Crêpes alla nutella di Beatrice Toni
Una settimana da paura. Paura del cibo.
Ségolène Royal assesta un notevole colpo basso alla nutella consigliando «non mangiatela: contiene olio di palma, la sua coltivazione sta decimando le foreste del sud-est asiatico». Un modo per parlare di frontiere Italia-Francia. Senza ammetterlo.
Michelle Obama arriva a Expo a spiegarci come cucinare pollo e pasta (di quinoa, però): il suo slogan è “let’s move”, l’obesità è il nemico. Ma le “diete” a base di grassi idrogenati dove sono nate?
Greenpeace denuncia le mele europee “piene di pesticidi”, acqua e suolo contaminati. Ma gli agrofarmaci contestati sono ammessi dai disciplinari di produzione integrata, spesso ulteriormente limitati (spiega Assomela).
Così si parla alle emozioni, così si raggiunge la parte più antica del nostro cervello, che le governa. Così si rinuncia a spiegare complessità e contraddizioni di un sistema, quello agroalimentare.
Sta di fatto che l’olio di palma è uno dei grassi più diffusi al mondo (tra l’altro biscotti, surgelati e biocombustibili) oltre che presente in noti prodotti a marchio francese mentre il pedigree ad alta sostenibilità di Ferrero lo rivendica Greenpeace. Intanto negli States regna il falso made in Italy. E nei frutteti trentini sono tornati volatili e altre forme di vita.
La parte più moderna e razionale del nostro cervello vorrebbe capire e non emozionarsi di più. Ma (Agnese) Renzi va a farsi le crêpes alla nutella a Expo.
Il mondo in una barretta di cioccolato di Paolo De Castro
Relatore Ttip Comagri, Parlamento europeo
Una barretta di cioccolato può arrivare a contenere il mondo intero: sale cinese, solfato di calcio (un additivo) indiano, olio di palma dal sud-est asiatico; siero di latte neozelandese, zucchero e cacao americani, latte e cereali europei.
Ma è tutto il carrello della spesa a essere diventato globale per materie prime e stabilimenti di produzione. In realtà, il commercio di cibo c’è sempre stato con un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’umanità innalzando la sicurezza degli approvvigionamenti alimentari globali. Nei secoli scorsi le spezie, il sale, il tè e il pepe hanno letteralmente creato strade e infrastrutture. Oggi, la complessità raggiunta dalla ragnatela degli scambi pone anche problemi come la tracciabilità e il raggiungimento di standard comuni di salubrità alimentare, trasparenza degli scambi e sostenibilità sociale e ambientale. Soprattutto nei paesi ad alto reddito dove l’approccio al cibo va oltre la soddisfazione dei bisogni primari. L’adozione di regole di produzione e commercializzazione sempre più rigorose a tutela della salute non basta. Periodici scandali alimentari minano con estrema facilità le certezze dei cittadini che, da un lato, sono giustamente sempre più esigenti, ma dall’altro è come se si sentissero sempre più minacciati dalle opportunità offerte dagli scambi.
I nuovi standard globali sono la grande sfida del futuro dei commerci: dovranno intercettare il più possibile la componente sociale e culturale senza rinunciare alle opportunità economiche. Il negoziato Ttip potrebbe indicare una strada in questo senso.