Sono 19 i milioni di ettari salvati dalla deforestazione e 55 i miliardi di metri cubi d’acqua risparmiati. Rappresentano solo alcuni dei risultati, a vantaggio della biodiversità, ottenuti negli ultimi quindici anni nell’Unione europea grazie all’innovazione vegetale. Lo ricorda Assosementi, l’associazione che riunisce le aziende sementiere in Italia, in occasione della Giornata Mondiale della Biodiversità che si celebra oggi.
Come emerge dallo studio “The economic, social and environmental value of plant breeeding in the European Union” diffuso dalla piattaforma tecnologica europea “Plants for the future”, senza innovazione vegetale l’Unione europea avrebbe avuto bisogno negli ultimi quindici anni di 19 milioni di ettari in più di superficie agraria per produrre la stessa quantità di cibo.
Trasformare 19 milioni di ettari di foreste, aree umide e altri habitat in campi coltivati avrebbe lo stesso impatto che si otterrebbe deforestando un’area dell’Amazzonia pari alla superficie della Lettonia e al tempo stesso significherebbe rilasciare 3,4 miliardi di tonnellate di CO2, ovvero la stessa quantità di gas serra emessa ogni anno dal traffico veicolare in Germania. Inoltre, dal 2000 ad oggi l’innovazione vegetale ha permesso di risparmiare circa 55 miliardi di m3 d’acqua.
«Il settore sementiero svolge un ruolo decisivo per preservare la biodiversità e al tempo stesso creare nuove varietà sempre più performanti, in grado di soddisfare le esigenze di agricoltori e consumatori - ha dichiarato Giuseppe Carli, presidente di Assosementi. Queste nuove varietà, frutto dell’innovazione vegetale consentono, ad esempio, di prevenire o ridurre le perdite dei raccolti, perché più resistenti a malattie e infestanti».
«Sostenere l’innovazione vegetale significa sostenere la biodiversità. Ne sono consapevoli le aziende sementiere che investono in ricerca fino al 20% del loro fatturato annuo. Per questo, in occasione della Giornata Mondiale della Biodiversità, chiediamo alle istituzioni di perseguire l’obiettivo della semplificazione delle modalità di accesso alle risorse genetiche e di condivisione dei benefici che ne derivano, come previsto dal Trattato Fao cui l’Italia aderisce dal 2004, evitando procedure complesse e un’eccessiva burocrazia, alla portata solo di aziende particolarmente strutturate» ha aggiunto Carli.
«Al tempo stesso è fondamentale allargare il ventaglio delle specie coinvolte dal Trattato Fao e renderlo applicabile a tutte le risorse genetiche vegetali con utilizzo agricolo e alimentare, determinando per questi materiali l’esclusione dal regime operativo previsto dal Protocollo di Nagoya» ha concluso Carli.