L’agricoltura cambia e il fisco si adegua

fisco
Ecco tutte le novità contenute nella bozza di Decreto legislativo. Contribuiranno a formare il reddito agrario anche i ricavi delle colture fuori suolo e i crediti di carbonio

Con lo schema di decreto legislativo sul fisco reso noto a fine aprile, il Governo intende dare esecuzione alla delega contenuta negli articoli 5, 6 e 9 della legge 9 agosto 2023 n. 111. Lo schema di decreto contiene anche la riforma dell’imposizione sul reddito delle imprese agricole. Riguardo al settore primario, sebbene l’intervento legislativo (ancora in itinere) confermi l’appartenenza del reddito dell’imprenditore agricolo tra quelli fondiari, lasciando sostanzialmente immutato il quadro precedente, le modifiche contenute nel testo del decreto hanno una tale rilevanza che si può parlare di una vera e propria riforma, poiché cambiano il paradigma dell’art. 32 del Tuir (Testo unico delle imposte sui redditi).

All’indomani della revisione dell’articolo 2135 del Codice civile, compiuta dalla legge di orientamento del 2001, il legislatore, con la legge n. 350/2003, ha compiuto un’operazione di parziale riallineamento della normativa fiscale a quella civilistica di attività agricola, lasciando tuttavia come caposaldo la “potenzialità del terreno” (cioè del fondo). La riforma del 2003 ha lasciato in tal modo nell’indeterminatezza i moderni sistemi di produzione dei vegetali che potenzialmente possono utilizzare il fondo e le acque, ma che di fatto si sviluppano in luoghi protetti, fuori dal fondo o sopra il fondo.

Le modifiche hanno interessato i seguenti articoli del Tuir:
  • art. 28 (determinazione del reddito dominicale) con l’aggiunta dei commi 4-ter e 4-quater;
  • art. 32 (reddito agrario) con riformulazione del comma 1 e l’aggiunta al comma 2 delle lettere b-bis) e b-ter), l’inserimento del comma 3-bis;
  • art. 34 (determinazione del reddito agrario) con l’inserimento del comma 4-bis;
  • art. 36 (reddito dei fabbricati) con l’inserimento del comma 3.1
  • art. 56-bis (altre attività agricole) con la riformulazione del comma 1e del comma 4, l’inserimento del comma 3-ter;
  • art. 81 (reddito complessivo delle società) con l’aggiunta al comma 1 di alcune parole.

In base a queste modifiche vediamo nel dettaglio cosa cambia per il fisco delle aziende agricole.

Oltre i limiti del “fondo”

Il nuovo testo normativo proposto dal Governo supera l’ormai angusto e incerto perimetro dei “limiti della potenzialità del fondo” (e la susseguente necessità che le attività agricole siano su di esso esercitate) sostituendolo con la più ampia nozione di “attività agricole”. Cosicché il reddito agrario diviene il “reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati nell’esercizio delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile”.

In altri termini, la modifica legislativa all’art. 32, primo comma, apre la strada all’ingresso nella definizione di reddito agrario di sofisticati sistemi di produzione vegetale che non hanno necessità di terreni e che possono avvenire in qualunque luogo, generalmente in strutture protette quali, oltre alle serre, in fabbricati a destinazione agricola, industriale, commerciale e artigianale, oppure dismessi e riconvertiti a tale scopo. Ciò che importa è che avvenga “la cura e lo sviluppo del ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso”, come imposto dal secondo comma dell’art. 2135 del codice civile.

Nonostante sia rimasto il riferimento ai “terreni”, per tali non si intenderanno più solo ed esclusivamente i “campi”, cioè un delimitato spazio fisico di terreno (o di bosco) collocato in un ambiente naturale dove è consentito (o non è vietato) svolgere un’attività agricola imprenditoriale, bensì anche gli spazi fisici artificiali sui quali insiste la produzione vegetale (terreni “virtuali”). Assumeranno, infatti, tale qualificazione anche le particelle “urbane” sulle quali insistono i fabbricati entro i quali avviene la produzione di vegetali e, a regime, gli spazi interni ai fabbricati medesimi, ovunque collocati.

Pur non essendo una novità assoluta, poiché la precedente normativa ammetteva già la produzione di vegetali fuori suolo, purché sul fondo, si può affermare che la novella legislativa da un lato è confermativa e dall’altra introduce aspetti di novità che ampliano drasticamente la definizione di reddito da attività agricole catastalmente determinabili, dando ora un quadro di certezza sia per le attività già riconosciute in tale ambito che per quelle che prima non vi erano contemplate.

