Le consistenti piogge di questa primavera e le basse temperature che le hanno accompagnate hanno fortemente condizionato la coltura del mais negli areali del Nord Italia. In particolare la campagna maidicola in corso si caratterizza soprattutto per le semine tardive e per un generalizzato ritardo dei cicli colturali; in larga massima le semine nella terza decade di marzo, quelle preferite in molti areali maidicoli, sono risultate quasi assenti e la prima finestra utile significativa si è incontrata nella seconda metà di aprile. Altre brevi parentesi di tempo buono si sono riscontrate a maggio e poi in modo più deciso e continuato a giugno. Nella Lombardia centrale, la più soggetta alle frequenti piogge, le semine si sono concentrate a fine maggio e in taluni ambiti è stato possibile entrare nei campi solo a giugno.
Pertanto, anche considerando la notevole ampiezza con cui si distribuiscono di norma le semine nel 2013 queste sono avvenute con un ritardo medio che a seconda degli areali è stato compreso tra i 30 e i 50 giorni. In altri termini sono stati persi da 150 a 400 gradi di somma termica che per un ibrido medio tardivo di classe 600 (130 giorni), significa avere avuto a disposizione da 10 al 25% di gradi utili in meno.
Due sono le conseguenze principali di questo andamento meteorologico:
La prima conseguenza è il ritardo pronunciato e generalizzato delle fioriture. Infatti, a causa delle temperature e dei suoli freddi e spesso inzuppati in misura tale da rallentare l’emergenza e l’affermazione della plantula, le fioriture tardive si sono riscontrate anche nel caso delle semine entro aprile. Tutto considerato il ritardo della semina si è tradotto in un posticipo della fioritura da 10 a 25 giorni. Pertanto, le fioriture hanno avuto luogo in luglio e in pochissimi casi in giugno, come sarebbe preferibile per raggiungere i migliori risultati produttivi e qualitativi.
La seconda conseguenza è la notevole eterogeneità delle condizioni colturali anche nell’ambito della stessa azienda. Infatti, nonostante i casi di stress idrico sono stati relativamente limitati, nei suoli più compatti le lavorazioni effettuate per forza di cosa in condizioni non ottimali non hanno sempre permesso un adeguato approfondimento delle radici; in questi casi lo stress idrico si è presentato nelle colture in asciutta anche dopo un periodo limitato di siccità. Anche nelle aziende irrigue dove lo stress idrico è controllato, la tempistica delle lavorazioni del suolo o le condizioni meteorologiche subito successive la fase di emergenza hanno comunque determinato una notevole eterogeneità di sviluppo e di crescita.
È pertanto inevitabile che la conseguenza del ritardo delle fioriture e l’eterogeneità dello sviluppo si ripercuota in un evidente posticipo delle raccolte, sia di trinciato sia, e in modo più evidente, di granella.
Al momento attuale, seconda decade di settembre, le raccolte di granella sono ben avviate negli areali a sud del Po e del litorale adriatico, mentre sono appena cominciate nel centro-ovest della Pianura Padana, ma il cuore della campagna non si potrà registrare che a ottobre con una probabile lunga coda che interesserà anche novembre. Per il trinciato integrale la raccolta è, invece, in pieno svolgimento.
Le conseguenze del ritardo della semina
a) PRODUZIONE
Le produzioni attese saranno in molti casi inferiori a quelle calcolate sulla base di una media pluriennale per le cause prima accennate: le riduzioni attese sono comprese tra il 5 e il 25% a seconda dell’impatto del tempo sulle semine e localmente per la grandine. Occorre però evidenziare che la forte eterogeneità non esclude produzioni locali anche discrete e in linea con le medie attese. Da evidenziare che per la ridotta superficie investita a mais e per le rese contenute, si prospettano produzioni nazionali ridotte e quindi una crescente necessità di importare granelle dall’estero.
b) QUALITÀ
Le semine tardive si caratterizzano per un aumento del rapporto stocco/granella; in altri termini i trinciati integrali potranno essere più poveri di amido e quindi di energia. Infatti, lo sviluppo della pianta in coltura irrigua è stato spesso adeguato, ma la fecondazione è avvenuta in piena estate con temperature elevate; ciò ha comportato spesso un’incompleta granigione della spiga. Inoltre le maturazioni tardive spesso comportano un peso specifico più basso rispetto a quello che si riscontra nel caso delle maturazioni centrate sull’estate.
c) SANITÀ
La qualità sanitaria è legata alla contaminazione da micotossine. Le più diffuse sono le fumonisine e le aflatossine. Le prime dipendono in buona misura dall’attacco di piralide la cui seconda generazione attacca la spiga e la granella nella prima parte della maturazione. Quest’anno i voli e le catture sono state quasi sempre contenute e in ritardo di 7-10 giorni a causa dell’andamento più fresco. Come si è detto la diffusa presenza di spighe con apice non granito con la porzione apicale scoperta del tutolo, in ambienti umidi e ibridi più sensibili, può favorire forme un maggiore sviluppo delle muffe e facilitare l’attività delle larve della piralide e quindi l’insorgenza della fusariosi della spiga. A tale riguardo il ritardo della raccolta e la sensibilità all’attacco della piralide, anche della terza generazione che troverà piante in condizioni favorevoli alla loro attività trofica, lasciano intendere un potenziale e diffuso rischio di contaminazione da fumonisine. Le particolari condizioni di ritardo possono anche favorire l’accumulo di DON e zearalenone per gli ibridi a ciclo più lungo. A tale proposito saranno determinanti le precipitazioni di ottobre che si sperano contenute.
Anche sui trinciati
Discorso a parte merita il rischio aflatossine: i raccolti più a rischio sono i primi che anche quest’anno hanno dimostrato un certo grado di contaminazione e comunque una certa presenza delle muffe da Aspergillus. Le cause sono probabilmente più da attribuire alle alte temperature al momento della fioritura e in secondo luogo allo stress anche idrico delle colture che hanno sofferto per il cattivo insediamento. In ogni caso, la situazione è lontana da quella così difficile riscontrata nella passata campagna, ma la crescita sistemica del fungo espone anche i trinciati a un certo rischio di contaminazione.
(*) Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari – Università di Torino
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