Gli effetti del cambiamento climatico stanno condizionando sempre di più le attività agricole e la nostra vita in generale. La viticoltura non fa eccezione. L’annata viticola 2024 appena conclusa ha confermato ancora una volta come questo cambiamento sia quantomai attuale e ci coinvolga direttamente, molto di più di quanto ci saremmo aspettati. Abbiamo osservato numerosi effetti degli stress termici sulla vite. Le prolungate elevate temperature hanno provocato stress nelle piante già da luglio, anche severo nei vigneti non irrigui, specie in condizioni di siccità o in suoli con scarsa capacità idrica.
Questi stress si sono tradotti nella perdita delle foglie basali e nell’esposizione dei grappoli al sole. In molte varietà sensibili, nelle parti esposte si sono osservate ustioni sui grappoli anche dove l’acqua non mancava. In settembre si è assistito al Centro-Nord a un repentino abbassamento delle temperature, accompagnato da piogge ed eventi estremi.
Tutto ciò ha avuto conseguenze sulle rese, sulla maturazione delle uve e sulla resistenza delle bucce. Basse acidità, pH anomali e difficoltà di accumulo di zuccheri, gradazioni alcoliche potenziali più ridotte rispetto alla norma. Una situazione se non inedita quantomeno inusuale, ma che si ripete con frequenza negli ultimi anni.
Anteprima di Terra e Vita 33/2024
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L’esperienza di quest’anno sottolinea ancora una volta quanto sia sempre più importante avere piante più resilienti agli stress climatici, più efficienti nell’utilizzo dell’acqua, nell’accumulo e nella mobilitazione delle riserve.
L’adozione di metodi di gestione delle piante che promuovano queste funzionalità appare sempre più sensato.
Rispettare il vigore regolando il carico di gemme fin dalla potatura, modulando poi il numero dei germogli e infine dei grappoli, è un approccio che dovrebbe appartenere a tutti i vigneron. Tuttavia, abbiamo notato non essere ancora sufficientemente diffuso. Mai come quest’anno abbiamo potuto vedere come il mancato rispetto del potenziale delle piante abbia portato con sé conseguenze: riduzione della vitalità della parete fogliare, arresti di maturazione e danni da sole sui grappoli. Dove invece si è mantenuta attenzione su questi aspetti si è potuto apprezzare, pur in un’annata caratterizzata da questi tratti, un maggiore equilibrio. Anche sulle uve, che hanno potuto mantenere parametri qualitativi in alcuni casi tali da permettere raccolte più tardive, a beneficio della maturazione fenolica.
Altro punto che abbiamo potuto osservare ancora una volta è l’importanza di coprire i grappoli dal sole.
In particolare gli impianti a spalliera, che sono i più diffusi. Tecniche di gestione che permettano lo sviluppo di parete vegetale e mantenere i grappoli coperti durante i periodi di maggiore stress possono aiutare da un lato a preservare i grappoli dalle ustioni, dall’altra favorire un naturale mantenimento dell’acidità nelle uve. Ci sono risultati molto interessanti anche sulle coperture artificiali, come i teli ombreggianti. Dove sono stati applicati in modo tempestivo hanno ridotto praticamente a zero la percentuale di ustioni sul grappolo. Abbiamo già potuto apprezzarne gli effetti non solo in campo ma anche sui vini in realizzazione.
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Infine, se ci fosse bisogno di dirlo, abbiamo osservato come una gestione oculata e tempestiva del suolo, che permetta il mantenimento della risorsa idrica o riduca il calore riflesso dal terreno, sia di fondamentale importanza. Soprattutto negli ambienti più difficili o con scarsa capacità idrica.
Quindi, per affrontare le nuove sfide che si pongono di fronte alla viticoltura italiana è quantomai sensato adottare un approccio integrato, che preveda azioni ed evoluzioni su molteplici aspetti del “farming”. Non dimenticando che il vino è la bussola che ci deve dare la direzione: tutto deve partire, e arrivare, a lui.
di Marco Simonit
Agronomo consulente, esperto di viticoltura