In occasione della Giornata mondiale del suolo (in inglese World soil day), lo scorso 5 dicembre si è tenuta a Bruxelles la Conferenza sulla salute del suolo (o Soil health conference) con l’obiettivo di valorizzare un’agronomia basata sull'aumento della biodiversità anziché sull'esclusivo utilizzo dei prodotti di sintesi.
L’evento è stato organizzato dalla Ong fiamminga Wervel in collaborazione con Ilvo (Istituto di ricerca delle Fiandre per l'agricoltura, la pesca e l'alimentazione), con i progetti Agromix e SoildiverAgro, con il marchio Organic Forest e con la Vub (Libera università di Bruxelles).
La conferenza ha raccolto gli interventi di ricercatori statunitensi ed europei coinvolti nel movimento dell'agricoltura rigenerativa e di agricoltori europei pionieri di questo movimento.
L'importanza della componente organica nel suolo
Già agli inizi del ‘900 gli scienziati riconoscevano l'importanza dei fattori microbiologici del suolo
Il ricercatore Anton Nigten e il dott. Josef Visser hanno parlato di “erosione della conoscenza del suolo” verificatasi durante il secolo scorso.
La modernizzazione dell’agricoltura, avvenuta dopo la seconda guerra mondiale, ha promosso una nutrizione vegetale esclusivamente minerale. Secondo gli esperti, ciò ha fatto dimenticare il ruolo cruciale della fertilizzazione organica e di tutti i componenti organici del suolo per la sua salute e per quella delle piante.
Come spiega Visser nella sua tesi di dottorato, già agli inizi del '900 gli scienziati riconoscevano l'importanza dei fattori microbiologici del suolo, quali la fissazione biologica dell’azoto e l’assorbimento di nutrienti in forma organica tramite le micorrize. Inoltre, essi studiavano il possibile assorbimento diretto, da parte delle piante, di molecole organiche del suolo e non esclusivamente di nutrienti in forma inorganica.
Cura del suolo nelle politiche ambientali
In effetti, nell’ultimo decennio la scienza è tornata a sottolineare il valore della componente organica del suolo, inclusi i microrganismi.
Ad esempio, recenti evidenze scientifiche dimostrano che la biomassa microbica del suolo rappresenta l'origine del 30-60% del carbonio organico totale del suolo e contribuisce alla sua stabilizzazione, oltre che alla sua mineralizzazione. Inoltre, altre ricerche hanno recentemente confermato la capacità delle piante di assorbire direttamente amminoacidi, cioè composti organici dell’azoto.
La dott.ssa Kris Nichols, che ha lavorato presso il Rodale Institute e l'Usda Agricultural Research Center, ha sottolineato l’importanza della microbiologia del suolo per le coltivazioni.
La ricercatrice statunitense ha paragonato l’agricoltura convenzionale a un sistema "idroponico all'aperto", poiché in entrambi i metodi di coltivazione la componente microbiologica del substrato è largamente ignorata e ridotta e, di conseguenza, anche le sue funzioni di sostegno alle colture. Nichols ha quindi rivolto un generale invito ad adottare l’agricoltura rigenerativa per favorire la salute del microbiota del suolo, lanciando così una “Rivoluzione marrone”.
Il dott. Koen Willekens, ricercatore senior presso Ilvo, ha esortato a includere la cura del suolo come obiettivo delle politiche ambientali, implementando dei servizi di consulenza agli agricoltori, lo scambio di conoscenza fra di essi. Ricercando anche le pratiche agricole e creando le condizioni di mercato favorevoli.
Le politiche europee
Negli ultimi anni le istituzioni europee hanno mosso diversi passi avanti per garantire la protezione della salute dei suoli europei, tra cui il recente regolamento sui fertilizzanti, i finanziamenti del programma Horizon Europe e il futuro regolamento sul carbon farming.
L’Unione Europea mira a sostituire l'uso di fertilizzanti sintetici con fertilizzanti organici. Difatti, il recente regolamento europeo sui fertilizzanti (reg. UE 2019/1009), in vigore dallo scorso luglio, diversamente dalla normativa precedente (reg. CE 2003/2003), norma la messa a disposizione non solo dei “concimi inorganici derivanti dall’attività estrattiva od ottenuti per via chimica”, ma anche dei “concimi ottenuti da materiali riciclati od organici”. Lo scopo è di incoraggiare la produzione e l’impiego su larga scala di questi ultimi.
Horizon Europe
Allo stesso tempo, la Circular Bio-based Europe partnership, nata sotto Horizon Europe, che è il più grande programma di sovvenzionamento della ricerca in Europa, sta finanziando quindici progetti con un fine simile a quello del regolamento: sperimentare e promuovere la produzione e l’utilizzo di fertilizzanti organici, sostenibili e di provenienza locale.
