Nei vigneti eroici la simbiosi tra qualità e ambiente

    Vigneti eroici in Val di Cembra
    L’esempio virtuoso della Val di Cembra e dei produttori trentini. Un modello di sviluppo sostenibile che consente di scongiurare l’abbandono delle terre delle aree interne

    Eroica, sostenibile, di qualità.

    La vitivinicoltura del Trentino affronta la sfida dei mercati e del territorio e per consolidare i primi e presidiare il secondo ha scelto di percorrere una strada non certo pianeggiante, ma con obiettivi chiari. Ovvero dare più valore alla qualità, agli autoctoni (ad es. la Nosiola) e spingere sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale (standard Esg).

    Articolo tratto da Terra e Vita 10/2023

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    Un impegno condiviso

    Lo scorso giugno è avvenuto un passaggio importante, la pubblicazione del primo bilancio di sostenibilità, una ripartenza e un progetto - più che un traguardo – voluto dal Consorzio dei Vini del Trentino, capofila in Italia con una certificazione territoriale che interessa il 95% del vigneto e 5.700 aziende.

    «Quasi tutte le aziende e soprattutto le cantine sociali – ci racconta il presidente Pietro Patton – tornano a dare attenzione ai vitigni autoctoni. Dobbiamo continuare a valorizzarli, ma c’è bisogno di areali dedicati con caratteristiche microclimatiche favorevoli, per questo dobbiamo migliorare il sistema di zonazione».

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    Il bilancio di sostenibilità è una triplice fotografia del territorio – economica, sociale e ambientale – che mette a confronto e in relazione vari strati e livelli informativi (i disciplinari di produzione, costi e benefici della produzione di vino, le ricadute per le economie locali, etc), ma da solo non basta senza un’attenta cura dell’ambiente, come fanno i produttori e i piccoli viticoltori presidiando un paesaggio che altrimenti sarebbe abbandonato in una zona difficile come la montagna.

    Descrittori unici

    L’espressione tipica del Müller Thurgau in altura ha innescato il salto di qualità della Val di Cembra

    Un esempio ci arriva dalla Val di Cembra, il territorio di elezione del vitigno Müller Thurgau, a cui è dedicata ogni anno da XXXV edizioni la Rassegna del Müller Thurgau e il Concorso Internazionale. All’ultima rassegna Fulvio Mattivi dell’Università di Trento ha sintetizzato i risultati di una ricerca sugli aromi del vino italiano, evidenziando tre descrittori aromatici di questo vitigno (frutto della passione, bosso e pompelmo) che ritroviamo nel bicchiere solo con condizioni ambientali in grado di favorire una maturazione lenta e perfetta.

    Quelle delle alte quote della Val di Cembra, una tra le poche zone al mondo per fare questo tipo di vini, poiché un luogo caldo o con altre caratteristiche microclimatiche non permetterebbe di sviluppare la stessa personalità organolettica.

    La Val di Cembra, con il 40% della superficie vitata coltivata a Müller Thurgau è un territorio ideale per il vino di qualità, frutto di una viticoltura eroica con forti pendenze e lunghe file di muretti a secco (700 km in totale), di un duro lavoro in vigna e di un’altitudine che spinge l’uva a raggiungere i 900 metri slm.

    Stefano Rossi, enologo di Cembra Cantina di Montagna

    «E più si sale più l’escursione termica favorisce l’accumulo degli aromi – puntualizza Stefano Rossi, l’enologo di Cembra Cantina di Montagna».

    Fabbisogno di ore lavoro

    Ci troviamo in questa valle lunga e stretta – 15 km da Lavis a Cembra –, lungo il corso del fiume Avisio, che sorge in Marmolada e sfocia nell’Adige. È una valle d’origine glaciale: diverse glaciazioni crearono i pianori della parte alta e disgregarono il porfido, una pietra che caratterizza il territorio con terreni leggeri ricchi di pietra porfirica, quasi sabbiosi.

    In questo contesto l’opera del viticoltore ha addomesticato i ripidi pendii con muretti a secco, un mosaico di piccoli terrazzamenti che misura 700 km lineari per 700 ettari di vigna, in una fascia dai 300 metri fino ai 900 slm, la media però è di 600 metri.

    E comunque in tale contesto 1 ettaro di vigneto comporta 900-1.000 ore di lavoro l’anno, mentre su colline più morbide del Trentino, parzialmente meccanizzate, il lavoro si dimezza.

    Il riscatto del territorio

    In questo mosaico complesso il Müller Thurgau, che fruttifica a maturazione più lenta e che tende all’acidità, risponde in modo diverso a seconda delle altezze e la qualità si esprime con maggior freschezza e mineralità, dovuta alla componente porfirica. Essendo la valle stretta e lunga – 15 km da Lavis a Cembra – troviamo espressioni e sfumature interessanti, vini più fruttati verso l’interno, dove i terreni sono più ricchi di dolomia e argilla, più strutturati dove invece il clima esposto a sud si fa più mite.