Vengono ora disgiunte le produzioni vegetali in strutture fisse e mobili da quelle ricavate con l’utilizzo di fabbricati, e, tramite nuove classi e qualità di colture, si determinerà il reddito dominicale e agrario delle superfici destinate alla produzione di vegetali fuori terra, tenendo conto dei più evoluti sistemi di coltivazione (produzione), vale a dire di quei sistemi in grado di ridurre, tra l’altro, il consumo di acqua, rendere più salubri i prodotti vegetali e sottrarli agli effetti distruttivi dei cambiamenti climatici (quali le cosiddette vertical farm, le colture idroponiche, ecc.). In attesa del decreto ministeriale attuativo, i redditi dominicale e agrario sono determinati, per le produzioni in immobili censiti al catasto fabbricati, applicando alla superficie della particella sui cui insiste l’immobile la tariffa d’estimo più alta in provincia, incrementata del 400%.

Crediti di carbonio e società

La seconda novità di assoluto rilievo consiste nell’ingresso tra le attività che generano reddito agrario quelle dirette alla produzione di beni, anche immateriali, realizzate mediante la coltivazione, l’allevamento e la silvicoltura che concorrono alla tutela dell’ambiente e alla lotta ai cambiamenti climatici. Si tratta, in prima battuta, della cessione dei “carbon credit”, cioè quei titoli negoziabili generati dall’impresa agricola nelle sue attività tramite riduzioni di emissioni di anidride carbonica o altri gas serra, oppure alla sua cattura con iniziative produttive idonee a tale scopo.

La previsione legislativa appare del tutto coerente con il nuovo paradigma, riconoscendo che la generazione di tali beni, ancorché immateriali, è a pieno titolo un’attività connessa di “fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola”, a norma del 3° comma dell’art. 2135 del codice civile.

Vi è, infine, l’estensione alle società agricole diverse dalle semplici, che abbiano optato per la determinazione del reddito con i criteri catastali, di tutti i regimi forfettari previsti dall’art. 56-bis del Tuir. Anche queste società potranno quindi avvalersi del forfait per la produzione di vegetali eccedenti i limiti del reddito agrario, l’attività di manipolazione e trasformazione di prodotti agricoli non compresi nell’apposito decreto ministeriale e la fornitura di servizi di cui al terzo comma dell’art. 2135 del Codice civile, la commercializzazione di piante vive e della floricoltura da parte dei florovivaisti nel limite del 10% del volume d’affari, ecc.

È il riconoscimento, non solo formale, che il reddito agrario è il reddito tipico dell’impresa agricola e, come una sorta di astro, attrae nella propria orbita tutte le attività agricole, comprese quelle connesse, anche se ne sono escluse, fornendo comunque ad esse la caratteristica dell’agrarietà, indipendentemente dal fatto che siano o meno classificate tra i redditi d’impresa.

Il pregevole risultato della riforma fiscale relativamente al settore agricolo non deve comunque mettere nell’oblio un ulteriore approdo riformista: l’istituzione di uno specifico capo nel testo unico delle imposte sui redditi dedicato ai “Redditi dell’impresa agricola” con l’accorpamento in esso di tutte le disposizioni reddituali ad essa riferibili.

Un nuovo paradigma

Il primo comma dell’art. 32 del Tuir viene sostituito il riferimento alla potenzialità del terreno e alle attività esercitate su di esso con le attività agricole di cui all’art. 2135 c.c.

  1. Il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati nell’esercizio delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile.

Il riferimento ai “terreni” appare, ad un primo e superficiale esame, anacronistico rispetto agli obiettivi posti dalla legge delega, che invece se ne prefigge il superamento in quanto non più presupposto esclusivo per la determinazione del reddito agrario. Tuttavia, il riferimento ai terreni non deve trarre in inganno. Per terreno non si deve (dovrà) intendere solo quello che la dottrina definisce “il suolo produttivo, ovvero l’elemento costitutivo del fondo rustico, cioè lo strato più superficiale della crosta terrestre che fa da supporto alla vegetazione che la rende possibile”, bensì anche quello c.d. “virtuale”, vale a dire superfici a cui la norma attribuisce natura equivalente. Già nell’attuale normativa esistono situazioni di virtualità: ci si riferisce ad esempio alle superfici adibite alle produzioni in serra fuori suolo (comma 2, lettera b) del TUIR) e gli specchi d’acqua ove si esercita l’acquacoltura (D.L. n. 106/2005, art. 3-ter).

