Quando in un vigneto a uva da tavola si riscontrano sintomi riconducibili a una fisiopatia, cioè a una alterazione di natura fisiologica, questa viene associata a uno squilibrio – carenza o eccesso – di un determinato elemento nella pianta. In realtà tale condizione non si verifica frequentemente, ma solo in alcuni casi, ad esempio la clorosi ferrica. In presenza di sintomatologie visive riconducibili a una fisiopatia sarebbe più corretto parlare, anziché di carenze o eccessi di un singolo elemento, di disordini nutrizionali, peraltro piuttosto diffusi sulla coltura dell’uva da tavola. È quanto ha sostenuto Giovanni Manca, agronomo responsabile Sud Italia AGQ Italia, in occasione di un webinar di approfondimento sulla nutrizione dell’uva da tavola e sulle sue fisiopatie organizzato da Fruit Communication.
Impostare piano concimazione su analisi dettagliata
«I fattori predisponenti le fisiopatie nel vigneto a uva da tavola sono diversi: gli squilibri ionici, legati a sinergismi o antagonismi fra gli elementi nutritivi; il clima, inteso non solo come il nostro clima mediterraneo, ma anche come microclima che si forma sotto le coperture in plastica dei tendoni; la gestione del terreno, con particolare attenzione allo studio delle sue caratteristiche e alle condizioni dell’apparato radicale della vite; la gestione dell’irrigazione; l’eventuale scelta del portainnesto o di materiale vegetativo non idoneo».
In presenza, quindi, di uno o più di tali fattori di rischio, eventuali squilibri metabolici favoriscono lo sviluppo di fisiopatie. Ma, ha aggiunto Manca, «alla base dei disordini nutrizionali della vite c’è sempre il malfunzionamento dell’evapotraspirazione. Perciò, tenendo conto di tale quadro complesso, il processo decisionale sulla nutrizione dell’uva da tavola e, quindi, sulla scelta del piano di concimazione, non va basato su percezioni approssimative o empiriche, per loro natura errate, ma su un’analisi dettagliata e approfondita della situazione reale in campo tra suolo, pianta e acqua. Se prima infatti si pensava che bastasse un’analisi fogliare in fioritura e in allegagione per ottenere tutte le risposte possibili sulla qualità dell’uva e sulle condizioni del frutto dal vigneto allo scaffale, oggi è chiaro che tale metodologia operativa è errata».
Le principali fisiopatie dell'uva da tavola
Per capire i disordini nutrizionali della vite è necessario raggiungere un maggior livello di dettaglio, ha dunque sottolineato Manca. E in tale prospettiva ha suggerito di «approfondire l’analisi del ruolo dell’azoto in viticoltura da tavola. Infatti alcune fisiopatie sono dovute a squilibri nutrizionali legati all’azoto, e precisamente: disseccamento del rachide, febbre di primavera (spring fever), “hair line”, bacca molle, perdita di colore della bacca, necrosi fiorale. Si tratta di fisiopatie che si manifestano in fasi fenologiche distinte e i cui sintomi interessano parti diverse della pianta».
Disseccamento del rachide
Il disseccamento del rachide è uno degli squilibri più comuni della vite, ha evidenziato Manca. «Questa fisiopatia è caratterizzata da aumento dell’umidità nelle prime fasi, rammollimento della bacca, imbrunimenti interni, perdita di colore e zucchero, necrosi finale solo del peduncolo o anche del rachide a seconda della sua gravità. Tra le possibili cause vi è un’elevata concentrazione di ammonio nei tessuti; più precisamente un'alta concentrazione della molecola putrescina, una poliammina che si forma a partire dall’ammonio. La fisiopatia rientra nel gruppo delle alterazioni fisiologiche a carico del metabolismo di calcio e magnesio. In realtà il disseccamento del rachide si manifesta anche quando le concentrazioni di questi due elementi sono idonee: è l’eccesso di azoto nei tessuti in forma ammoniacale NH+4 ad alterare il metabolismo che regola il rapporto fra i tre elementi».
Febbre di primavera (spring fever)
Altra fisiopatia sempre più diffusa nei nostri areali è la febbre di primavera, che si manifesta come una falsa deficienza di potassio con tipici sintomi: arricciamenti fogliari e lucentezza diffusa sulle foglie basali.
«I ritorni di freddo in primavera rallentano l’accrescimento del germoglio favorendo l’accumulo di NH4 a livelli di fitotossicità. L’NH4 proviene dalle riserve, cioè eccessi azotati dati nell’autunno precedente in post-raccolta possono predisporre la fisiopatia con aumento di putrescina».
Hair line
La “hair line”, ha spiegato Manca, è una piccola crepa che colpisce la parte basale della bacca, con fuoriuscita di succo zuccherino che si trasmette al resto del grappolo. «Le cause sono: umidità libera sulla buccia della bacca, frutto esposto all'ombra, (senza corretta gestione della chioma per l'aerazione del grappolo), condensazione del grappolo durante il post-raccolta a causa di rotture della catena del freddo, squilibrio nell’ingrossamento degli acini e carenza di calcio pectato, cioè il “cemento” della parete cellulare».
Bacca molle e perdita di colore della bacca
A volte le bacche si presentano molli e disseccate in seguito a tardivi apporti azotati, ha infine ricordato Manca. «Invece la perdita di colore o mancata colorazione della bacca si ha quando le bacche hanno buoni livelli di zuccheri, ma non riescono a soddisfare le esigenze di pigmenti per esprimere il loro colore tipico. Le cause sono: vigore eccessivo, presenza di azoto (e quindi vigore vegetativo), produzione eccessiva e carenza di potassio. Si è appurato che sul grado di colorazione influisce la concimazione fogliare azotata: con urea 0,5% la colorazione è uniforme, con urea 1,0% è profonda, con urea 1,5% è scarsa».