    La protagonista produttiva del territorio è invece Cembra Cantina di Montagna, una cooperativa di 300 soci con 300 ettari coltivati e 1 milione di bottiglie, la metà della produzione in valle (www.cembracantinadimontagna.it).

    Il Müller Thurgau rappresenta il 40 per cento ma fino agli anni ’80 il territorio era zona di Schiava (oggi il 5%). Il progetto vinicolo della cooperativa ha puntato complessivamente su vini di fascia alta e valore, anche sul Trento Doc, lo Chardonnay, il Riesling, il Pinot Nero.

    Rosario Pilati, direttore accoglienza e punti vendita di Cembra Cantina di Montagna

    E in chiave Esg (Environmental, Social, & Governance, standard di riferimento per la sostenibilità) il socio non è visto come un semplice conferitore, ma è da sempre coinvolto nel progetto aziendale, cresciuto negli anni ’80 anche grazie alla zonazione.

    «Il Müller Thurgau è stata la varietà che ha permesso di riscattare il territorio–spiega Rosario Pilati, direttore Accoglienza e Punti vendita di Cembra Cantina di Montagna -. Nel tempo si sono ottenuti vini Müller Thurgau piacevoli, mentre in altre zone sono meno identitari, perché perdono acidità. Oggi, però, la valle vuole diversificare anche con Trento Doc, Riesling e Pinot Nero».


    All’incrocio dei venti

    A sx Fiorentino Sandri a dx Mario Pojer proprietari della cantina PojerSandri

    Fiorentino Sandri e Mario Pojer sono i titolari di Pojer Sandri, una cantina che fa della qualità e della vitivinicoltura estrema due chiavi di successo (www.pojersandri.it).

    «Il Trentino ha qualità uniche anche per le escursioni termiche – spiega Sandri –. Come il lago di Garda crea l’Ora, così nella Piana Rotaliana si incontrano le correnti che arrivano dal Brennero e dalla Val di Non creando le condizioni per non intervenire o ridurre i trattamenti». «I terreni sono poi un mix di calcare e porfido con sacche di argilla, anche in altitudine, capaci di garantire maggiore acidità, che è la base per la longevità dei vini».

    Oggi l’azienda vanta 40 ettari tra Cembra (10), Faedo (16) sopra la Piana Rotaliana e Grumes (14), l’ultimo paese della Val di Cembra, una tenuta in un unico corpo con 55 ettari di bosco dove contano di arrivare a 25 ettari. La particolarità di Grumes è la coltivazione riservata soltanto a viti Piwi, di cui Pojer e Sandri sono pionieri: Solaris, Sauvignon Gris, Muscaris (sviluppati a Friburgo) e il rosso Sevar (in Repubblica Ceca). A Grumes hanno sviluppato il Progetto Zero, con varie etichette. Lo Zero Infinito è un frizzante di uve Solaris senza trattamenti in vigna e nessuna aggiunta in cantina. Il Cremisi è un rosè da uve Sevar vinificato con gli stessi principi; Perpetuo un blend dei tre vitigni bianchi che fa una lunga macerazione sulle bucce con uve raccolte in vendemmia tardiva. Infine Agresto è un senza alcol, va bene come cocktail o in cucina o con bevande dissetanti, ed è prodotto con uve raccolte prima dell’invaiatura, torchiate e concentrate.

    La cantina dal 2000 non utilizza solfiti grazie a un sistema di lavorazione sotto azoto: il mosto è così protetto per preservarlo dal contatto con l’aria (attraverso un “polmone” inserito in pressatura). Dal 2007 utilizza anche una macchina che lava l’uva raccolta con acqua e acido citrico, per una maggior igiene del prodotto.


    Il segreto della resilienza

    Fausto Peratoner, produttore di vino al Maso Grener, a Pressano di Lavis (Tn)

    Fausto Peratoner è una personalità conosciuta nel mondo del vino trentino, per anni enologo di punta di cantina Lavis ma dal 2013 piccolo produttore in proprio, insieme alla moglie enologa, con Maso Grener, una cantina con agriturismo di sette camere in b&b, 3 ettari di vigna coltivati a Nosiola, Chardonnay, Sauvignon, Pinot Nero e una produzione di qualità, tra cui un macerato di Chardonnay, un blend di Chardonnay e Sauvignon e altre etichette bio (www.masogrener.it).

