Patogeni alieni invasivi, prevenire è la parola d’ordine

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Bruno Scanu, ricercatore in Patologia vegetale presso il Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Sassari.
Il giovane ricercatore dell’Università degli Studi di Sassari, Bruno Scanu, non ha dubbi «Per limitare la diffusione dei patogeni che aggrediscono le nostre piante in ambito agricolo e forestale dobbiamo giocare d’anticipo: più controlli rapidi ed efficaci sul materiale vegetale in arrivo alle frontiere e più ricerca in campo per prevenire ed eradicare le specie maggiormente dannose»

La globalizzazione dei mercati e l’intensificazione dei flussi commerciali espongono sempre più frequentemente le nostre produzioni agricole e forestali a nuove emergenze fitosanitarie, causate dall’arrivo di materiale vegetale infetto e da nuovi patogeni.

In campo fitopatologico si registra un aumento delle invasioni biologiche da organismi alieni, invasivi e da quarantena, con importanti ripercussioni a livello economico e ambientale.

Il nostro Paese, per collocazione geografica e condizioni climatiche (alte temperature e anomala distribuzione delle precipitazioni) è fortemente esposto al rischio di introduzione e diffusione di tali microorganismi fitopatogeni.

Con Bruno Scanu, giovane ricercatore in patologia vegetale presso il dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Sassari, analizziamo impatti e strategie utili per contrastare l’espansione delle specie aliene sul nostro territorio.

Qual è l’impatto economico e ambientale che le specie aliene provocano?

La Fao ha stimato una perdita economica globale di oltre 200mld di dollari a causa delle malattie delle piante. Emblematico è il caso della Xylella fastidiosa, un batterio che dal 2013 sta devastando gli oliveti del Salento in Puglia, causando il disseccamento e la morte di milioni di piante di olivo, con enormi danni al settore olivicolo-oleario. Un altro esempio di specie esotica invasiva è rappresentato dalla Phytophthora cinnamomi, un patogeno estremamente aggressivo, inserito nella lista del Global Invasive Species Database e considerato tra i 100 patogeni alieni più pericolosi a livello mondiale. Particolare preoccupazione desta la sua diffusione nei boschi di querce mediterranee con un grave impatto a livello ecosistemico.

Quante specie aliene sono presenti sul nostro territorio? E quante si sono adattate?

Difficile quantificare il numero delle specie aliene presenti, anche perché di quelle che arrivano non tutte riescono ad adattarsi al nuovo ambiente, anzi la maggior parte di esse si estingue rapidamente. In alcuni casi però certe specie possono trovare condizioni ambientali favorevoli per il loro sviluppo e diffusione e, in assenza di competitori naturali, possono causare malattie con danni talvolta molto ingenti. A livello nazionale ciascun Paese ha predisposto delle liste da quarantena, gestite dall’Eppo (European and mediterranean plant protection organization), organismo responsabile della cooperazione internazionale nel settore della difesa fitosanitaria nella regione Europea e Mediterranea. Attualmente tra i patogeni alieni segnalati nelle regioni gestite dall’Eppo sono presenti ben 85 specie (tra virus, batteri, funghi e oomiceti) e per le quali si ritiene necessario applicare immediate e mirate misure fitosanitarie.

All’aumento di specie aliene corrisponde un aumento degli eventi epidemici?

Gli eventi epidemici in campo agrario o forestale nella maggior parte dei casi sono associati a specie esotiche invasive. Questo perché l’ospite (la pianta) non essendosi coevoluto con il patogeno non ha sviluppato resistenza nei suoi confronti. Un esempio calzante, oggetto della mia ricerca, è rappresentato da specie appartenenti al genere Phytophthora, un gruppo di patogeni responsabili di uno degli eventi epidemici più gravi nella storia dell’agricoltura, la peronospora della patata (causata da Phytophthora infestans), diffusa in Europa dal continente americano intorno al 1845.

Questo patogeno ancora oggi rappresenta un serio problema per le coltivazioni di patate causando danni economici intorno a 1mld di euro l’anno solo in Europa. Negli ultimi due decenni si è assistito a un incremento esponenziale del numero di specie di Phytophthora, spesso scoperte fuori dai loro habitat naturali – nel 2000 si conoscevano 55 specie oggi siamo a quasi 200. Le statistiche indicano un forte aumento degli eventi epidemici causati da specie esotiche invasive, soprattutto in campo forestale. Tra queste, la Phytophthora ramorum, patogeno di origine asiatica, rinvenuto per la prima volta in California intorno alla fine degli anni ‘90, dove ha causato la morte di milioni di querce native. Nel 2001 il patogeno è arrivato in Europa attraverso materiale vivaistico infetto, diffondendosi rapidamente in tutti i paesi membri.

Secondo l’Efsa (European food safety authority), la Phytophthora ramorum rappresenta una minaccia concreta per foreste, parchi e giardini d’Europa. In Italia la sua diffusione è limitata all’ambiente vivaistico con gravi effetti sul commercio delle piante ornamentali, un comparto che nel nostro Paese vale 2,7mld di euro di fatturato.