In sostanza, per quanto si dirà appresso sull’articolo 28, la virtualità viene assunta a norma di carattere generale, anche se applicabile solo nei casi in cui la normativa lo ammette. D’altronde, il riferimento ai terreni è ineludibile per il fatto stesso che i redditi fondiari si distinguono in due specie: fabbricati e terreni. Sempre nel prosieguo si potrà constatare come per la prima volta un terreno virtuale potrà generare contemporaneamente reddito di fabbricati e reddito da terreni.

Vegetali: due classificazioni

Per ragioni sistematiche si esaminano congiuntamente le modifiche all’art. 28, 32 (nuova lettera b-bis e comma 3-bis), 34 e 36.

La lettera b-bis (comma 2 dell’art. 32) aggiunge la fattispecie della produzione di vegetali entro immobili censiti al catasto dei fabbricati, indipendentemente dalla categoria catastale e dalla loro destinazione urbanistica. Rimane invariata la disciplina dell’attività di produzione di vegetali tramite l’utilizzo di strutture fisse e mobili (lettera b).

Specularmente, nell’art. 28 viene introdotto il comma 4-ter, per quanto riguarda la determinazione del reddito dominicale delle attività di cui alla lettera b-bis (cioè le attività di produzione di vegetali all’interno di fabbricati). Rimangono ferme le disposizioni dell’art. 4-bis.

Il confronto tra l’art. 32, il 28 e il 34 porta a dire che:

- le attività di produzione di vegetali di cui alla lettera b) dell’art. 32 sono (saranno) da individuare esclusivamente in quelle esercitate in strutture (fisse o mobili) non censite al catasto fabbricati. In mancanza della corrispondente qualità di coltura nel quadro di classificazione catastale, i redditi dominicale e agrario saranno determinati rispettivamente ai sensi dell’art. 28, comma 4-bis, e dell’art. 34, comma 4, cioè la tariffa d’estimo più alta in provincia. Pertanto le strutture fisse e mobili non sono altro che le serre non censite come fabbricati. In altri termini, queste produzioni devono necessariamente utilizzare il suolo come base produttiva, con possibilità di utilizzarne un ulteriore piano in soprassuolo;

- le attività di produzione di vegetali all’interno di fabbricati, comprese le serre fisse censite D/10, vengono ora (saranno) regolamentate dal comma 4-ter dell’art. 28 e dal comma 4-bis dell’art. 34, rispettivamente per il reddito dominicale e il reddito agrario e, a regime, dal decreto attuativo previsto dal comma 3-bis dell’art. 32. Dalla formulazione letterale della norma anche le attuali attività florovivaistiche esercitate in ambienti protetti accatastati come fabbricati saranno assoggettate a queste disposizioni.

Calcolo del reddito in via transitoria

In via transitoria, fino all’approvazione del decreto applicativo previsto dal comma 3-bis dell’art. 32:

  1. a) si prende la superficie della particella catastale sulla quale insiste il fabbricato
  2. b) si determina la tariffa dominicale e di reddito agrario più elevata in provincia
  3. c) si moltiplica la superficie per la tariffa
  4. d) il risultato ottenuto deve essere incrementato del 400 per cento. Quindi, ad esempio, dato 100 il risultato per il dominicale, il reddito sarà 100+ 100 x 4 = 500.

La formulazione dei commi 4-ter dell’art. 28 e della lettera b-bis dell’art. 32 consentono l’immediata applicazione delle disposizioni senza attendere il decreto attuativo.

Per quanto riguarda la superficie della particella catastale, essa non è presente nel catasto dei fabbricati, ma occorre reperirla nel catasto terreni (partita 1).

La superficie della particella catastale è quella complessiva risultante in catasto (e non quella di sedime del fabbricato), anche se nella medesima particella insistono altre unità immobiliari.

È prevista una clausola di salvaguardia per l’erario, valida sia nel caso di situazione a regime che in quella transitoria: se il reddito dominicale ottenuto con le sopradescritte modalità risultasse inferiore alla rendita catastale del fabbricato, il reddito dominicale è elevato fino a raggiungere la rendita catastale dell’immobile.

Calcolo del reddito a regime

L’ipotesi a regime prevede che sia un decreto ministeriale attuativo a stabilire:

  1. a) nuove classi e qualità di coltura (e la relativa tariffa dominicale e agraria);
  2. b) le modalità di dichiarazione in catasto dei fabbricati per attività di produzione di vegetali;
  3. c) le modalità di determinazione della superficie agraria di riferimento dei fabbricati.

