Il problema dell’impatto della filiera zootecnica sull’ambiente deriva, essenzialmente, dall’elevata concentrazione territoriale degli effluenti che, dato il loro elevato contenuto di acqua, non risultano essere economicamente trasportabili in zone a minor concentrazione di attività zootecniche. Conseguenza di ciò è che un territorio circoscritto come la Pianura Padana, non è più in grado di assorbire in modo naturale e congruente con l’ambiente i reflui prodotti e gli impatti che essi determinano (figura 1). Tutto ciò è noto da tempo sia a livello nazionale sia europeo, ed ha portato il legislatore a porvi rimedio limitando l’uso dei reflui zootecnici in agricoltura (EC 91/676/Cee, Direttiva nitrati).
Il recepimento della Direttiva nitrati col Dlgs. n. 152/99 e il Dm. 7/3/2006, di fatto, rende non più procrastinabile un approccio all’uso dei reflui zootecnici in agricoltura che sia virtuoso e rispettoso dell’ambiente secondo una logica di riutilizzo di “potere fertilizzante”, nei limiti consentiti dalla legge, e/o di rimozione degli eccessi di “reflui/azoto” nel caso in cui le quantità da smaltire eccedano le reali richieste agronomiche da parte della colture.
Quanto sopra riportato viene visto spesso, dall’imprenditore agricolo, come un ulteriore aggravio nella gestione dei reflui zootecnici che si riflette negativamente poi sull’attività imprenditoriale, già difficile in questi anni per la congiuntura economica mondiale non certo felice. Tuttavia, come spesso accade, la necessità di trovare soluzioni che sembrano impossibili, può divenire spinta per concepire un nuovo tipo di agricoltura, soprattutto se si è in grado di leggere cosa sta accadendo intorno a noi e se si è in grado di non perdere le “occasioni” che ci vengono date, e il contesto in cui ci si muove, in particolare: contesto ambientale globale (effetto serra); contesto mondiale di approvvigionamento energetico: esauribilità delle fonti fossili; interazione tra i due punti sopra riportati, rinuncia al nucleare e quindi conseguente sviluppo delle fonti rinnovabili; una sempre maggior predisposizione del cittadino verso le tematiche ambientali; maggior richiesta di criteri produttivi di tipo “sostenibile”; produzione di energia rinnovabile è attività agricola.
Queste considerazioni sono legate fra loro e al problema reflui zootecnici, considerando che:
– i combustibili fossili contribuiscono all’effetto serra e che quindi devono essere sostituiti sempre più da fonti rinnovabili;
– le fonti rinnovabili, con l’avanzamento tecnologico e l’ineludibile incremento del prezzo dei combustibili fossili, diverrà sempre più competitivo;
– l’agricoltura sarà chiamata a produrre energia rinnovabile;
– energia rinnovabile può ed è già prodotta a partire dai reflui zootecnici attraverso la digestione anerobica (biogas);
– la produzione di biogas impiegando reflui zootecnici, determina modificazione del loro stato chimico-fisico e biologico che li rende utili per un loro riutilizzo agronomico oltre che più gestibili nel caso di trattamenti chimicofisici e biologici per la rimozione dell’azoto;
– la produzione di biogas, determina un volano economico che permette di fatto di investire in tecnologie per la gestione corretta del refluo zootecnico;
– una gestione corretta del refluo, significa una forte riduzione degli impatti che esso produce, mettendo l’agricoltura tra i primi posti nella promozione di sistemi produttivi sostenibile e ambientamenti compatibili, aspetto questo che deve trovare anche un ritorno economico diretto (più propensione del consumatore verso chi produce in tal modo), e indiretti, analisi costobenefici dovuta ai minori costi ambientali, sanitari ecc.
In tale contesto, la Regione Lombardia con l’Associazione regionale allevatori Lombardia (Aral), il Servizio assistenza tecnica agli allevamenti (Sata) ed in collaborazione con l’Università di Milano hanno promosso un progetto di ricerca (Progetto pilota) finanziato dalla Regione Lombardia stessa. Il progetto ha mirato a meglio definire, “sul campo”, quali sono attualmente e in un prossimo futuro, le strategie per il rispetto e il definitivo superamento della Direttiva nitrati. In particolare, per il comparto agro-zootecnico, il progetto si è focalizzato sulle corrette pratiche di gestione degli effluenti di allevamento, concentrandosi su diversi punti, non avendo la arroganza di esaurire quanto è disponibile sul mercato:
– l’analisi di situazioni gestionali già in essere o da attivare in merito alla dislocazione territoriale della frazione solida degli effluenti di allevamento (tal quale e/o trattato con separazione solido-liquido);
– utilizzo agronomico di reflui/digestati in parziale e completa sostituzione di fertilizzanti chimici, secondo nuovi schemi di distribuzione secondo modelli gestionali efficienti nell’uso dell’azoto e tracciabili sia per la localizzazione della distribuzione che per le quantità utilizzate;
– l’analisi di situazioni già in essere in merito ad impianti tecnologici per il trattamento della componente azotata degli effluenti di allevamento con riferimento a due tipologie d’impianto.
Questa comunicazione fa seguito ad una prima relativa all’utilizzo agronomico dei reflui digestati (Sommariva, 2009) e si riferisce ad un sistema innovativo ed ad alta efficienza per la rimozione dell’azoto da reflui/digestati.
