Uva da tavola, l’annata 2021 in Puglia è fallimentare o con luci e ombre?

    Uva da tavola Puglia
    Coldiretti Puglia sostiene che il bilancio della campagna sia molto negativo, invece Consorzio Uva di Puglia Igp e Apeo, pur senza negare i problemi e le difficoltà del comparto, ritengono che tale valutazione sia esagerata

    Per Coldiretti Puglia «è da profondo rosso il bilancio della campagna dell’uva da tavola a conclusione dell’annata 2021, probabilmente la peggiore degli ultimi 10 anni, mentre si ha notizia dei container di uva pronti ad arrivare da Cile e Perù prima di Natale». Ma il Consorzio per la valorizzazione e la tutela dell’Uva di Puglia Igp e l’Apeo (Associazione dei produttori e degli esportatori ortofrutticoli pugliesi) sostengono che parlare di annata peggiore degli ultimi 10 anni sia un’esagerazione.

    Coldiretti Puglia: «Annata peggiore degli ultimi 10 anni»

    Savino Muraglia
    Savino Muraglia

    Coldiretti Puglia prende spunto dai danni causati all’uva da tavola ancora presente sui ceppi dall’eccessiva umidità relativa di novembre per affermare, attraverso il presidente Savino Muraglia, che «marcisce la pregiata uva da tavola pugliese nei campi e nelle celle per le mancate vendite a causa dei consumi crollati e con i prezzi in campagna ben al di sotto dei costi di produzione schizzati alle stelle nel 2021. È da profondo rosso il bilancio della campagna dell’uva da tavola stilato da Coldiretti Puglia a conclusione dell’annata 2021, probabilmente la peggiore degli ultimi 10 anni, mentre si ha notizia dei container di uva pronti ad arrivare da Cile e Perù prima di Natale. Per questo Coldiretti Puglia chiede di avviare campagne promozionali, intensificare i controlli e scovare i falsi per salvaguardare l’uva da tavola pugliese che genera un valore di oltre 400 milioni di euro con le 602.000 tonnellate di produzione, di cui il 60% destinato alle esportazioni in tutto il mondo».

    Mentre sui mercati esteri i prezzi delle uve senza seme brevettate hanno sostanzialmente tenuto, è stata invece una disfatta, aggiunge Muraglia, per le uve senza seme non brevettate. «Queste hanno attraversato un momento complesso per la scarsissima richiesta sui mercati per il crollo della richiesta soprattutto in piena stagione di taglio e per la difficile conservabilità dell’uva, resa precaria a causa delle nebbie di fine ottobre. La vera e propria débâcle è stata per le uve con seme tradizionali, con tutti gli areali giunti a produzione senza grandi problemi così che gli areali superspecializzati come quelli del Sud-Est barese non sono mai entrati in gioco».

    La campagna è partita sotto i migliori auspici grazie alle temperature favorevoli in fase di sfioritura, con gli impianti a tendone di qualsiasi varietà ricchi di prodotto (circa il 20-30% in più rispetto al 2020). «Ma i prezzi sono stati costantemente troppo bassi, al contempo i costi di produzione sono raddoppiati – prosegue Muraglia –. Sui mercati l’uva con seme è stata venduta nella Gdo quasi sempre a 0,99 €/kg seguendo le varietà e il periodo ma con percentuali in volume anche del -30/40%. L’Italia è il primo produttore al mondo con il 16% della produzione globale, la Puglia detiene il 74% della produzione nazionale, la provincia di Bari fa la parte del leone con 10.500 ettari e 2,2 milioni di quintali di produzione. Ma le importazioni di uva da tavola in Italia ammontano a 25.000 tonnellate (circa il 3,2% dei consumi interni), di queste una fetta consistente proviene dall’Europa (circa il 49%) e dall’America centro-meridionale (circa il 25%), in particolare da Cile e Perù, la restante parte da Africa (13,5%) e Asia (4,6%). Per sostenere le esportazioni e le nuove opportunità di lavoro legate all’uva da tavola occorre investire sulla competitività del Made in Italy, a partire dall’apertura a nuovi mercati esteri e dal superamento delle grandi difficoltà create dall’embargo russo, attraverso l’avvio e la promozione di un progetto “Ortofrutta italiana” che sponsorizzi i prodotti a marchio Italia sui mercati europei ed extraeuropei, così come stanno facendo la Spagna e la Francia».

    Consorzio Uva di Puglia Igp: «Non è annata disastrosa, Igp e aggregazioni possono farci decollare»