Si presume che la dichiarazione al catasto sarà prodromica ed essenziale per determinare la classe e quindi la tariffa catastale.

Individuata la corrispondete tariffa e la superficie di riferimento, si effettua l’operazione di moltiplicazione tra i due valori, determinando così il reddito di riferimento, che comprende il doppio della superficie di riferimento. L’eccedenza è reddito d’impresa ed è determinato forfettariamente con le modalità dell’art. 56-bis, comma 1, vale a dire con il medesimo criterio proporzionale già previsto per le produzioni vegetali eccedenti a norma della lettera b) dell’art. 32. L’eccedenza è reddito d’impresa.

Nulla cambia per le produzioni in strutture fisse e mobili non censite come fabbricati.

Fabbricati in proprietà e in affitto

Per l’impresa agricola proprietaria del fabbricato ove si esercita la produzione di vegetali, il reddito che viene generato da tale attività è esclusivamente reddito dominicale e reddito agrario, al pari di un terreno agricolo. La rendita catastale (urbana) non assume rilievo se non nella fase di confronto preliminare con il reddito dominicale risultante dall’applicazione della tariffa più alta in provincia.

Nell’ipotesi in cui il fabbricato sia preso in locazione, la regola cambia. Per il proprietario si tratta di reddito di fabbricati mentre per il l conduttore è reddito agrario.

Il comma 3.1 dell’art. 36 cita la sola locazione. Tuttavia si ritiene che la disposizione si debba applicare anche in caso di contratto di comodato e in tutti i contratti di godimento.

Categoria catastale dei fabbricati

È previsto che il decreto ministeriale attuativo interverrà a disciplinare la dichiarazione in catasto dell’utilizzazione produttiva agricola del fabbricato.

In attesa del decreto attuativo non è necessaria alcuna comunicazione al catasto poiché la lettera b-bis dell’art. 32 dispone che la norma si applica indipendentemente dalla categoria catastale attribuita al fabbricato (fatta salva la possibilità di richiedere volontariamente ’attribuzione all’immobile della categoria D/10) e dalla sua destinazione urbanistica

La destinazione urbanistica non incide, quindi, sulla natura del reddito. Tuttavia ciò non significa che si possa svolgere l’attività di produzione di vegetali in un fabbricato ad uso artigianale senza aver verificato la compatibilità di tale attività con lo strumento urbanistico comunale.

Per la locazione di fabbricati ad uso produttivo agricolo occorrerà studiare modelli contrattuali idonei allo scopo, con applicazione della normativa pertinente.

Cessione dei crediti di carbonio

La lettera b-ter dell’art. 32 fa rientrare nel reddito agrario la cessione di beni, anche immateriali, che scaturiscono da attività virtuose sotto il profilo della tutela dell’ambiente e della lotta ai cambiamenti climatici. La formula legislativa è ampia, tanto da comprendere qualsiasi tipo di cessione che abbia attinenza con le predette finalità. Tuttavia, la disposizione riguarda essenzialmente, al momento, la cessione di titoli o certificati carbon credit. Non sono previste particolari condizioni, per cui l’imprenditore è libero di aderire a qualsiasi sistema di certificazione, purché ne derivi una cessione rilevante ai fini IVA (imponibile, esente, non imponibile).

Attività escluse dal reddito agrario

La produzione di vegetali in eccedenza
Il primo comma dell’art. 56-bis del Tuir viene completamente sostituito ma ne rimane intatto il principio, che viene esteso anche alle produzioni vegetali in fabbricati censiti al catasto. Per cui, in caso di superamento dei limiti previsti dall’art. 32, comma 2, lettere b) [vegetali in serre non accatastate] e b-bis) [vegetali in fabbricati], l’eccedenza diventa reddito d’impresa ma il reddito viene determinato sempre con riferimento al reddito agrario. Il riferimento sarà al reddito agrario relativo alla superficie sulla quale la produzione insiste per le serre non accatastate e al reddito agrario relativo alla superficie di riferimento per la produzione all’interno di fabbricati.

La formula per calcolare il reddito si ricava dalla Risoluzione 27 gennaio 2006, n. 20/E.

Per le colture in serra non censite come fabbricato:

Superficie totale della produzione = somma delle superfici occupate da ciascun piano di produzione;

Superficie della serra = suolo occupato dalla serra;

Superficie eccedente = superficie totale della produzione – superficie della serra x 2;

Reddito agrario della serra = tariffa di RA più elevata in provincia per superficie della serra;

Eccedenza di reddito = (Superficie eccedente x RA serra) /Superficie serra.