Tale strategia, in primo luogo, favorisce lo sviluppo di, o in un certo senso il ritorno a, sistemi agricoli circolari in termini di nutrienti, e quindi un utilizzo più efficiente delle risorse naturali; in secondo luogo, riduce la dipendenza dell’Unione dai nutrienti provenienti da paesi terzi e dalle grandi quantità di combustibili fossili impiegati per la produzione di fertilizzanti azotati.
L'invasione russa dell'Ucraina ha evidenziato che tale dipendenza è un problema cruciale per l’Europa, anche in vista della volatilità dei mercati globali causata dal cambiamento climatico.
Attenzione ai contaminanti
Tuttavia, l’apporto di materia organica al suolo non necessariamente coincide con il mantenimento o miglioramento della sua salute. Infatti, lo spandimento di rifiuti organici, quali i fanghi di depurazione delle acque reflue urbane, la frazione organica del rifiuto solido urbano, i reflui di allevamento, i digestati derivanti dagli impianti di produzione di biogas, nonché il compost derivato da tali materiali possono contaminare i suoli con, ad esempio, antibiotici, metalli pesanti e microplastiche.
Le conseguenze sono la comparsa e la diffusione della resistenza agli antibiotici e la contaminazione dei prodotti agricoli. Perciò, la regolamentazione della trasformazione e applicazione dei materiali organici in agricoltura è fondamentale per garantirne un utilizzo sostenibile, che salvaguardi la salute del suolo, dell’intero agroecosistema e in ultimo la salute umana.
Il regolamento sul carbon farming: pro e contro
Il regolamento sul carbon farming ha del potenziale per mantenere o migliorare la salute dei suoli europei, ma è stato criticato su diversi fronti
Un ulteriore passo dell’Ue per incentivare pratiche agricole a favore della salute del suolo consiste nel nuovo regolamento sul carbon farming, presentato dalla Commissione Europea lo scorso 30 novembre.
La normativa intende stabilire standard europei per certificare la rimozione del carbonio dall'atmosfera, incentivando così gli agricoltori ad adottare pratiche che aumentino lo stock di biomassa vegetale nei loro ecosistemi e la sostanza organica nei loro suoli, per accumulare i cosiddetti crediti di carbonio.
Visto il ruolo fondamentale della sostanza organica del suolo per la sua qualità, e dunque del carbonio che ne è il principale componente, questo regolamento ha del potenziale per mantenere o migliorare la salute dei suoli europei.
Ciò nonostante, il testo è stato duramente criticato su diversi fronti. Una critica comune riguarda la mancanza di dettaglio, come sottolinea l’eurodeputato Paolo De Castro: «La norma non entra nel merito, in particolare sui criteri di calcolo di questi crediti, rimandando il tutto a futuri atti delegati e lasciando di fatto gli agricoltori senza strumenti di valutazione per procedere correttamente». Peraltro, la quantificazione di tali crediti è la fase più importante e delicata di uno schema di carbon farming.
Un tema controverso
Inoltre, il tema dello sviluppo del carbon farming tramite il mercato dei crediti del carbonio è di per sé controverso. Célia Nyssens, senior policy officer dell'Ufficio europeo dell'Ambiente (Eeb) ha dichiarato: «La Commissione ha appena pubblicato un regolamento per certificare il greenwashing. C’è bisogno di incrementare il sequestro di carbonio dall’atmosfera nei suoli, ma fare in modo che i grandi inquinatori paghino per questo attraverso i mercati del carbonio mina questa iniziativa fin dal primo giorno».
La critica deriva dal fatto che l’unico modo per evitare il disastro climatico è ridurre le emissioni da combustibili fossili, poiché nessuna pratica di carbon farming è in grado di sequestrare il carbonio tanto a lungo quanto i fossili che continuiamo a bruciare in enormi quantità.
Dunque, sebbene il sequestro di carbonio negli ecosistemi agricoli e forestali offra un potenziale di mitigazione del cambiamento climatico nel breve termine e ci consenta così di "comprare del tempo", esso "non può compensare il ritardo nelle riduzioni delle emissioni in altri settori", come sostenuto nell'ultimo rapporto Ipcc. Inoltre, le pratiche di sequestro di carbonio nel suolo non possono sequestrarne all'infinito e gli stock di carbonio che esse consentono di accumulare sono vulnerabili.
Da qui scaturisce la pericolosità di costruire un mercato dei crediti di carbonio per il carbon farming, tramite il quale i grandi emettitori possano giustificare le loro emissioni da fossile, senza diminuirle, dichiarando invece di "compensarle" tramite il finanziamento di pratiche di carbon farming, quando in realtà tale compensazione non avviene.
Nonostante ciò, il mercato dei crediti di carbonio presenta il vantaggio di finanziare pratiche agricole positive, che altrimenti non verrebbero sovvenzionate e dunque adottate.
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L'autrice è biologa del suolo, specializzata in agroecologia