Nel corso del 2015 il Mipaaf aveva avviato, nell’ambito dello specifico Tavolo di filiera, i lavori per ridefinire gli obiettivi strategici per il settore olivicolo-oleario, a 5 anni di distanza dal precedente piano del 2010.
Oltre alle organizzazioni di categoria, anche il mondo della ricerca è stato finalmente audito, tramite la Società di OrtofloroFrutticoltura Italiana (Soi) che già nel 2009 aveva istituito un Gruppo di lavoro Olivo e Olio.
Il nuovo Piano di settore olivicolo-oleario 2016, di durata triennale, ha come obiettivo dichiarato la competitività e mette sul piatto risorse finanziarie per 32 milioni di euro.
Il Piano è stato formulato in modo coerente con lo scenario nazionale e internazionale.
In particolare l’obiettivo qualità e tracciabilità dell’olio prevede misure a lungo attese e sollecitate, quali la revisione dei disciplinari Dop e, soprattutto, la segmentazione dell’extravergine in funzione di più stringenti caratteristiche chimiche, organolettiche e nutraceutiche. La misura s’incardina perfettamente con il varo del claim salutistico da parte dell’Efsa (l’autorità europea per la sicurezza alimentare) riguardante l’effetto ipocolesterolemizzante del consumo quotidiano di olio di oliva a elevato contenuto di polifenoli.
L’obiettivo prevede anche azioni istituzionali di educazione e informazione alimentare rivolte ai consumatori che mostrino le caratteristiche salutistiche e nutrizionale del prodotto italiano. È importante evidenziare che tale azione sarà istituzionale e non già, come ora accade, lasciata alla buona volontà di pochi e sporadici illuminati.
Nel Piano figura poi, con soddisfazione, uno specifico obiettivo rivolto al sostegno del settore delle olive da mensa, storicamente in coda o assente agli interventi governativi, ma che può vantare un patrimonio varietale nazionale invidiabile, ancora quasi tutto da caratterizzare, e una ricchezza di preparazioni tradizionali, anch’essa in attesa di valorizzazione. Se raggiunto, l’obiettivo potrà permettere di iniziare a erodere l’enorme quantità di olive da mensa che l’Italia importa annualmente per coprire il notevole consumo interno.
Il ruolo delle organizzazioni di produttori è ampiamente riconosciuto. Senza alcun dubbio l’aggregazione e l’organizzazione economica dei produttori rappresenta uno strumento chiave per il rilancio del settore olivicolo-oleario nazionale. Tuttavia, Op e Aop, a fronte della più che congrua prevista iniezione di capitale circolante, dovrebbero garantire anche una capillare, continua, aggiornata e qualificata assistenza tecnica nei confronti degli operatori della filiera, in campo come in frantoio.
Accanto a questi interventi di valorizzazione del prodotto, l’innovazione della fase agricola gioca un ruolo determinante. Infatti, la valorizzazione non può riuscire da sola a sanare la ferita aperta degli alti costi di produzione, i quali non possono essere ridotti senza il rinnovamento degli impianti produttivi, così come è avvenuto per altre specie arboree da frutto. Tuttavia, la revisione di leggi antiquate (1945) che pietrificano l’olivicoltura italiana rallentandone gravemente l’ammodernamento, dovrà essere un’azione legislativa necessaria e non più procrastinabile. L’olivicoltura ‘paesaggistica’ e ‘monumentale’ non avrà nulla da temere da questo procedere, poiché essa è già oggetto di precise e severe leggi regionali di tutela e valorizzazione.
Il Mipaaf sta licenziando i decreti attuativi, che ci auguriamo prendano in considerazione le osservazioni qui esposte con l’introduzione di specifiche modifiche, integrazioni e perfezionamenti anche nel corso della realizzazione del Piano, possibilità peraltro già prevista dalla legge istitutiva.
di Salvatore Camposeo
Università degli Studi di Bari - Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali
Coordinatore nazionale del Gruppo di Lavoro Olivo e Olio della Soi