È notizia di questi giorni che il mese di giugno del 2019 è stato il secondo mese di giugno più caldo di sempre, con una temperatura media di oltre 3 gradi superiore a quella attesa.
Il clima che cambia è una realtà con la quale l’agricoltura italiana (ed europea) sta facendo i conti ormai da anni.
Editoriale del numero 24 di Terra e Vita fresco di stampa
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Un assurdo tabù
Ma ciò che sorprende è che, nonostante siano sotto gli occhi di tutti il continuo aumento delle temperature così come il verificarsi di fenomeni estremi come trombe d’aria e grandinate, la tematica del clima venga vissuta paradossalmente ancora come un tabù.
O meglio tutti ne parlano, dai grandi della terra ai bambini, ma di quelle che sono le conseguenze o di come questi fenomeni impattano sulla redditività di migliaia di aziende agricole se ne parla troppo poco...
Caldo che brucia, grandine che bombarda
Nella pianura padana la temperatura media massima è aumentata in 40 anni di ben 2 gradi centigradi. Il caldo “anomalo” durante i mesi estivi incide negativamente sullo sviluppo delle piante, causando danni alle produzioni sia in termini di calo dei raccolti sia dal punto di vista qualitativo.
Quanto alle precipitazioni, pur se in termini complessivi sono rimaste in linea con la media degli ultimi anni, hanno visto accrescere la loro intensità: grandinate violente con chicchi come limoni non era certo qualcosa a cui eravamo abituati.
Ma quando termina la grandine, non si contano le centinaia e centinaia di campi che vedono i loro raccolti andati completamente perduti.
Malattie e insetti
Sempre legato al grande fenomeno dei cambiamenti climatici, c’è un altro grande problema che minaccia le produzioni ortofrutticole, quello delle malattie causate da funghi e/oi insetti che arrivano da altri continenti e che a partire da una decina di anni hanno invaso anche l’Italia.
Si tratta di danni che arrivano a compromettere la qualità del raccolto fino a il 60-70% della intera produzione e questi danni non sono assicurabili.
A favorire la diffusione di questi parassiti come la cimice asiatica, le batteriosi o certe malattie fungine è proprio l’aumento delle temperature.
Se continuiamo di questo passo, con cambiamenti climatici i cui effetti si susseguono con una velocità importante, arriviamo a rischiare anche di compromettere la tenuta di migliaia di piccole grandi aziende ortofrutticole.
Più ricerca e più indennizzi
Ecco perché auspico che le politiche comunitarie, compresa la futura politica agricola e la riforma delle regole comunitarie di controllo per l’import dei Paesi terzi tengano conto di questa situazione introducendo misure e strumenti adeguati per prevenire, per quanto possibile, tali eventi anche puntando sulla ricerca al fine di trovare soluzioni tecnico-operative efficaci per consentire la difesa da queste avversità biotiche/abiotiche e anche, infine, indennizzare le aziende agricole colpite.
Tutte le più importanti regioni produttive italiane - Emilia Romagna, Puglia, Trentino Alto Adige e Piemonte solo per citarne alcune - hanno subito gravi danni economici e perdite produttive per mele, pesche, ciliegie, pere, piccoli frutti e ora pomodori, proprio a causa degli sfasamenti stagionali che mandano in tilt le piante.
Ciò che rende grave e preoccupante la situazione è che gli agricoltori non hanno strumenti adeguati per difendere la produzione. Per patologie come la cascola dei frutti o altre malattie causate da funghi e insetti i produttori non hanno strumenti adeguati per difendersi. Molto spesso sono costretti a sostenere costi elevatissimi per una difesa che frequentemente poi si rivela inadeguata, complice anche il fatto che già da alcuni anni è in atto una drastica riduzione dei principi attivi utilizzabili nel comparto. È incontestabile che nel momento in cui un produttore subisce un danno sul 50-70 % della raccolta, non c’è davvero prezzo di mercato che riesca a coprire mai una tale perdita.