di variare anche considerevolmente il gusto della spirulina». Non a caso uno dei progetti in essere riguarda la coltivazione di spiruline “su misura” per cuochi: «a seconda dei piatti che vogliono presentare, possiamo proporre un prodotto più o meno forte, saporito ecc».
Lo spin off Algaria
Ma questo è solo uno dei progetti in cantiere. Nell’ottobre del 2016 nasce infatti Algaria, spin off di Spirufarm, e nella squadra si aggiunge un terzo socio, un ricercatore universitario. «Algaria nasce per ragioni “burocratiche”: essendo Spirufarm un’azienda agricola non potevamo fare consulenza, né avere come missione aziendale la ricerca e lo sviluppo. Ma in realtà Algaria è sempre stata parte del nostro business model. Vogliamo sperimentare, fare ricerca e non solo sulla spirulina. Collaboriamo infatti con numerose università e centri di ricerca, sia italiani sia stranieri».
L’impresa punta inoltre a creare partnership con tutta la filiera produttiva, dagli agricoltori alle aziende agroalimentari e chimiche. «Viste le potenzialità del prodotto non vogliamo limitarci alla nostra piccola produzione».
L’idea è costituire un consorzio con gli agricoltori, in particolare produttori di biogas, ai quali offrire consulenza e strumenti per produrre una spirulina standardizzata a qualità “garantita”.
«La difficoltà oggi è di natura giuridico-burocratica. Non siamo ancora riusciti ad offrire un pacchetto “chiavi in mano” all’agricoltore, ma siamo sulla buona strada».
Nel frattempo si sta costruendo un nuovo impianto in Sicilia (circa il doppio, per dimensione, di quello cremonese), mentre si è in trattativa con 5-6 imprese agroalimentari e chimiche, sia italiane sia straniere.
«Ci stiamo muovendo a piccoli passi. Vogliamo creare un network e un mercato. Poi vedremo. Dal punto di vista economico stiamo cercando di consolidarci. Le potenzialità ci sono, l’interesse per il mondo delle alghe è alto. Non stiamo inventando nulla, stiamo solo cercando di migliorare o di creare nuovi processi produttivi, non solo con la spirulina, grazie alla costante collaborazione con il mondo della ricerca».
Ricca di vitamine
Sembra che sia nata 3,5 miliardi di anni fa e che fosse abitualmente consumata (sia come alimento, sia come medicamento) dagli Atzechi, oltre che da altre popolazioni dell’America Centrale e dell’Africa continentale. Ma è verso gli anni ’70 del secolo scorso che la spirulina, alga che cresce naturalmente nei laghi caldi di acqua dolce, viene conosciuta dal mondo occidentale, grazie alla scoperta casuale di un antropologo tedesco che studiava alcune tribù africane.
Da allora si sono moltiplicati studi scientifici sulle proprietà della spirulina e di pari passo è cresciuto il suo successo. L’alga è infatti un alimento molto ricco di vitamine (B, E, K e anche la D, molto rara da trovare nei vegetali), minerali, aminoacidi (18 in tutto), beta carotene, ma soprattutto proteine, che rappresentano il 60% della sua composizione, ossia 3 volte tanto quelle della carne. È noto inoltre il suo potere dimagrante derivato dalla capacità di ridurre il senso di fame.
La spirulina è oggi solo la più nota, ma è parte di una famiglia molto numerosa: sono infatti conosciute oltre 400mila specie di alghe, di cui 9 approvate dall’Efsa per il consumo umano.