Vitigno e portainnesto: uno stretto rapporto che può essere migliorato. Le frammentarie conoscenze sulle caratteristiche dei portinnesti, dovute principalmente alla forte interazione delle condizioni locali sui risultati finali, portano spesso i viticoltori a orientare le proprie scelte secondo criteri di stabilità e adattabilità ai diversi ambienti, rinunciando così all’opportunità di ottimizzare i rapporti tra portainnesto, vitigno e ambiente di coltivazione.
Articolo pubblicato su Terra e Vita 37/2019
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Facendo un parallelismo potremmo paragonare la scelta dei portinnesti caratterizzati da maggiore stabilità a quella dei vitigni generici che, solitamente, portano a ottenere risultati sufficienti, ma che difficilmente raggiungeranno elevati livelli di qualità e originalità come quelli ottenuti esaltando l’ottimale interazione tra vitigno autoctono e luogo di coltivazione. Qualche considerazione va fatta anche sull’evoluzione del portainnesto, strettamente legata a un ruolo di contrasto all’emergenza fillosserica e che fatica ad imporsi per la propria valenza agronomica.
Un panorama limitato
Oggi a fronte di un discreto numero di portinnesti a disposizione, pochi hanno caratteristiche tali da essere realmente utilizzabili in fase d’impianto, tanto che gran parte della viticoltura mondiale si fonda solo su 5-6 portinnesti. Dati analoghi si hanno anche guardando il panorama viticolo italiano dove i più diffusi, come superfici delle piante madri, sono 1103P (30% del totale), SO4 (17%), Kober 5BB (16,5%), 110R (9%), 420A (7%), 140Ru (6,5%), 125AA (5%) e altri tra cui il 41B (9%).
Le problematiche da affrontare
Diverse sono le problematiche emergenti che affliggono il mondo viticolo. Tra queste, un ruolo di primo piano spetta a quelle derivanti dall’emergenza climatica. In particolare, la mutata distribuzione delle piogge, unita all’aumento delle temperature, comporta una sempre maggiore incidenza dello stress idrico sulle performance produttive e qualitative delle uve. In condizioni siccitose l’eccessiva salinità e l’elevato tenore di calcare dei suoli possono divenire importanti fattori limitanti per lo sviluppo delle piante, con gravi ripercussioni sull’assorbimento del ferro e/o dei principali cationi.
A queste criticità si sommano le crescenti problematiche sanitarie a carico dell’apparato radicale, legata alla diffusione di virosi e parassiti, veicolati dai nematodi, e di marciumi radicali. Da registrare la crescente necessità di incrementare sostenibilità ambientale ed economica delle produzioni, diminuendo gli input energetici ottimizzando la nutrizione minerale. Problematiche difficilmente risolvibili dai portinnesti esistenti e che sottolineano una volta di più la necessità di selezionare nuovi genotipi.
I portinnesti serie M
Proprio in questo contesto si inserisce il percorso di selezione di nuovi portinnesti intrapreso dal Dipartimento di Scienze Agrarie ed Ambientali (DISAA) dell’Università degli Studi di Milano e che ha portato alla recente commercializzazione dei quattro portinnesti della serie M (M1, M2, M3 ed M4). In particolare,nell’intenzione del costitutore:
- M1 è stato selezionato per l’alta resistenza alla clorosi ferrica e alla salinità del suolo, nonché per la riduzione del vigore;
- M2 per l’alta efficienza di assorbimento di K e Mg e per la resistenza alla clorosi ferrica;
- M3 per la riduzione del vigore;
- M4 per la resistenza agli stress idrici e alla salinità del suolo.
Tutti e quattro i genotipi sono stati oggetto di studi decennali per valutarne le caratteristiche vegeto-produttive in diversi ambienti e con differenti combinazioni d’innesto. I risultati dimostrano come le prestazioni della serie M siano paragonabili, quando non superiori, a quelle dei principali portinnesti di riferimento, con buone risposte agli stress abiotici, mantenendo la capacità di valorizzare la condizioni ambientali favorevoli.
Un altro aspetto interessante emerso è come i vigneti innestati su serie M sembrano mantenere una certa stabilità delle prestazioni vegeto-produttive nel tempo e in diversi ambienti, una caratteristica importante perché rende le prestazioni dei vitigni meno influenzate dal variare delle condizioni meteorologiche, minimizzando così i rischi derivanti dalla crescente imprevedibilità dei cicli climatici.
