La possibilità di migliorare le rese senza alterare l’impostazione agro-ecologica delle aziende è una sfida che potrebbe essere occasione di interazione più stretta tra mondo della ricerca e agricoltori biodinamici.

“Produrre di più con meno”. Questa apparente contraddizione è già da alcuni anni terreno di confronto su come rendere più efficiente l’uso delle risorse ambientali in un contesto mondiale di forte pressione d’uso e prezzi crescenti. Si fa largo la consapevolezza della finitezza delle risorse a disposizione, e si va imponendo un’accelerazione della transizione verso un’economia generativa e circolare in cui i prodotti siano progettati in modo che ogni componente possa essere rimosso e riciclato con l’utilizzo di energia rinnovabile.

L’economia circolare è una visione alternativa mutuata dal funzionamento degli ecosistemi: i beni che giungono alla fine della loro vita utile diventano risorse per la produzione di altri beni chiudendo gli anelli di un ‘ecosistema industriale’ e minimizzando la produzione di rifiuti.

Nelle prossime decadi, la sfida per l’agricoltura risiede nell’adottare sistemi colturali in grado di:

- garantire un’elevata produttività, efficienza e biodiversità con alti tassi di chiusura dei cicli di materia (elementi nutritivi, sostanza organica, etc.);

- ridurre l’impiego di input esterni al sistema (petrolio, azoto di sintesi);

- essere resiliente ed efficiente nell’uso delle risorse locali;

- avere un alto grado di sinergia e interazione.

La risposta biodinamica

Cumuli di compost aziendale realizzati con letame bovino

L’agricoltura biodinamica nasce nel 1924 da una riflessione teorico-filosofica del filosofo tedesco Rudolf Steiner sulla base di personali ricerche condotte nella sezione di Scienze n aturali del Goetheanum dove erano allestiti campi sperimentali.

I prodotti biodinamici sono tuttora individuati da un marchio la cui proprietà giuridica è collettiva degli agricoltori riuniti nell’associazione internazionale dei produttori biodinamici Ibda e vigilata da Demeter (che prende il nome dalla dea greca della fertilità della terra Demetra), che esiste dal 1928. Dal 1997 è stata costituita la Demeter intarnational, che riunisce diverse associazioni Demeter nel mondo ed è un'associazione no profit.

Ad alcune delle intuizioni di Rudolph Steiner, espresse in tempi in cui era dominante l’approccio scientifico positivista, va riconosciuta una valenza anticipatrice di sensibilità e conoscenze oggi acquisite nella moderna cultura ecologica. L’idea dell’azienda come organismo che valorizza il flusso di materiali e di energia disponibili in uno specifico contesto, è decisamente un concetto molto vicino a quello di ecosistema.

Gli aspetti economici

Coltivazione di cavolo rapa su pacciamatura biodegradabile in tunnel.

Le basi della biodinamica prevedono un paradigma di stretta cooperazione tra sfere legali, economiche e spirituali ma l’organizzazione della biodinamica con Demetered i suoi standard produttivi, le associazioni nazionali di produttori biodinamici e una Gdo specialistica  è molto vicina ad un moderno modello organico che si fonda su una stretta interazione ed interdipendenza di tipo circolare tra risorse interne all’impresa come la cultura e l’esperienza aziendale, il comportamento strategico che si ravvisa nella soggettività imprenditoriale, e l’ambiente esterno costituito da imprese concorrenti e soggetti istituzionali di riferimento.

In base ai dati aggiornati a giugno 2017 di Demeter International e reperibili su https://www.demeter.net/statistics, la consistenza mondiale dell’agricoltura biodinamica certificata Demeter International è di:

  • 180.706 ettari di Sau,
  • 5.279 aziende agricole,
  • 912 trasformatori,
  • 371 distributori.

Dal 2000 al 2017 le aziende certificate sono passate da 2.931 a 5.279, gli ettari di Sau da 96.837 a 180.706. In Italia, la consistenza è di: 9.640 ettari di Sau, 321 aziende agricole, 59 trasformatori, 46 distributori. I soci dell’Associazione Biodinamica Italiana sono 976 al 2016. I marchi Demeter possono essere usati solo dalle aziende certificate biologiche, che si assoggettano e superano i controlli dei disciplinari internazionali biodinamici, più rigorosi di quelli biologici in decine di punti.