In base a questi parametri si può ipotizzare un simile esempio di calcolo:

- Superficie totale della produzione: mq 4.000;

- Superficie della serra: mq. 1.500;

- Superficie eccedente: 4.000 - (1.500 x 2) = mq. 1.000;

- Reddito agrario della serra (di 1.500 mq.) 1.800;

- Reddito eccedente: (1.000 x 1.800) : 1.500 = 1.200 €.

Per le colture all’interno di fabbricati (a regime):

- Superficie totale della produzione = somma delle superfici di produzione;

- Superficie agraria di riferimento = quella stabilita con i criteri del D.M.;

- Superficie eccedente = superficie totale della produzione – superficie agraria di riferimento x 2;

- Reddito agrario superficie di riferimento = tariffa di RA stabilita dal D.M. per superficie agraria di riferimento;

- Eccedenza di reddito = (Superficie eccedente x RA sup. di riferimento) /Superficie agraria di riferimento.

Il primo comma dell’art. 56-bis non è tuttavia applicabile alla produzione di vegetali all’interno di fabbricati durante il periodo transitorio poiché richiama la definizione di superficie agraria di riferimento che sarà stabilita dal futuro D.M.

Pertanto, durante questo periodo per i vegetali prodotti all’interno di fabbricati non viene mai in rilievo l’eccedenza. In altri termini, il reddito è sempre agrario, indipendentemente dal sistema di produzione e dalla superficie produttiva.

Cessione di beni immateriali

Il nuovo comma 3-ter stabilisce che la cessione di beni oltre i limiti di cui all’art. 32, comma 2, lettera b-ter) è assoggettata a tassazione come reddito d’impresa ma con il criterio forfettario, applicando all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione agli effetti dell’Iva il coefficiente di redditività del 25%.

Il senso di questo comma andrebbe pertanto ricercato nella lettera b-ter) dell’art. 32, in quanto applicabile solo se si superano i limiti ivi indicati. La predetta lettera b-ter) pone due limiti affinché la cessione rientri nel reddito agrario: 1. che l’operazione sia soggetta ad Iva (imponibile, esente, non imponibile); 2. che detta cessione abbia un collegamento con l’esercizio dell’attività agricola del cedente.

I limiti ai quali si riferisce il comma 3-ter non può consistere nel mancato assoggettamento ad Iva della cessione (nell’ipotesi, ad esempio, di operazione considerata fuori campo Iva) poiché in tale ipotesi anche il medesimo comma 3-ter diventerebbe inapplicabile, facendo pure esso riferimento all’assoggettamento delle cessioni all’Iva.

Rimane dunque l’ipotesi di che il comma 3-ter si riferisca a cessioni che solo in parte siano il frutto di buone pratiche ambientali nell’attività agricola, quali, ad esempio, i titoli derivanti da impianti di produzioni di energie rinnovabili eccedenti (fiscalmente) il reddito agrario.

L’estensione a tutte le società

Il 4° comma dell’art. 56-bis, nuova formulazione, estende tutte le disposizioni ivi contenute anche alle società di tipo commerciale che esercitano l’opzione per il reddito agrario, a norma dell’articolo 1, comma 1093, legge n. 296/2006. Complementare a questa novella è l’inserimento nell’articolo 81 delle parole “fatto salvo quanto stabilito dall’art. 56-bis, comma 4”.

Ne consegue che dall’entrata in vigore delle modifiche apportate dal decreto legislativo alla fiscalità agricola, l’opzione per il reddito agrario coinvolgerà inevitabilmente anche tutte le attività contemplate nell’art. 56-bis. Pertanto, si applicheranno automaticamente i relativi regimi forfettari, trattandosi di regimi naturali (salvo diversa opzione, esercitabile per ciascuno di essi). Si raggiunge in tal modo uniformità e semplificazione. Continuano a rimanere situazioni separate alcune attività, quali gli allevamenti eccedentari, l’agriturismo, l’enoturismo e oleoturismo, le energie rinnovabili.

Entrata in vigore

Il secondo comma dell’art. 1 dello schema di decreto legislativo stabilisce l’applicazione delle modifiche alla fiscalità agricola ai redditi prodotti a partire dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto medesimo. Quindi è presumibile che le modifiche avranno effetto a partire dal periodo d’imposta 2024.

L’agricoltura cambia e il fisco si adegua - Ultima modifica: 2024-07-22T07:55:33+02:00 da Roberta Ponci

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento
Per favore inserisci il tuo nome