    «Il nostro territorio – spiega– ha la fortuna di un’orografia variegata per terreni, esposizioni, altimetria, microclimi. Adatti sia per i bianchi che i rossi». Un capitale che mette il Trentino più al riparo dall’effetto dei cambiamenti climatici, assicurando maggiore resilienza. «Occorre sottolineare un altro aspetto – evidenzia Peratoner -. In Trentino non c’è un terreno abbandonato nonostante la difficoltà della montagna. Sempre più giovani e tante persone sono interessate a entrare in agricoltura. Il risultato è che da noi non si è verificato il fenomeno dell’abbandono della terra».


    Qualità e sostenibilità

    Rotazione manuale delle bottiglie di Trento Doc (remuage) nella cantina spumantistica Ferrari

    Cambiamo dimensione (aziendale) e tipologia (bollicine) per dare un’occhiata a un altro fenomeno, il Trento Doc e alla sua azienda di punta, Ferrari, che con oltre un secolo di storia è leader in Italia per il metodo classico. Fu fondata nel 1902 quando Trento era una provincia austro-ungarica, ma ha mantenuto una fisionomia d’azienda famigliare, nel ‘52 passata alla famiglia Lunelli, quando Bruno l’acquistò dal fondatore Giulio Ferrari. Produceva allora 10mila bottiglie l’anno, oggi esporta in 50 Paesi, dal Giappone alla Germania fino agli Usa ed è un simbolo “dell’arte di vivere italiana”, un marchio accostato al mondo della cultura e dello sport: con Ferrari sono accolti gli ospiti del Quirinale, pasteggiano le star di Hollywood e l’azienda è fondatrice di Altagamma, che riunisce i più prestigiosi marchi del made in Italy.

    Anche l’impegno sulla sostenibilità è importante. Se le uve Chardonnay e Pinot Nero provengono dalle pendici trentine, vinificate secondo il disciplinare del Trento Doc, da tempo Ferrari certifica l’impegno sociale, economico e ambientale con un report annuale di sostenibilità per potenziare uno sviluppo armonico e rispettoso dell’ambiente, del lavoro e della comunità, contribuendo alla lotta al cambiamento climatico, alla salute e al benessere sociale. https://www.ferraritrento.com/it/


    Ferrari e la svolta bio

    I vigneti del gruppo Lunelli sono bio dal 2017 e per aumentare la fertilità dei terreni è praticata la tecnica tradizionale del sovescio. L’azienda è certificata Biodiversity Friends e nell’ambito del progetto “aria-terra-acqua” del Muse di Trento ha introdotto arnie e nidi per gli uccelli tra le vigne. Ha inoltre promosso tra i 600 viticoltori che operano al servizio della cantina, seguiti dagli agronomi del gruppo, il protocollo “Vigneto Ferrari per una viticoltura di montagna salubre e sostenibile”; un sistema di buone pratiche sviluppato con la supervisione della Fondazione Edmund Mach e certificato da Csqa e che ha permesso di eliminare concimi di sintesi e diserbanti.

    Sempre in vigna è stato adottato il sistema Anima Vitis per una gestione di precisione basata su sensori a infrarossi ed è stato introdotto il sistema d’irrigazione intelligente Bluetentacles per ridurre il consumo d’acqua. Infine dal 2021 l’azienda usa esclusivamente energia rinnovabile grazie a un impianto fotovoltaico sul tetto. E c’è anche un forte impegno diretto alla migliore gestione idrica.


    Produzione e ricerca insieme

    Attraverso la società Winegraft srl, di cui è socia, Ferrari sviluppa e immette sul mercato i nuovi portainnesti della serie M (1, 2, 3 e 4) di maggiore efficienza nel consumo d’acqua ed elevata resistenza alla salinità e al calcare. Hanno prodotto 1,5 milioni di barbatelle, testandole nelle tenute del gruppo Lunelli, in Umbria e Toscana. I portainnesti nacquero a fine ‘800 per superare il problema della fillossera, ma negli anni hanno perso vitalità ed energia tramite la propagazione per via agamica. Nel 2014 l’Università di Milano e il professor Attilio Scienza presentarono la serie M.

    L’impegno della sostenibilità di Ferrari interessa infine la comunità e le persone. Ad esempio il 92% dei contratti è a tempo determinato ed è attivo un piano di welfare aziendale. Nel sociale il gruppo sostiene progetti e iniziative per la comunità e in Paesi in via di sviluppo, collaborando con i servizi sociali del comune di Trento e strutture di accoglienza per l’inserimento lavorativo nell’attività agricola di persone in difficoltà e per progetti d’agricoltura sociale.

    Picnic tra le vigne dell’azienda agricola Mas dei Chini, sulle colline di Trento

     

    Nei vigneti eroici la simbiosi tra qualità e ambiente - Ultima modifica: 2023-03-28T11:32:05+02:00 da K4

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