Un minor impiego di fertilizzanti chimici e prodotti fitosanitari grazie all’utilizzo di biofertilizzanti organici derivanti da digestato compostato, arricchiti con micorrize e batteri promotori della crescita delle piante. Questa la proposta innovativa che si è piazzata al primo posto del “Concorso di idee per l’innovazione nell’agricoltura del sud” e che sarà premiata assieme ad altre nove selezionate su un totale di oltre cento, durante il convegno “Innovazione e conoscenza nello sviluppo rurale: a che punto siamo” che si terrà mercoledì 17 maggio a Bari organizzato da Rete rurale, Mipaaf e Crea e di cui Terra è vita e Nova Agricoltura sono media partner (consulta il programma). L’idea innovativa è stata sviluppata da Domenico Ronga, ricercatore del Centro Interdipartimentale Miglioramento e Valorizzazione Risorse Biologiche Agro-alimentari dell’Università di Modena e Reggio Emilia ed è una delle tante che potranno essere inserite in Gruppi operativi.
I vantaggi per l’agricoltura
Per la nutrizione delle colture ortive, allo stato attuale, vengono impiegati principalmente fertilizzanti di sintesi che hanno impoverito drasticamente la sostanza organica dei suoli. Un’idea innovativa per risolvere la problematica sopra citata potrebbe essere l’impiego di biofertilizzanti organici derivanti da digestato compostato arricchiti con consorzi microbici. Il digestato è il residuo del processo di digestione anaerobica di effluenti zootecnici, biomasse vegetali e sottoprodotti di origine animale. Tale residuo può essere compostato e impiegato per la produzione di fertilizzanti organici. I fertilizzanti organici riescono ad apportare elementi nutritivi a lento rilascio e sostanza organica. Quest’ultima influenza diversi aspetti fisico-chimici del suolo come la diminuzione dell’erosione, l’aumento della disponibilità di acqua e la sua infiltrazione, il miglioramento della struttura e dell’areazione del suolo e la stimolazione dell’attività biologica della rizosfera. I consorzi microbici, e in particolare le micorrize e i batteri promotori della crescita, sono organismi ubiquitari naturalmente presenti nell’ambiente di coltivazione in grado di interagire con la maggior parte delle radici delle piante e forniscono una serie di benefici alla pianta ospite. Questi includono: produzione di ormoni che stimolano la crescita della piante, maggiore biodisponibilità dei nutrienti presenti nel suolo e un migliore assorbimento degli stessi (P, K, Mg, N e micronutrienti) e dell'acqua, maggiore tolleranza ai patogeni terricoli e stress ambientali, ridotto sviluppo di altri micro-organismi dannosi per la pianta, ridotta sensibilità ai metalli pesanti e una migliore struttura del suolo, maggior sviluppo vegetale e radicale, migliore qualità delle produzioni (accumulo di sostanze antiossidanti, aumento gradi brix, migliore colorazione e conservabilità).
«L’impiego di biofertilizzanti organici, derivanti dal digestato compostato, nella produzione delle colture orticole sia di pieno campo che in serra arricchiti con micorrize e batteri promotori della crescita, potrebbe permettere la limitazione dell’impiego di input esterni (fertilizzanti chimici e prodotti fitosanitari); la solubilizzare del fosforo non disponibile del suolo, il riciclo dei sottoprodotti derivanti dalla produzione del biogas (digestato); la tutela del suolo e l’accumulo di carbonio con funzione mitigante dei futuri scenari di cambiamento climatico – spiega Ronga – precedenti prove sperimentali, condotte con biofertilizzanti a base di digestato su mais e su vite, hanno evidenziato che l’uso di questi prodotti sostenibili permette di ottenere delle produzioni quali-quantitative equiparabili a quelle ottenute con i fertilizzanti convenzionali».
Biofertilizzanti: sostenibili ed economici
I biofertilizzanti derivati dal digestato compostato presentato un alto grado di stabilità biologica con un basso impatto sull’ambiente. Inoltre, i biofertilizzanti organici a base di digestato compostato possono essere applicati al terreno come i normali fertilizzati commerciali. Allo stato attuale, ci sono diversi impianti di biogas in Italia che hanno enormi quantità di digestato da valorizzare. Anche se la maggior parte si trovano nel Nord Italia, diversi sono stati gli incentivi statali ed europei per lo sviluppo di questo settore e la creazione di nuovi impianti nel sud Italia, pertanto, è possibile trovare facilmente la materia prima per la produzione di compost. Per quanto riguarda i consorzi microbici da impiegare per arricchire i biofertilizzanti, allo stato attuale, sono disponibili diversi formulati commerciali e sperimentali.