Resistenza agli stress abiotici
Gli studi hanno mostrato l’effettiva capacità del portinnesto di indurre alla marza una maggiore o minore resistenza allo stress idrico. In particolare M4 ha fatto registrare ottime performance per quanto riguarda questo aspetto, paragonabili, se non superiori a quelli di portinnesti già noti per questa caratteristica, come il 140 Ruggeri. Particolarmente interessante poi il meccanismo di risposta alla siccità messo in atto da questo portainnesto, che induce la marza a una crescente efficienza dell’uso dell’acqua al diminuire di questo elemento.
Un comportamento adattivo nei confronti dello stress, più efficace di quello conservativo degli altri portinnesti, che porta a uno sviluppo vegetativo meno influenzato dalla mancanza di acqua, minimizzando così l’incidenza sulle rese e sui parametri qualitativi delle uve. Un aspetto molto importante visto che lo stress idrico è uno dei problemi emergenti della nostra viticoltura e destinato ad acuirsi a causa dei cambiamenti climatici.
L’utilizzo di portinnesti resistenti alla siccità si traduce in un contenimento dell’impiego di acqua irrigua, diminuendo i costi di gestione del vigneto senza intaccare, se non migliorando, la qualità delle uve. Tutti e quattro i portinnesti della serie M hanno mostrato un’ottima tolleranza al calcare in terreni clorosanti con valore di calcare attivo pari al 25%. In particolare M1 presenta un’alta resistenza alla clorosi ferrica. Per quanto riguarda invece la tolleranza alla salinità si è rilevata particolarmente buona, con risposte paragonabili a quelle del 1103P e del 140 Ruggeri, sia da parte di M4 che di M2.
Parametri vegeto-produttivi
M1 e M3 si caratterizzano per una ridotta vigoria, unita a una scarsa espressione vegetativa, con basse produzioni per ceppo, ma con valori comunque sufficienti, M4 si posiziona invece in modo intermedio per entrambi i parametri mentre M2 risulta il portinnesto più vigoroso della serie (vigoria elevata).
Qualità delle uve e dei vini
I portinnesti inducono una differenza di risposte in una serie di parametri “più fini” come polifenoli o antociani. M3 sembra avere una capacità di conservare un pH più basso rispetto agli altri portinnesti. L’accumulo di zuccheri sembra essere invece più favorito da M2, M3 e M4. Quest'ultimo, rispetto ad altri portinnesti vigorosi, ha mostrato un tasso di maturazione delle bacche più veloce, in termini sia di accumulo zuccherino che di colore nella buccia dell’acino. Infine, M1 e M3 sembrano indurre una maggior capacità di accumulare polifenoli.
Dalla ricerca al mercato vivaistico
La commercializzazione dei portinnesti della serie M, affidato oggi in esclusiva ai Vivai Cooperativi Rauscedo, è stato il tassello conclusi- vo di un lungo lavoro di selezione iniziato negli anni ‘80 dal Diparti- mento di Scienze Agrarie ed Ambientali (DISAA) dell’Università di Milano con l’obiettivo di ottenere portinnesti più efficienti nell’utilizzo delle risorse idriche e minerali. Dopo un’attenta valutazione, tra gli oltre 8.000 semenzali ottenuti inizialmente dal programma d’incrocio, ne sono stati scelti 4, ritenuti più performanti, e su cui all’inizio degli anni 2000 è iniziato un ampio programma di sperimentazione in pieno campo.
Ottenuta la registrazione al Registro Nazionale delle Varietà di Vite (2014) i portinnesti della serie M sono stati successivamente immessi sul mercato vivaistico. Per quest’ultimo passaggio si è deciso di coinvolgere un partner commerciale e imprenditoriale per colmare la distanza tra ricerca e mercato.
Questa figura è stata trovata in Winegraft, una società fondata da nove aziende vinicole italiane (Ferrari, Zonin, Banfi Società Agricola, Armani Albino, Cantina Due Palme, Claudio Quarta Vignaiolo, Bertani Domains, Nettuno Castellare, Cantine Sette Soli) insieme a Fondazione di Venezia e Bioverde Trentino, con lo scopo di favorire la diffusione dei risultati della ricerca e di sostenerla attraverso l’anticipazione delle royalty derivanti dalla vendita dei materiali dei portinnesti della serie M.
