Con la lavorazione del terreno si perseguono due obiettivi principali: ripristinare la porosità e preparare il terreno alla semina o trapianto della nuova coltura. Obiettivi secondari possono essere la gestione del residuo colturale, l’incorporazione nel suolo di fertilizzanti organici e minerali, il contributo al controllo della flora infestante.
Quest’ultimo aspetto era, dagli albori dell’agricoltura sino a pochi decenni fa, il principale, obiettivo delle lavorazioni. Con lo sviluppo dei diserbanti questo ruolo ha perso d’importanza.
Il terreno si compatta già nel corso di un solo ciclo colturale per naturale assestamento, per l’azione della pioggia (e dell’irrigazione) per calpestamento di trattori e mezzi di raccolta. Con le lavorazioni si ripristina il “collegamento” fra gli strati eliminando la suola di lavorazione o gli strati profondi compattati dal passaggio di trattori. Acqua e aria devono potersi muovere con una certa rapidità all’interno del suolo. La necessità di raggiungere quest’obiettivo porta ad applicare lavorazioni intense, energiche e profonde che raramente trovano una giustificazione agronomica.
Troppa intensità
Questo continuo eccedere nell’intensità e nella profondità delle lavorazioni ha causato la completa perdita della struttura glomerulare (capace di conferire un’ottima porosità anche in un suolo duro e tenace) e, attraverso l’eccessiva ossigenazione del suolo, la perdita della quota più nobile della sostanza organica. Questo processo involutivo dei suoli prodotto dalle lavorazioni spiega perché gli attuali terreni sono molto più facilmente soggetti a compattazione (con conseguente comparsa di asfissie e ristagni) di un tempo.
Concausa è l’incremento delle masse dei mezzi agricoli, solo raramente compensati dall’adozione di pneumatici adeguati. Il calpestamento del suolo è evidente in superficie, dove riconosciamo l’orma delle ruote, lo è meno in profondità, dove però tende a costituire nel tempo strati poco permeabili. Il calpestamento inoltre si propaga anche lateralmente ampliando, rispetto alla larghezza dello pneumatico, l’area di alterazione della porosità.
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