Nei confronti del mercato, le imprese della rete biodinamica conseguono un discreto margine competitivo essendo il prodotto riconoscibile e gradito; nei confronti dell’ambiente, la rete si mostra forte per la multifunzionalità di alcuni soggetti imprenditoriali, per la capacità di esaltare le interazioni con il paesaggio, per la sostenibilità dei processi mentre la vulnerabilità ricade nella presenza di fattori ambientali criticia livello locale che possono contrastare i metodi di coltivazione biodinamici. Per quanto riguarda il territorio, il posizionamento della rete è elevato per il tramandarsi di innovazioni e per la contaminazione con le comunità locali e le istituzioni; nei confronti del prodotto, la rete biodinamica sfrutta a pieno il marchio posizionandosi in una fascia medio-alta di consumo con servizi aggiuntivi al consumatore e discreta varietà di produzioni. La vulnerabilità riscontrata sta nella stagionalità e, in alcuni casi, nella estrema ermeticità dei produttori che non diffondono tradizioni e know-how.

Nei confronti del prezzo, le imprese riportano discreti margini di guadagno e conseguono economie di scala. La vulnerabilità sta nella concorrenza al ribasso da parte di prodotti convenzionali e nella mancanza di adeguate forme di comunicazione sulla biodinamica e la sua specificità. In conclusione, dunque, la rete biodinamica è performante in tutte le accezioni considerate ma rimane da capire se la prospettiva per il futuro rimane legata alle scelte dei consumatori e del retail che determina le politiche commerciali.

 Nuovi modelli agronomici

Allevamento biodinamico di bovine di razza Bruna Alpina.

Gli ordinamenti produttivi delle aziende biodinamiche sono molto diversificati e sono la manifestazione più lampante della distanza che esiste nella gestione di queste aziende rispetto alle tante odierne realtà aziendali dedite a una monocoltura più o meno spinta in pieno campo o sotto serra.

Le aziende con ordinamenti frutticoli, viticoli o orticoli condotte su superfici minori bilanciano la specializzazione con l’adozione di sovesci e ammendamenti con compost.

Ogni azienda ha sviluppato una sua prassi in cui il ruolo di allevamento animale, rotazioni, ammendamento organico con compost aziendale, sovesci come concimazione verde o colture di copertura, preparati biodinamici, è centrale nel perseguire in modo coerente questi obiettivi. Una cura sincera per la terra è percepibile nella gestione delle diverse aziende.

Con il metodo di produzione biodinamico le rese colturali sono più basse in confronto a quelle di colture corrispondenti in sistemi di produzione integrata. Questo dato è comunque variabile con l’azienda produttrice, i terreni di cui dispone, gli input applicati. Le aziende biodinamiche più grandi non si limitano solo a produrre derrate alimentari ma cercano di acquisire quote di valore aggiunto attraverso la loro trasformazione, la certificazione di qualità o la cura diretta di specifici canali commerciali, la ristorazione, l’agriturismo e una serie di iniziative aperte a un pubblico di cittadini per ridurre la distanza e far conoscere la validità di un approccio produttivo autenticamente ‘amico della natura’.

La possibilità di migliorare le rese senza alterare l’impostazione agro-ecologica delle aziende è una sfida che potrebbe essere occasione di interazione più stretta tra mondo della ricerca e agricoltori biodinamici. Per questa sfida, occorre che appositi finanziamenti pubblici siano resi disponibili come invocato da tempo dai movimenti biologico e biodinamico.

 La forza dei metodi alternativi

Preparazione del cornoletame prima dell'interramento per la maturazione.

In questo articolo abbiamo cercato di fornire elementi di conoscenza delle peculiarità del metodo biodinamico e del contributo che esso può offrire in una fase storica in cui si confrontano diverse visioni e prassi di come l’agricoltura debba da un lato soddisfare i fabbisogni delle società umane, dall’altro salvaguardare gli equilibri dei sistemi biologici da cui dipende la sua stessa produttività. Ponendoci in questa prospettiva, ci sembra che i diversi metodi di coltivazione ‘alternativi’ a quello dell’agricoltura industriale abbiano un doppio compito:

1 - consolidare la loro diffusione territoriale e commerciale garantita da un sistema di regole operative e relative certificazioni di conformità;

2 - costituire ‘palestre’ per studi e ricerche che portino all’elaborazione di prassi agro-ecologiche condivisibili anche in contesti produttivi integrati.

Per chi volesse approfondire i contenuti di questo articolo è disponibile online il testo del volume “L’agricoltura biodinamica: verso un modello produttivo agroecologico” degli stessi autori, sul sito del Crea.

[Gli autori Pergamo e Coppola sono del Crea-Centro di Ricerca in Olivicoltura, Frutticoltura, Agrumicoltura, sede di Caserta; Morra è del Crea-Centro di Ricerca in Cerealicoltura e Colture Industriali, laboratorio di Caserta]

La risposta biodinamica per ripensare il modello produttivo agro-industriale - Ultima modifica: 2017-11-08T10:55:39+01:00 da Alessandro Maresca

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