Il 13esimo round negoziale per un trattato di libero scambio tra Unione europea e Stati Uniti d’America si è concluso il 29 aprile a New York senza avanzamenti sostanziali sui dossier agricoli.
Le rispettive posizioni sono ancora nettamente distanti su punti che, soprattutto nel nostro interesse, rimangono cruciali.
In questo contesto, i documenti ‘svelati’ da Greenpeace nei giorni scorsi, non hanno fatto altro che confermare e porre in risalto le differenti posizioni delle parti coinvolte, confermando la presenza di argomenti in cui la lontananza tra le sponde dell’Atlantico è ancora sostanziale.
Considerando che al momento la bilancia commerciale fra Ue e Usa riporta un saldo attivo per l’Europa, non possiamo meravigliarci della rigida posizione che gli americani stanno mantenendo.
L’anno scorso la Commissione europea ha reso possibile la consultazione dei documenti presentati alla controparte in sede negoziale e degli esiti di ogni round di colloqui, attraverso relazioni e report sull’avanzamento dei lavori.
La Commissione può concretizzare questo esercizio di trasparenza in merito alle sue posizioni, ma non si può pretendere che possa farlo per la posizione degli Stati Uniti, se questi non vogliono.
Il tipo di documento diffuso da Greenpeace viene definito, nei processi negoziali “testo consolidato”, che non costituisce affatto una bozza dell’accordo, ma un testo in cui le posizioni delle parti vengono giustapposte, tra parentesi quadre, ed è finalizzato a mostrare lo stato dei lavori.
I testi consolidati non sono quindi sinonimo di risultati, ma rispecchiano le diverse posizioni negoziali. Come dichiarato inoltre dalla Commissaria europea Cecilia Malmström, laddove vi fossero settori o temi sui quali non sarà possibile trovare un punto di vista condiviso, non si adotteranno vie di mezzo, né si assisterà al cedimento di una delle parti: detti settori o temi verranno esclusi dalle trattative.
Come ribadito più volte, inoltre, il testo finale negoziato non troverà attuazione nel momento esatto in cui verrà siglato ma dovrà essere approvato dal Parlamento europeo che ha potere di veto.
Ove detto passaggio avesse esito positivo, successivamente dovrà essere ratificato dai Parlamenti nazionali, previo giudizio del Consiglio Ue.
Tutti questi passaggi costituiscono misure di tutela: quindi non sarà siglato alcun accordo che possa risultare negativo per l’Europa e per l’Italia. Ecco perché credo sia irragionevole e controproducente opporsi a prescindere senza voler neanche vedere quali saranno i risultati che si potranno ottenere.
Consideriamo che, tra Usa e Ue stiamo parlando di 1/3 del valore dell’intero commercio mondiale e che nel 2015 l’Europa ha importato dagli Stati Uniti, solo in campo agroalimentare, 13,4 miliardi di euro di prodotti, esportando per 19,3 miliardi di euro.
Non si può quindi non pensare alle opportunità che si potrebbero sfruttare eliminando le barriere tariffarie e non, che al momento limitano il nostro export.
Senza parlare delle opportunità in termini di contrasto all’Italian sounding che un accordo potrebbe portare. Saremo quindi attenti e vigili, ma collaborativi e, come abbiamo detto fin dal principio, non ostili al negoziato per partito preso.
di Paolo De Castro
Coordinatore S&D Commissione Agricolturae sviluppo rurale Parlamento europeo