TRATTAMENTO DEGLI EFFLUENTI N-FREE ®
Un impianto basato su tecnologia NFree ® è stato monitorato dai tecnici di Sata e dell’Università di Milano, Gruppo Ricicla – DiProVe,attraverso una campagna di campionamento e analisi di tutti gli stream in ingresso e uscita, per valutarne le caratteristiche, l’efficienza e la sostenibilità economica del processo proposto. I test, durante il primo anno di esercizio, sono stati effettuati su un liquame bovino fresco (7-8% di sostanza secca e oltre 2.000 ppm di azoto) ed hanno permesso di delineare con precisione il bilancio di massa, di azoto totale e di azoto ammoniacale.
La tecnologia presa in considerazione è costituita da trattamenti fisici sequenziali: ultracentrifugazione con decanter, ultrafiltrazione (UF), osmosi inversa (OI) e strippaggio a freddo dell’azoto ammoniacale. Tali processi accumulano la sostanza organica e minerale in una serie di concentrati, permettendo la depurazione di una parte consistente della frazione acquosa del refluo (in figura 2 sono visibili le unità fondamentali dell’impianto). Dopo OI, il liquido permeato è sottoposto a raffinazione su zeoliti e stoccato in un serbatoio di accumulo, analizzato in continuo per verificare che tutti i valori analitici siano nei limiti stabiliti dalla normativa vigente (tali valori, per ogni singolo batch, vengono registrati su Pc e sono quindi tracciati); solo allora il sistema da il consenso allo scarico finale in corpo idrico superficiale.
In figura 3 si evidenzia visivamente l’effetto del processo sugli stream liquidi a valle degli step di UF e di OI, le quali caratteristiche chimiche sono riportate in tabella 1.
I bilanci di massa completi relativi al processo descritto sono riportati in figura 4.
Come risultato dell’applicazione di questa tecnologia, basata su processi chimicofisici di concentrazione della sostanza organica e minerale, si ottengono, a partire da liquame bovino fresco (caso di studio):
– una riduzione di circa il 50% dei volumi del liquame iniziale da smaltire, in seguito allo scarico in acque superficiali di tale volume come acqua purificata ai sensi del D.L. 152/2006 (figura 4a);
– una riduzione del 2530% dell’azoto totale (Ntot) contenuto inizialmente nell’effluente bovino fresco (figura 4b);
– una riduzione di ca. 50% dell’azoto ammoniacale (NNH4+) contenuto inizialmente nell’effluente bovino fresco (figura 4c);
– una produzione complessiva (per ogni 100 t di liquame fresco) di circa 20-25 t di separati solidi palabili dal separatore a coclea e dal decanter (caratterizzazione chimica in tabella 2);
– una produzione complessiva (per ogni 100 t di liquame fresco) di circa 27-32 ton di concentrati liquidi dalle unità di UF e OI + strippaggio a freddo (caratterizzazione chimica in tabella 2);
– una produzione (per ogni 100 t di liquame fresco) di circa 1 t di soluzione di solfato ammonico (titolo 30%) dallo strippaggio dell’azoto ammoniacale, che ha già una collocazione nel mercato dei fertilizzanti, al quale l’azienda agricola produttrice può accedere tramite domanda d’iscrizione al “Registro dei fabbricanti di fertilizzanti”, secondo il Dl. 217/2006 (Disciplina in materia di fertilizzanti) e iscrizione del prodotto al “Registro dei fertilizzanti” per fertilizzanti convenzionali.
I vantaggi di questa tecnologia risiedono nella riduzione di almeno il 45-50% dei volumi di effluente da gestire (spandimenti etc.), nella riduzione dell’azoto totale del refluo da “smaltire” in pieno campo” (circa il 30% dell’Ntot) e nel recuperare l’N allontanato, sotto forma di solfato di ammonio concentrato che ha un valore di mercato di circa 50 €/t. Per quanto riguarda i concentrati, attualmente essi non hanno ancora trovato una loro utile collocazione e quindi devono essere “esportati” o utilizzati per fini agronomici in azienda (tabella 2). In un prossimo futuro è ipotizzabile un loro recupero per produrre fertilizzanti.
Gli aspetti economici del processo proposto sono illustrati analiticamente in tabella 3.
OTTIMIZZARE I PROCESSI DI RIMOZIONE DELL’N
La digestione anaerobica (DA) dei reflui zootecnici è un’opportunità unica non solo per la possibilità di produrre energia e dunque reddito, ma perché determina profonde modificazioni nelle caratteristiche chimico-fisiche tali aumentarne il valore agronomico e renderlo più facilmente “trattabile” con le tecnologie a disposizione. In particolare con riferimento alla tecnologia in discussione, la digestione anerobica, soprattutto per reflui suinicoli, permettendo un forte incremento della presenza di azoto ammoniacale scapito della frazione organica (figura 5), ed una forte riduzione della presenza di sostanza secca e Cod, stando ai primi dati a disposizione, permette migliori performance di rimozione dell’azoto stesso con tecnologia NFree ®, prefigurando una rimozione dell’azoto totale fino al 5060% o valori superiori.
In tal senso indagini tecnico-scientifiche sono in corso per verificare tali dati. Dunque, l’applicazione della tecnologia N-Free a digestati, non può che aumentare le sue performances in termini sia di bilancio di massa (diminuzione della massa dei concentrati a favorediunamaggiorpercentuale di acqua scaricabile), sia di bilancio d’azoto (diminuzione dell’azoto nei concentrati e aumento della produzione di solfato ammonico).
Andrea Schievano*, Claudio Ledda*, Silvia Salati*, Gabriele Boccasile**, Maria Lina Sandionigi**, Flavio Sommariva***, Fabrizio Adani*
*Gruppo Ricicla – Chimica Agraria Di.Pro.Ve., Università degli Studi diMilano
**DG Agricoltura Regione Lombardia
***SATA - Aral
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