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Colonia e oospora di Phytophthora
Quindi i vivai di piante forestali e ornamentali rappresentano degli hotspot per la Phytophthora?

Purtroppo sì. I vivai sono un ambiente particolarmente idoneo per lo sviluppo di malattie di origine crittogamica: specie vegetali diverse, provenienti da aree geografiche diverse, vengono coltivate in spazi ristretti creando le condizioni ideali di sviluppo di patogeni anche su specie che in natura non sono ospiti preferenziali. In un recente studio condotto in collaborazione con 38 gruppi di ricerca su oltre 700 vivai dislocati in 23 paesi europei abbiamo messo in evidenza la diffusione di numerose specie esotiche e stimato che una superficie forestale di circa 17,6 milioni di ettari sia stata rimboschita, attraverso i programmi Cee (per esempio Reg. 2080/92), con materiale vivaistico infetto.

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Disseccamento di piante di sughera causato da Phytophthora cinnamomi
Come limitare la diffusione di tali agenti patogeni e il diffondersi di epidemie?

Il sistema fitosanitario europeo si basa su un approccio di sistema “aperto” dove, nel rispetto della libera circolazione delle merci, tutto può essere importato ad eccezione di ciò che è vietato. Pertanto, le uniche misure efficaci per limitare l’ingresso di specie esotiche dannose sono quelle di tipo preventivo, a partire da severi controlli sul materiale vegetale all’ingresso, attraverso l’impiego di metodi diagnostici rapidi ed efficaci per l’identificazione dei patogeni vegetali.

La ricerca, in particolare nel settore agricolo, ha fatto passi da gigante sviluppando nuove strategie di lotta integrata indirizzate a una maggiore sostenibilità. Nello specifico, promettenti risultati arrivano dall’impiego di prodotti alternativi agli agrofarmaci di sintesi, come terreni e substrati repressivi, fertilizzanti biobased e microrganismi antagonisti.

Quali gli antagonisti naturali e quali le specie vegetali più resistenti?

Un interesse sempre maggiore è riservato appunto agli antagonisti naturali che possono essere impiegati come agenti di biocontrollo. Questi comprendono diversi microorganismi tra cui funghi del genere Trichoderma e batteri del genere Bacillus, utilizzati sia in coltura pura che in combinazione con micorrize, in grado di promuovere la crescita e allo stesso tempo attivare risposte naturali di difesa delle piante. Esistono in natura specie vegetali resistenti, ossia piante che si sono coevolute con i patogeni e pertanto andrebbero studiate.

Quali misure andrebbero incrementate per preservare i sistemi agro-forestali dall’invasione di patogeni alieni e invasivi?

Miliardi di piante e una grande quantità di prodotti vegetali circolano all’interno del mercato europeo o sono importati da paesi terzi. Dobbiamo essere preparati, sviluppare metodi diagnostici sempre più efficaci e rapidi. La mancanza di una politica europea in questo settore evidenzia la debolezza del sistema; sarà sempre più facile la diffusione nei vari habitat di nuove infezioni con effetti imprevedibili. Pertanto, e soprattutto nelle aree ecologicamente più fragili, bisognerebbe effettuare controlli più robusti a tutti i livelli e attuare tempestivamente le più opportune strategie di lotta sia per prevenire che per eradicare le specie patogene più dannose. Questa è la sfida per la salvaguardia presente e futura della biodiversità dei sistemi agricoli e forestali che non può essere ignorata.

Inoltre bisognerebbe puntare sull’implementazione in campo delle nuove tecniche di breeding (Nbt-Tea), capaci di contribuire in modo significativo alla scoperta di nuove varietà resistenti alle malattie riducendo l’impatto dei prodotti chimici e dei costi di gestione.

Come informare efficacemente gli agricoltori sulle conseguenze delle invasioni biologiche?

È importantissimo sensibilizzare le categorie maggiormente coinvolte (tecnici, agronomi, agricoltori, forestali etc.) attraverso specifici programmi di formazione avanzata, eventi dimostrativi e attività di comunicazione specifiche. I giovani ricercatori possono fornire un impulso significativo al settore, elaborando nuove strategie di ricerca, sviluppando protocolli diagnostici rapidi, sperimentando nuove misure di contenimento ed eradicazione, anche attraverso lo sviluppo di nuovi prodotti di lotta biologica.

Vista la complessità del sistema, ritengo importante l’adozione di un approccio multidisciplinare; iniziative come quelle proposte da Aissa#under40 volte a creare nuove relazioni, individuare network trasversali e condividere esperienze operative interdisciplinari tra i giovani, devono essere incentivate tra le società scientifiche per affrontare le sfide future.

Leggi anche: Il futuro della ricerca in agricoltura è giovane

Patogeni alieni invasivi, prevenire è la parola d’ordine - Ultima modifica: 2021-08-03T15:47:37+02:00 da Laura Saggio

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