La sfida della carbon farming

L’agricoltura può assumere un ruolo attivo nella gestione del cambiamento climatico. Un contributo che deve essere riconosciuto con il corretto calcolo dei crediti di carbonio

L’adozione di pratiche di sequestro di carbonio o carbon farming costituisce una risposta dell’agricoltura al cambiamento climatico; affinché lo sia veramente però, servono metodi, strumenti che consentano di misurare i benefici che derivano dall’adozione di queste pratiche.

Risposta al climate change

Nel contesto globale l’interesse per la carbon farming è sempre crescente. Con questo termine si indicano tutte le pratiche atte a contrastare il cambiamento climatico attraverso il sequestro di carbonio nel suolo, nella biomassa vegetale (pozzi naturali) e la riduzione delle emissioni derivanti dal settore agricolo.

La potenzialità di queste pratiche nasce proprio dal fatto che l’agricoltura è in grado di assumere contemporaneamente due ruoli contrapposti: emette CO2 e sequestra CO2. Questo fa si che il settore agricolo possa assumere un ruolo attivo nella mitigazione del cambiamento climatico, consentendo agli imprenditori agricoli di affrontare in prima persona le criticità che esso stesso causa per effetto di eventi climatici sempre più avversi.

L’imprenditore agricolo, con l’attuazione di tecniche, tra cui la non lavorazione, gli avvicendamenti colturali complessi, l’uso di crover crops, l’interramento dei residui colturali, la fertilizzazione organica e l’agroforestazione, sarà in grado di perseguire benefici in termini di sequestro di carbonio. Questi benefici possono essere scambiati sul mercato sotto forma di crediti di carbonio, che rappresentano una tonnellata di CO2 stoccata o non emessa, costituendo così nuova fonte di reddito per imprenditori agricoli; un nuovo business verde.

Articolo pubblicato sulla rubrica Primo piano di Terra e Vita

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La carbon farming europea

La carbon farming, quindi, può rientrare a pieno titolo tra gli elementi che consentono di giungere al traguardo europeo della neutralità climatica entro il 2050, infatti tra gli strumenti per rendere concreto il Green deal europeo, enunciati dalla Comunicazione “Pronti per il 55%”, vi è quello del sequestro di carbonio da parte di pozzi naturali, con un obiettivo nuovo: sequestrare 310 milioni di tonnellate di CO2 equivalente entro il 2030.

Per tutti questi motivi, in questi mesi, il sequestro di carbonio è un tema caldo all’interno dell’Unione Europea.

La strategia Farm to Fork e il nuovo piano di azione per l’economia circolare hanno annunciato due importanti novità: un’iniziativa di carbon farming verrà presentata entro il 2021, insieme allo sviluppo di un quadro normativo per la certificazione degli assorbimenti di carbonio.

Per preparare l’iniziativa l’Ue ha commissionato uno studio e organizzato due tavole rotonde per discutere i risultati e confrontare le opinioni di diversi esperti. Questi due elementi hanno portato alla redazione di un “Manuale di orientamento tecnico- creazione e implementazione di meccanismi di carbon farming basati sui risultati per l’Ue” nel quale vengono esplorati tutti gli aspetti chiave che devono essere presi in considerazione per un’iniziativa di carbon farming.

Per la certificazione degli assorbimenti di carbonio sul mercato servono quindi degli strumenti che siano in grado di dire quanta CO2eq. è sequestrata grazie all’adozione di pratiche di carbon farming.

La quantificazione dei risultati derivanti dall’adozione della carbon farming viene chiamata monitoraggio e fa parte di una fase che in ogni schema prende il nome di Mrv: monitoraggio, rendicontazione e verifica.

La quantificazione dei risultati

La fase di MRV rappresenta uno dei temi più importanti, ma allo stesso tempo più delicati, di uno schema di carbon farming.

Con il termine MRV si intende il monitoraggio della riduzione e dello stoccaggio di gas serra, la rendicontazione dei risultati alle autorità di competenza e la verifica dell’accuratezza e dell’affidabilità dell’intero processo.