«Essendo la materia prima un sottoprodotto dell’impianto del biogas non si evidenziano costi elevati, in quanto la tecnica di compostaggio è ormai consolidata anche in Italia da diversi anni – sottolinea il ricercatore – per la produzione basterebbe una semplice platea dove stoccare il digestato e farlo compostare con sarmenti di potature (cippate, per esempio provenienti dalla manutenzione del verde urbano o dalla potatura invernare dei frutteti), una semplice pellettizzatrice che trasformerebbe, il compost preventivamente essiccato anche in semplice platea, in pellet. La pellettizzatrice potrebbe essere azionata agevolmente con l’elettricità prodotta dall’impianto biogas e anche la fase di essiccazione potrebbe essere agevolata con il calore prodotto dall’impianto biogas».
A chi possono interessare
L’idea è rivolta al settore agricolo del Sud Italia e in particolare agli impianti biogas che potrebbero valorizzare il digestato prodotto, alle ditte produttrici di fertilizzanti, alle aziende orticole sia di pieno campo che di ambiente protetto, alle ditte produttrici di fertilizzanti, alle aziende orticole sia di pieno campo che di ambiente protetto, ma nel complesso all’intera filiera orticola e a tutto il comprensorio dove questa soluzione tecnica sarà applicata con forti ricadute sia economiche che sociali.
Le altre idee innovative premiate
Oltre a quella sui biofertilizzanti, a Bari saranno premiate e descritte altre undici proposte ritenute utili a risolvere le problematiche emergenti dell’agricoltura meridionale, scelte tra le oltre cento pervenute al concorso di idee per l’innovazione dell’agricoltura nel Sud (SudInnova) e che potranno essere inserite in altrettanti Gruppi operativi. I proponenti delle prime sei idee saranno premiati con un buono del valore di mille euro da spendere in materiale multimediale.
Al secondo posto si è piazzato Valerio Caroselli con una proposta sulle tecnologie spaziali per il settore agricolo, al terzo l’idea di un gruppo capitanato da Carlo Cosentino che valuta l’impronta idrica nel processo produttivo del latte, al quarto il progetto di Cinzia Giuliano per una start up di commercio on line dei prodotti avicoli, al quinto la coltivazione “sociale” di frutta esotica e tropicale di Gianluca Bove, al sesto il robot Servagri messo a punto dal gruppo di Maria Concetta Castorina. Seguono la seminatrice per l’agricoltura biologica di Pasquale De Vita, le siepi informali polispecifiche di Alessia Di Seclì, l’impianto di irrigazione controllato di Daniele Palmisano, la produzione e commercializzazione di fiori eduli di Rosanna Dimita, i giardini foto-ecologici di Roberta Aretano e lo stoccaggio controllato del grano duro di Matteo Sorrenti.
Italia in ritardo con i Gruppi Operativi della misura 16
Bruxelles punta forte sull’innovazione e sulla conoscenza, ma l’Italia è in ritardo. Cooperazione per l’innovazione è infatti una delle nuove parole d’ordine dello Sviluppo rurale, prevista dalla misura 16 dei Psr. Siamo alla metà esatta del periodo di programmazione 2014-2020 della Pac, finora però solo l’Emilia-Romagna e il Trentino sono riuscite ad attivare e finanziare i gruppi operativi (Go) che devono mettere in relazione la domanda di innovazione da parte del mondo produttivo e l’offerta del mondo della ricerca (ne avevamo già parlato qui, in occasione del precedente convegno organizzato da Edagricole all’ultima edizione di Eima). Sul piatto di sono stanziamenti per 873 milioni di euro. Le Regioni hanno infatti “prenotato” 625 Go, ma per la loro approvazione Bruxelles ha previsto procedure innovative che hanno causato forti ritardi: il rischio di disperdere questi fondi è già concreto.
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