L'idea non si discute: ridurre l'impatto ambientale delle attività agricole e tagliare l'utilizzo dei farmaci zootecnici. Ma la strada indicata per arrivarci, gli ecoschemi, oggi è tutta in salita, piena di insidie e incognite. Le criticità agronomiche e le possibili conseguenze economiche per le aziende agricole che volessero applicare una delle cinque condizionalità volontarie inserite dall'Italia nel Piano strategico Pac sono notevoli. Servirebbero quindi correzioni e aggiustamenti da qui a giugno, quando il Psp dovrà essere approvato definitivamente, salvo deroghe.
Dei punti di forza, dei talloni d'Achille e delle possibili modifiche per migliorare gli ecoschemi si è parlato al convegno organizzato da Edagricole e Terra è Vita a Verona, durante Fieragricola.
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Roberto Edoardo Villa, professore di Farmacologia e Tossicologia Veterinaria del Dipartimento di Medicina Veterinaria e Scienze Animali (Divas) dell'Università degli Studi di Milano ha illustrato l'eco-schema 1 sul benessere animale, che prevede uno stanziamento di 370 milioni di euro l'anno per il quinquennio 2023-2027 (il 42% del totale delle risorse destinate agli ecoschemi). Secondo il docente gli incentivi andrebbero utilizzati per migliorare le condizioni di allevamento e ridurre le patologie.
Alberto Palliotti, docente di Viticoltura I e II e Arboricoltura Ambientale all'Università di Perugia ha spiegato vizi e virtù dell'eco-schema 2, dedicato all'inerbimento delle colture arboree, per il quale il Psp ha previsto una spesa di 153 milioni di euro l'anno (il 18% del totale). Secondo Palliotti per le aziende convenzionali l’importo di 120 €/ha l’anno non copre i costi di gestione, nemmeno in caso di inerbimento naturale. Mentre nelle aziende che già utilizzano questo tipo di gestione, quali quelle biologiche, il contributo rappresenta un sostegno aggiuntivo al reddito di base.
Rita Biasi, docente dell'Università della Tuscia ha invece trattato l'eco-schema 3, dedicato alla tutela paesaggistica degli oliveti storici. Sono 147,8 i milioni di euro l'anno destinati a premiare gli agricoltori che applicheranno le prescrizioni previste (il 17% del totale).
Tra le criticità di questo eco-schema c'è il fatto che non sempre la potatura viene praticata con periodicità annuale per difficoltà date dalla dimensione delle piante, l’impervietà o l’eterogeneità dell’oliveto, la monumentalità degli esemplari. Una potatura svincolata dall’obiettivo dell’equilibrio vegeto-produttivo delle piante di olivo potrebbe risolversi in un deturpamento degli oliveti e, invece che recuperarli al paesaggio, predisporli a un ulteriore degrado.
Amedeo Reyneri, docente di agronomia al Disafa dell'Università di Torino ha fatto le pulci all'ecoschema 4, che riguarda i sistemi foraggeri estensivi, per il quale sono stati stanziati 160 milioni di euro l'anno. Qui le note dolenti sono diverse, a partire dalla poca chiarezza del testo e dall'incertezza che oggi resta sulle colture che si possono inserire nelle rotazioni. Una simulazione indica che l'eco-schema può essere conveniente soprattutto al Sud per frumento duro, orzo e girasole, al Centro per tenero, duro e orzo, mentre al Nord sarebbe conveniente solo per l'orzo.
Infine, Giacinto Salvatore Germinara, docente all'Università di Foggia, ha illustrato l'eco-schema 5 che incentiva la destinazione di superfici agricole per colture a perdere di interesse mellifero. Per la natura delle misure previste dall’eco-schema è di fondamentale importanza garantire una loro applicazione almeno a livello comprensoriale (area wide) in quanto l’efficacia delle stesse appare direttamente proporzionale alla superficie interessata.
Nella sua forma attuale l’eco-schema non appare di facile accesso in tutti contesti agricoli italiani. Il mantenimento di una copertura dedicata con piante di interesse apistico
spontanee o seminate e il divieto di asportazione, sfalcio, trinciatura o sfibratura delle piante di interesse apistico, per esempio, in Puglia contrasta nettamente con le misure
previste dal decreto di lotta obbligatoria ai vettori di Xylella fastidiosa ed in particolare con quelle che riguardano il controllo delle forme giovanili mediante lavorazioni superficiali del terreno, trinciatura, pirodiserbo ecc.
Frascarelli: «Percorso inevitabile, gli agricoltori si abitueranno»
Dopo l'illustrazione dei cinque ecoschemi si è svolta una tavola rotonda a cui hanno partecipato il coordinatore del comitato tecnico scientifico di Edagricole Michele Pisante, il presidente di Ismea Angelo Frascarelli e il responsabile dell'autorità di gestione del Psr del Veneto Franco Contarin.
Durante la discussione è stata ribadita la volontà di recapitare al Mipaaf le osservazioni utili a migliorare gli ecoschemi per renderli più efficaci e convenienti per gli agricoltori. Il presidente di Ismea Angelo Frascarelli ha rassicurato sul fatto che i soldi stanziati non andranno persi, perché se gli ecoschemi dovessero avere scarso appeal, i soldi non impegnati non torneranno a Bruxelles ma saranno dirottati su altre misure della Pac o sui Psr. Frascarelli si è però detto sicuro che alla fine gli imprenditori agricoli capiranno i vantaggi di aderire agli ecoschemi.
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