    Michele Laporta
    Michele Laporta

    «È vero, l’annata non è certamente delle migliori ed è vero anche che molta uva rimasta invenduta si sta deteriorando a causa dell'arrivo delle nebbie e dell’umidità abbondanti di queste ultime settimane. Credo però che sia un problema strutturale e ricorrente negli ultimi anni, bisogna lavorare sulle soluzioni. Cercare mercati lontani, difficilmente raggiungibili oggi con l'aumento dei costi dei trasporti, potrebbe risultare inefficiente, dobbiamo partire dal basso, incentivare le aggregazioni dei produttori e puntare su produzioni certificate Igp e innovare in varietà provenienti da filiere 100% italiane». Michele Laporta, presidente del Consorzio per la valorizzazione e la tutela dell’Uva di Puglia Igp e presidente dell’Op Agritalia con sede a Barletta, interviene sull’allarme lanciato da Coldiretti Puglia sul crollo dei consumi dell’uva da tavola. «Ho grande rispetto per la Coldiretti e condivido gran parte degli interventi dei colleghi, ma credo che parlare di annata peggiore degli ultimi 10 anni sia un’esagerazione. La stagione per l’uva da tavola è stata molto altalenante, ma le produzioni di qualità e soprattutto le uve certificate Igp hanno registrato ottime performance, vendendo volumi maggiori rispetto allo scorso anno, ma soprattutto incrociando sempre più retailer favorevoli all'inserimento di tale referenza. Peccato che in Puglia i produttori ignorino l'esistenza del Consorzio di tutela e valorizzazione dell'Uva di Puglia Igp: basti pensare che gli ettari iscritti non raggiungono l'1% delle superfici coltivate a uva da tavola. Abbiamo uno strumento utilissimo per promuovere il nostro prodotto, ma non lo sfruttiamo adeguatamente».

    L’uva pugliese, continua Laporta, è apprezzata e richiesta ovunque. «Siamo stati per decenni il giardino dell'Europa, ritorniamo a proporci su questi mercati dove negli ultimi anni abbiamo perso tanto. Evitiamo inutili strumentalizzazioni che troppo spesso mettono chi produce e chi commercializza gli uni contro gli altri. In Puglia produciamo una grande quantità di uva da tavola, c'è bisogno di più cooperazione. Aggregare le filiere della produzione e della commercializzazione porterebbe a ottenere più vantaggi per il territorio».

    Laporta è d’accordo con Coldiretti sulla necessità di intensificare i controlli per aumentare la sicurezza nella filiera, «un problema che va monitorato», così come sul riconoscimento della qualità dell’uva pugliese, «sempre più alta e rispondente alle necessità del mercato, sana e rispettosa dell'ambiente».

    Diverso è invece il punto di vista sulle uve senza semi: «A Coldiretti forse sfugge che si sono costituite filiere al 100% italiane, con varietà registrate e libere da royalty sulla commercializzazione – sottolinea Laporta –. Io credo che si debbano cercare intese con il mercato e non provocare scontri. Non possiamo essere contro a prescindere, nei confronti dei breeder internazionali, piuttosto dobbiamo lavorare insieme, puntando su una filiera italiana, facendo emergere il made in Italy. Sono convinto che c'è tanto altro che possiamo fare, perciò è ora di cominciare. L’Igp e l’aggregazione, dal nostro osservatorio, hanno prodotto risultati positivi».

    Apeo: «Annata più che discreta, ma manca progetto nazionale per comparto»

    Giacomo Suglia
    Giacomo Suglia

    Anche per Giacomo Suglia, presidente dell’Apeo e vicepresidente di Fruitimprese, oltre che amministratore unico della Ermes di Noicattaro (Ba), la valutazione complessiva di Coldiretti Puglia sull’annata 2021 è esagerata.

    «Le rese sono state buone e la qualità eccellente, una delle migliori delle ultime annate. Almeno sino alla fine di ottobre l’andamento climatico è stato clemente, quello che noi produttori di uva da tavola ci auguriamo: è piovuto poco, ma non abbiamo sofferto la siccità, perché possiamo contare sui pozzi da cui prelevare l’acqua nella quantità e nei tempi ideali per l’uva da tavola».

    Gli unici nei, per Suglia, sono stati il calo dei prezzi al produttore e l’aumento dei costi di produzione. «I prezzi sono diminuiti del 10-15% rispetto al 2020, sono lo specchio di un’economia, in Italia e altrove, in affanno. I costi invece sono aumentati, sia quelli dei mezzi tecnici, come gasolio, imballaggi, ecc., sia quelli dei trasporti e di altri servizi. Ma, a mio avviso, alcuni di tali costi sono cresciuti non perché ci sia chissà quale grande ripresa a livello mondiale, bensì per manovre speculative messe in atto da multinazionali».

    Certo, aggiunge Suglia, se l’analisi dell’andamento della campagna dell’uva da tavola in Puglia viene limitata al mese di novembre, non si può dire che sia andata bene. «Le nebbie e le piogge novembrine, in un contesto climatico sostanzialmente caldo-umido, hanno favorito lo sviluppo di agenti patogeni, in particolare della botrite, sull’uva da tavola ancora sui ceppi, pressoché tutta della varietà Italia, danneggiandola seriamente. Ma da questo a dire che tutta l’annata è andata male, ne passa. Le uve senza semi, soprattutto quelle brevettate, sono state molto richieste dai mercati, ma anche la domanda di uve con semi è stata buona».

    Ciò che realmente preoccupa, conclude Suglia, «è la mancanza in Italia, che è il primo Paese in Europa produttore di uva da tavola, di un progetto serio sul futuro del comparto. Progetti che, invece, Spagna, Grecia e Portogallo, pur producendo meno uva da tavola, possono vantare di avere!»

    Uva da tavola, l’annata 2021 in Puglia è fallimentare o con luci e ombre? - Ultima modifica: 2021-11-30T12:54:33+01:00 da Giuseppe Francesco Sportelli

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