Mi devo iscrivere all’Inps o basta la Camera di Commercio? Meglio affittare i terreni anche quest’anno o tenerli per non perdere i titoli? Quali colture seminare per minimizzare il greening?
Anche dopo l’approvazione la Pac 2014-2020 continua a sollevare incertezze. Edagricole e Agrinsieme Emilia-Romagna hanno voluto tracciare qualche punto fermo nell’incontro che abbiamo organizzato a Bologna lo scorso venerdì 21 febbraio.
Con Paolo De Castro, uno dei protagonisti della riforma, e Angelo Frascarelli, tra i massimi esperti del settore, ad assorbire le “botte” delle domande sparate dalla folla degli oltre 450 imprenditori accorsi nelle sale dell’Hotel Savoia Regency. La cui attività sarà condizionata dalle scelte connesse alla riforma, a partire dalla definizione di agricoltore attivo. «Due terzi delle aziende rischiano di essere escluse dai titoli – ha stigmatizzato Marco Bergami di Cia Bologna – cosa suggerite di fare?».
«La partita nazionale – ha risposto De Castro – rimane del tutto aperta sia per quanto riguarda i Psr (già operativi da quest’anno) che per l’implementazione della Pac. La grande flessibilità concessa alle scelte degli Stati membri è uno dei vantaggi della riforma. Il problema è che in Italia non stiamo facendo nessuna scelta. Bisogna fare in fretta, invece prevale una forte conflittualità su tutti i temi. La decisione sull’imprenditore attivo è la prima da prendere, perchè ha effetto anche suiPsr, che devono diventare operativi entro un mese e mezzo».
«Sconsiglio iscrizioni affrettate all’Inps – afferma Frascarelli –. Le posizioni a confronto in Italia sono due: semplice iscrizione alle camere di commercio, che riguarda circa 800mila aziende (sulla platea di 1,25 milioni che oggi ricevono i titoli Pac), oppure l’ipotesi avanzata da alcune associazioni agricole di restringerli solo a Iap e coltivatori diretti, circa 450mila aziende. Per ora non ci sono orientamenti predominanti, si può supporre che prevalga una soluzione intermedia». Secondo De Castro il punto di incontro si troverà sul criterio di “prevalenza dell’attività agricola”. Frascarelli ha fugato i dubbi sull’inclusione delle società di persone. De Castro ha aggiunto che anche in Italia occorre lavorare sulla definizione della black list.
«Cosa fare – hanno chiesto molti – nella rinegoziazione dei contratti d’affitto?». «Il meccanismo – ammette De Castro – per il calcolo del valore unitario dei titoli può causare una certa vischiosità in questo mercato». «I pagamenti percepiti nel 2014 – conferma Frascarelli – saranno suddivisi sulle superfici indicate nella domanda 2015, per cui sussistono remore ad affittare. Sconsiglio di cambiare abitudini. Molti proprietari possono infatti non ricadere nella definizione di agricoltore attivo (si veda Terra e Vita 5/2014)».
Dubbi anche sulla convergenza: «trovate corretto – ha chiesto Carlo Bocchi – salvaguardare chi è già stato agevolato in passato da una contribuzione elevata?».
«Il modello di convergenza parziale “all’irlandese” dovrebbe essere quello adottato in Italia – ha assicurato Frascarelli –. Prevede un graduale passaggio verso valori più omogenei, senza tuttavia raggiungere l’uniformità nel 2019 (Terra e Vita 48/2013). Il nostro paese non vuole penalizzare troppo chi possiede oggi titoli elevati (allevatori, pomodoricoltori, tabacchicoltori, risicoltori, olivicoltori, ecc.). Il vincolo del “guadagno insperato” (art. 28) dovrebbe evitare eventuali distorsioni nell’applicazione».
Convergenza e “salti”
«La definizione “all’irlandese” – aggiunge De Castro – non significa che questo modello tuteli gli interessi dei Nord Europei, tutt’altro. Il problema della convergenza è infatti particolarmente grave solo in Italia, a causa dei ritardi accumulati nel riallineamento dei titoli. Per molti settori si tratta di subire un notevole “salto” negli aiuti già nel 2015. Questo dipenderà anche dalle scelte nazionali sulle superfici elegibili. Fissare ad esempio una soglia minima di 300 €/anno escluderebbe circa 250mila mini-aziende per cui la Pac rischia di essere solo un peso. E contribuirebbe a ridurre il “salto”».
Altra scelta fondamentale: gli aiuti accoppiati. «L’Italia – ha chiesto Antonio Scienza – seguirà l’esempio francese di sostenere la zootecnia da carne? «Le risorse a disposizione – è la risposta –sono elevate (585 milioni, pari al 15% del massimale dei pagamenti diretti nel 2015, contro i 252 previsti oggi dall’art. 68). Un sostegno per la zootecnia è necessario, non solo per seguire le scelte dei paesi concorrenti, ma anche per far fronte alla perdita di circa 80 milioni concessi oggi con i premi alla macellazione. Dall’accoppiamento deriveranno anche risorse importanti per le colture proteiche, per le quali l’aiuto accoppiato può crescere del 2% (75 milioni, ma soia, girasole e colza sono esclusi)».
I vincoli del greening
«Basta seminare erba medica – hanno chiesto alcuni agricoltori marchigiani – per essere esclusi dal greening?». «Quali sono i vincoli – ha chiesto Elisa Trombin, sindaco di Jolanda di Savoia (Fe) per chi coltiva 50 ettari di riso e 50 di mais?». «Basta l’erba medica – ha chiesto Francesco Cavazza – coltivata nel 20% di superficie bio di un’azienda ad indirizzo misto bio-convenzionale?». «Il pagamento ecologico prevede diversi step nella diversificazione colturale in base alla superficie (esenzione sotto i 10 ettari, due colture tra 10 e 30, tre oltre i 30) e la predisposizione del 5% di aree a interesse ecologico. Vincoli che riguardano solo le colture arabili. L’erba medica consente di evitare questo vincolo solo se occupa il 75% della superficie (e il rimanente non superi i 30 ettari). Il riso deve invece occupare l’intera superficie, quindi nel caso ferrarese occorre prevedere il 5% (e non il 2,5%) di aree ecologiche. Il bio è di per sè greening conforme, ma nel caso dell’azienda mista non basta ad evitare i vincoli sul rimanente 80% di superficie. Occorre introdurre meccanismi per evitare che ciò si risolva in un disincentivo per la medica bio». Ibrahim Saadeh, presidente di “Italia Ortofrutta” commentando l’Ocm unica ha evidenziato il punto critico della scarsità di strumenti anti-crisi. De Castro ha messo in luce l’accresciuta importanza dell’offerta organizzata, con la possibilità di programmazione produttiva rispristinata nel settore dei formaggi e allargata a quello delle carni conservate. E ha evidenziato il superamento del vincolo del tetto di fatturato per accedere alla misura “Investimenti” dei Psr. In definitiva l’unica “botta” che non ha trovato risposta nel convegno è stato il quesito: «è vero che il nostro Paese ha sbagliato le previsioni – in difetto – riguardo alle superfici agricole totali, e che questo ci è costato in termini di risorse nazionali?». «No comment» è stata la risposta di De Castro. E anche di Frascarelli.