Questo ha permesso di veicolarne i risultati presso i soggetti interessati del mondo privato, in questo caso i viticoltori, in modo rapido ed efficace.
tab. 1 Caratteristiche salienti dei nuovi portainnesti della serie M |
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PORTINNESTO | PARENTALI | CARATTERISTICHE |
M1 | 106/8 [V. riparia × (V. cordifolia. × V. rupestris.)] X V. Berlandieri | Resa all’innesto elevata; Ridotta vigoria; Elevata resistenza alla clorosi ferrica; Mediamente resistente alla salinità |
M2 | Teleki 8B (V. Berlandieri × V. riparia) X 333 E.M. (V. vinifera × V. Berlandieri.) | Resa all’innesto elevata; Vigoria medio alta; Buona resistenza alla clorosi ferrica; Buona resistenza alla salinità e allo stress idrico |
M3 | R 27 (V. Berlandieri × V. riparia) X Teleki 5C (V. Berlandieri × V. riparia) | Resa all’innesto elevata; Vigore ridotto; Elevato assorbimento del potassio; Buona resistenza alla salinità; Media resistenza alla siccità |
M4 | 41 B (V. vinifera × V. Berlandieri) X V. Berlandieri | Resa all’innesto elevata; Vigore medio; Ottima resistenza alla siccità; Elevata resistenza alla salinità |
Portinnesti, esperienze in campo in diversi ambienti
Le prove di campo nei diversi ambienti pedoclimatici confermano le doti di plasticità dei portinnesti serie M.
«In Valpolicella – afferma Ermanno Murari di Vivai Cooperativi Rauscedo – abbiamo allestito diverse prove di pieno campo con Corvina e Corvinone, i vitigni base dell’Amarone, sia in ambienti di pianura che di media e alta collina». Significativi i risultati ottenuti nell’azienda Pasqua, in un vigneto di pianura caratterizzato da condizioni limite.
«In un suolo caratterizzato da calcare attivo superiore al 38% le viti innestate su M2 e M4 non hanno manifestato né riduzione di vigore né decolorazioni fogliari. Più ridotta la vigoria su M1 e M3 con leggere decolorazioni fogliari, non assimilabili però a sintomi di clorosi fogliare. La produzione ottenuta è allineata a quella dei portinnesti tradizionali come SO4, 1103P, Kober 5bb e 140 Ruggeri».
Eclatanti i dati ottenuti nell’azienda Boscaini a Moron di Negrar in ambiente collinare. Dove Corvina e Corvinone innestati su M2 hanno manifestato performance importanti relativamente al grado zuccherino, con 1-2 gradi in più rispetto ai portinnesti tradizionali.
La serie M assume un ruolo importante anche per la viticoltura siciliana. «In Sicilia – spiega Daniele Cecon di Vivai Cooperativi Rauscedo – è in crescita la richiesta di barbatelle innestate su serie M. La scelta ricade su M1 e M2 dove la necessità è quella di una maggiore resistenza al calcare attivo, M3 per varietà sensibili alle carenze di potassio e magnesio e M4 per i suoli ad alta salinità».
Le prove allestite con la varietà Grillo innestata sulla serie M in un vigneto del trapanese con terreno di medio impasto, non ha fornito risultati significativi nel primo anno.
Portinnesti, i risultati
I portinnesti della serie M con la loro ampia variabilità di caratteristiche ben si adattano a tutti gli ambienti pedoclimatici, con il pregio di dare finalmente la possibilità ai viticoltori di fare affidamento a genotipi pensati per rispondere alle esigenze della viticoltura moderna. Particolarmente interessante M4 per la sua elevata resistenza allo stress idrico, un aspetto sicuramente destinato ad avere sempre più importanza alla luce dei cambiamenti climatici. In ogni caso, questo è un ottimo punto di partenza, ma i margini di crescita per la ricerca in questo campo restano ampi.
La rinnovata attenzione verso i portinnesti, unita alla messa a punto e all’utilizzo di nuove tecniche di selezione, permette di amplificare notevolmente le potenzialità del miglioramento genetico, con ricadute positive su tutto il comparto viticolo, sia da un punto di vista economico che di sostenibilità delle produzioni.
D’altro canto, sono sicuramente necessari approfondimenti sulle interazioni tra portinnesto e ambiente di coltivazione, in modo da poter dare delle indicazioni chiare da utilizzare per fare delle scelte razionali in fase di progettazione dell’impianto. Infine, è necessario che al portinnesto, oltre all’importante ruolo di barriera alla fillossera, venga finalmente riconosciuta la valenza agronomica che gli spetta.