scaduto il pagamento dell’acconto di giugno dell’Imu (Imposta municipale unica) facciamo un primo bilancio del suo impatto in agricoltura.
In prima battuta emerge il problema dell’incertezza dell’applicazione della norma su tutti quei fabbricati per i quali non è ancora definita le rendita catastale. Infatti l’Imu è basata sulla situazione catastale e quindi presuppone un sistema catastale a regime. Invece, ad oggi, è tutt’altro:
– i fabbricati censiti nelle categorie diverse dalla D/10 alla A/6 non sono stati oggetto di domanda di variazione con prima scadenza a settembre 2011 poi prorogata più volte fino al 30/6/2012. Nessuno però ha detto come di fatto trattare questi fabbricati. Sono state ipotizzate da più parti delle soluzioni tecniche: qualcuno ha detto di calcolare le rendite catastali presunte (in molti comuni però manca la categoria A/6 e quindi non abbiamo dati di riferimento), qualcun altro di prendere le rendite catastali precedenti (ma spesso sono astruse rispetto a quella della categoria rurale), qualcun altro ancora ha suggerito di non pagare e fare il conguaglio a dicembre. Per altro mi risulta da un campione che le domande presentate in varie province d’Italia alla prima scadenza di settembre, a tutt’oggi, non sono state trattate dall’Agenzia e quindi non abbiamo certezza dei tempi per l’evasione delle pratiche;
- i fabbricati ancora censiti nel catasto terreni dovranno essere accatastati entro il 30/11/2012 e per essi si pagherà in un’unica soluzione a dicembre.
Oltretutto molti commentatori avevano suggerito di attivare degli incentivi fiscali a carico dei soggetti obbligati al censimento dei fabbricati in catasto, in quanto, per attuare le procedure, vi sono costi elevatissimi per le procedure di accatastamento a carico dei titolari dei diritti reali .
– controllori: è un punto nodale per la ruralità dei fabbricati. Da una parte infatti c’è l’agenzia del Territorio che è strutturata e ha al suo interno professionalità in grado di pesare il tipo di struttura fondiaria e dall’altra parte vi sono i Comuni con gli Uffici tributi e un grosso carico di lavoro, spesso con gestioni appaltate a società esterne.
– rapporto tra rendita catastale D/10 e il reddito agrario ad essa riferito. Ad esempio, per un fienile di proprietà di un coltivatore diretto, sotto il quale trovano riparo circa 200 balloni di fieno in provincia di Mantova, si calcola una rendita catastale rivalutata di € 60.000 che paga Imu per € 120 all’anno. Orbene, è possibile che per questo immobile si paghi il 12% della Plv contenuta nel fienile? Si sono mai fatte queste proporzioni?
– il ruolo dei Comuni: il secondo problema, dopo quello catastale, è rappresentato dall’enorme variabilità della determinazione dell’imposta lasciata ai Comuni. Già con l’Ici si sono avuti problemi di mancate comunicazioni delle aliquote applicate dai Comuni alle banche (dati Anci); vi immaginate che succederà con l’Imu a regime in cui verranno dettate non solo aliquote, ma anche regole diverse dai Comuni?
Su questo fronte l’unica cosa molto positiva è l’obbligo fatto ai Comuni stessi, pena l’inapplicabilità delle maggiorazioni, di comunicare i dati a una banca dati nazionale.