Nel nostro Paese, solo un numero limitato di aziende agro-alimentari ha intrapreso la strada di perseguire la valutazione della sostenibilità ambientale dei propri prodotti. Queste analisi vengono spesso viste con sospetto dai diversi produttori che, temendo di essere “etichettati” come inquinanti, preferiscono non analizzare nel dettaglio le ricadute ambientali dei loro processi prodottivi. In un momento in cui il consumatore è sempre più attento alle questioni ambientali e modula le sue scelte anche in considerazione di questi aspetti occorre capire che il primo step di un percorso di riduzione degli impatti è la “fotografia” del punto di partenza.
Solo sapendo quale è l’impatto ambientale attuale si possono intraprendere azioni che consentano di ridurlo e, successivamente, comunicarle al consumatore. Purtroppo ogni processo produttivo ha un impatto sull’ambiente la cui mitigazione richiede accorgimenti e, talvolta, investimenti. Se da un lato è dunque irrealistico pensare a prodotti realmente a “impatto zero” dall’altro è giusto puntare alla mitigazione di questi impatti. Nel caso dei prodotti dop, la cui produzione è regolata da appositi disciplinari di produzione, le possibilità di intervenire sono forse ridotte ma non per questo non vanno perseguite.
In questo contributo, vengono presentati i risultati di un caso studio relativo alla valutazione dell’impatto ambientale della produzione di Grana Padano dop. In Italia circa il 24% del latte vaccino è destinato alla produzione di questo formaggio. Nell’ultimo decennio la produzione di Grana Padano dop è aumentata del 10%.
Pur essendo il Grana Padano uno dei formaggi simbolo delle eccellenze agro-alimentari italiane e uno dei più esportati, fino ad oggi, poca attenzione è stata posta alla valutazione delle sue performance ambientali. La valutazione è stata condotta utilizzando l’approccio di analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment – Lca), che è la metodologia più utilizzata per questo tipo di valutazioni. Uno studio Lca prevede l’elencazione di tutti i fattori produttivi e le emissioni relative al processo analizzato e la loro conversione finale in pochi indici numerici di impatto ambientale.
Studiato tutto il processo
Lo studio ha considerato l’intero processo produttivo del formaggio dop considerando la produzione del latte nelle aziende agricole e la sua trasformazione in un caseificio che complessivamente produce il 3,5% della produzione italiana. L’unità a cui sono riferiti gli indicatori di impatto ambientali è 1 kg di Grana Padano dop stagionato per 12 mesi.
Complessivamente l’intero processo, schematizzato in Figura 1, può essere suddiviso in tre sezioni:
- La produzione del latte nelle aziende agricole. A tal proposito, l’analisi ha riguardato 5 aziende agricole selezionate sulla base della loro rappresentatività del campione di aziende conferenti al caseificio. I liquami e i letami prodotti nelle aziende vengono utilizzati come fertilizzanti organici sulla sau aziendale.
- La caseificazione, che comprende tutte le operazioni che intercorrono dal trasporto del latte al caseificio fino al termine della salamoia.
- La stagionatura del formaggio, che ha luogo presso il caseificio in appositi magazzini in cui temperatura (15-22 °C) e umidità sono controllati.
In uscita dal caseificio, oltre al Grana Padano dop, vi sono: una piccola quantità di formaggio duro derivante dalla smarchiatura di forme che vengono scartate nel corso della stagionatura perché non conformi al Disciplinare di produzione, siero, panna, latticello e burro. Il siero viene venduto a una azienda che lo concentra e produce sieroproteine mentre la panna è utilizzata per la produzione di burro.
In Tabella 1 sono riportati i principali dati di inventario per l’intero processo produttivo.
L’impatto ambientale dell’intero processo è suddiviso tra i diversi prodotti (formaggio, burro, siero, panna e latticello) sulla base del loro contenuto in sostanza secca in accordo con le Product Category Rules recentemente pubblicate per i prodotti caseari. Mentre tra le diverse tipologie di formaggio, essendo il contenuto in sostanza secca uguale, la ripartizione è fatta sulla base del valore economico.
Risultati
Sono stati valutate le seguenti categorie di impatto: riscaldamento globale o (impronta di carbonio), acidificazione del terreno, eutrofizzazione delle acque dolci ed eutrofizzazione marina. I risultati, riferiti a 1 kg di formaggio stagionato 12 mesi, sono riportati in Tabella 2.
In Figura 2 è invece riportata, per le categorie considerate, la ripartizione dell’impatto complessivo tra i tre diversi fattori produttivi e le operazioni che caratterizzano la filiera produttiva. Come è possibile osservare la quota di impatto legata alla produzione del latte è preponderante rispetto a quella imputabile alla caseificazione e alla stagionatura. Acquisto e produzione degli alimenti, consumi energetici in stalla e le emissioni legate alla stabulazione e alla gestione dei reflui complessivamente contribuiscono per una quota dell’impatto complessivo che varia dal 94% al 99%.
Ad esempio, per l’impronta di carbonio, a livello di azienda agricola, la produzione di 1 kg di latte comporta l’emissione di 1,46 kg CO2 eq; per un formaggio come il Grana Padano dop che ha una resa di caseificazione inferiore all’8% è quindi la produzione di latte il principale responsabile dell’impatto ambientale. Le emissioni legate alla stabulazione e alla gestione dei reflui sono responsabili di circa il 50% del riscaldamento globale (principalmente a causa dell’emissione enterica di metano da parte delle bovine) e di circa il 60% dell’acidificazione (principalmente a causa dell’emissione di ammoniaca dai reflui).
L’acquisto di mangimi e foraggi è invece il principale responsabile dell’eutrofizzazione terreste e di quella marina. I consumi di energia sia in stalla che al caseificio, così come il trasporto del latte dalle aziende agricole al caseificio, sono responsabili di una quota minore dell’impatto.
Escludendo la produzione del latte e analizzando nel dettaglio l’impatto legato alle operazioni che avvengono durante la caseificazione e la stagionatura (Figura 3) si evidenzia che la maggior quota dell’impatto è legato al consumo di energia elettrica e, soprattutto per acidificazione e eutrofizzazione marina, anche al trasporto del latte e, in particolare agli inquinanti emessi dai mezzi di trasporto.
Conclusioni
Quantificare l’impatto ambientale di un prodotto è il primo step che consente di individuare i punti critici del processo produttivo e su cui è potenzialmente più efficace concentrare le strategie di mitigazione. Nel caso della produzione di Grana Padano dop la parte preponderante dell’impatto è legata alla produzione del latte.
Sul primo segmento della filiera produttiva, se da un lato è difficile ridurre le emissioni enteriche di metano legate al metabolismo delle bovine dall’altro numerosi studi hanno dimostrato come ad esempio la digestione anaerobica dei reflui e l’impiego del biogas prodotto per generare elettricità da fonte rinnovabile possa praticamente annullare le emissioni legate alla gestione dei reflui, riducendo l’impatto del latte anche del 30% per effetti ambientali come l’acidificazione terrestre e l’eutrofizzazione della acque dolci.
Per quanto riguarda la fase di caseificazione invece, una riduzione dell’impatto può essere conseguita utilizzando energia prodotta da fonte rinnovabile. A tal fine la generazione di energia elettrica da fotovoltaico può essere una soluzione interessante anche perché beneficia di incentivi pubblici.
Per quanto riguarda i valori di impatto ambientale ottenuti, occorre relativizzarli: diventano meno importanti considerando che questo formaggio presenta una più bassa resa di caseificazione rispetto a altri formaggi e soprattutto contenuto in sostanza secca e valore nutrizionale superiore.