Liberare i produttori di uve da tavola apirene dal peso delle royalty da pagare per i brevetti delle società di breeding internazionali. E al tempo stesso accrescerne la competitività sui mercati mediante un ambizioso programma di miglioramento genetico mirato alla costituzione di nuove varietà apirene di uva da tavola adatte alle condizioni pedoclimatiche dell’Italia meridionale, in modo da poter esprimere al meglio le proprie caratteristiche. Sono i due obiettivi che sta perseguendo la rete di imprese meridionali per l’innovazione varietale nelle uve apirene denominata Italian Variety Club (IVC) e costituita da 20 fra le più importanti imprese di produzione e commercializzazione del comparto dell’uva da tavola, operanti in Puglia, Sicilia, Basilicata, Marche e Campania. Tali imprese sostengono il programma di miglioramento genetico realizzato con il supporto di due partner scientifici qualificati: lo spin-off Sinagri srl dell’Università di Bari e il Centro di ricerca, sperimentazione e formazione (Crsfa) “Basile Caramia” di Locorotondo (Ba).
Le prime selezioni promettenti ottenute dalle attività di breeding
Tali obiettivi la Rete IVC, tre anni dopo la sua presentazione ufficiale, ha cominciato a concretizzarli mostrando ai diversi partner, durante un’assemblea dei soci, le prime selezioni promettenti ottenute dalle attività di breeding.
«I semenzali finora ottenuti sono circa 15.000, di cui 9.500 derivati da incroci seme x apirena e 5.500 da incroci apirena x apirena, tutti a dimora in 4 ettari di vigneti di prima selezione ubicati nell’Azienda sperimentale Martucci dell’Università di Bari a Valenzano – ha comunicato Costantino Pirolo, responsabile tecnico IVC, dopo aver illustrato l’organizzazione del lavoro in seno al programma di miglioramento genetico, dai laboratori di coltura in vitro e analisi molecolare fino al campo –. Fra essi sono stati individuati 70 semenzali interessanti, che sono stati trasferiti nel vigneto di seconda selezione, a distanze e condizioni di coltura commerciali».
Sintetizzando i risultati finora ottenuti e tracciando le attività future, Carlo Fideghelli, presidente del comitato tecnico scientifico di IVC, si è soffermato sugli impegni «miranti alla costituzione di varietà con caratteri di resistenza alle maggiori crittogame (oidio, peronospora e muffa grigia), un filone da perseguire con molta attenzione. Attualmente sono stati ottenuti 1.200 semenzali da incroci per resistenza, che sono in corso di valutazione».
Un primo giudizio sulle selezioni
Nel corso dell’incontro ai soci della Rete IVC è stato chiesto di esprimere, attraverso la degustazione e la compilazione di una scheda di valutazione, un primo giudizio sulle selezioni, che potrebbero esordire, in tempi non troppo lontani, con la coltivazione su scala commerciale. 15 sono state le selezioni proposte: sei a bacca bianca, di cui due ad aroma moscato e una con sapore foxy; tre a bacca rossa di cui una con sapore foxy e sei a bacca nera.
La Rete IVC ha intrapreso una strada virtuosa per il comparto
«La Rete IVC è innovativa non solo per gli obiettivi, ma anche per la sinergia che è stata capace di creare tra le istituzioni pubbliche di ricerca e il mondo imprenditoriale – ha concluso il suo presidente Nicola Borracci –. Essa ha mostrato di saper creare e mettere a sistema competenze differenti, istituzioni pubbliche e imprese private per produrre innovazione e permettere di essere competitivi. Questa è davvero una strada virtuosa, forse tardivamente iniziata per il comparto dell’uva da tavola, ma l’unica possibile per svolgere ancora un ruolo da protagonisti nel mercato globale, dove fino a pochi anni fa l’Italia primeggiava».