La fase di monitoraggio, quindi, permette di verificare se effettivamente l’adozione di alcune pratiche ha portato a dei risultati e anche di attribuirgli un valore numerico che consenta di generare dei crediti da vendere sul mercato.

Una sfida chiave è quella di quantificare con sufficiente precisione i risultati ottenuti dall’adozione di pratiche di carbon farming. Ed è proprio questo elemento che rende tale fase così delicata.

Più il sistema di Mrv sarà accurato e maggiori saranno i costi da sostenere; questo implica che se l’adozione di pratiche di carbon farming è finalizzata alla vendita di crediti di carbonio sul mercato, serviranno dei sistemi molto sofisticati ed accurati ai quali corrisponderà quindi un elevato costo. Di conseguenza l’obiettivo principale è quello di trovare un compromesso tra i costi e il livello di certezza desiderato, elemento che dipende anche dalla scelta del sistema di monitoraggio.

Non esiste un approccio di monitoraggio che sia unico ed ottimale per tutti gli schemi di carbon farming, in quanto non tutti coprono le stesse tipologie di pratiche, ecco perché vi possono essere diversi approcci (figura 1).

La misurazione diretta

La misurazione diretta consiste nel fare visite in loco per rilevare campioni di suolo o di biomassa da analizzare in laboratorio.

Se da una parte questo metodo, ad oggi, costituisce la forma più accurata di monitoraggio, presenta anche una serie di elementi da tenere in considerazione (tab. 1)

Ad esempio, la necessità di seguire protocolli di campionamento adeguati a rappresentare l’alta variabilità del contenuto di carbonio, comporta un elevato numero di campioni da prelevare.

La profondità di campionamento è un altro elemento cruciale per valutare correttamente i cambiamenti del contenuto di carbonio nel suolo, il Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici, IPCC, raccomanda che siano prelevati ad almeno 30 cm di profondità mentre la Fao consiglia un campionamento del suolo più profondo nonostante questo richieda strumenti specifici e costosi.

Vanno inoltre considerati anche tutti i costi e i tempi associati alla raccolta, preparazione e conservazione dei campioni per effettuare l’analisi in laboratorio.

La modellizzazione

La modellizzazione consiste nell’utilizzo di strumenti basati su applicazioni informatiche, “modelli” che a partire dai dati inseriti in input possono stimare i risultati ottenuti dall’adozione del carbon farming.

Gli approcci di modellizzazione sono usati soprattutto per calcolare la riduzione delle emissioni all’interno del comparto zootecnico, in realtà possono anche essere utilizzati per stimare il contenuto di carbonio organico nel suolo o il carbonio stoccato nella biomassa arborea.

La modellizzazione consente di ridurre i costi e i tempi richiesti per la fase di campionamento e in più, rispetto a tutti gli altri metodi, permette anche di misurare i co-benefici derivanti dall’adozione di pratiche di carbon farming come, ad esempio, il miglioramento dei rendimenti economici delle aziende agricole, gli impatti positivi sulla biodiversità, la riduzione dell’uso dell’acqua ecc.

Anche in questo caso però esistono alcuni inconvenienti (tabella 1), il più grande è certamente la componente di incertezza dei risultati. Questo accade poiché, trattandosi di una stima, questa è sempre soggetta ad un livello di incertezza ineliminabile. Tuttavia è possibile utilizzare degli accorgimenti per ridurre tale componente quali, ad esempio, una convalida continua, un confronto con i risultati di metodologie tradizionali basate su misurazioni dirette.

I modelli hanno bisogno di diversi tipi di dati e la disponibilità dei dati è un fattore decisivo quando si sceglie quale approccio utilizzare, la Fao infatti raccomanda di utilizzare questo tipo di modelli solo quando sono disponibili i dati necessari.

Un altro elemento che può costituire uno svantaggio deriva dal fatto che l’utilizzo di modelli richiede una fase di calibrazione con dati specifici del sito di applicazione, soprattutto se si tratta di modelli basati su equazioni specifiche per le condizioni di sperimentazione. Questo fa si che nella maggior parte dei casi l’uso sia consigliato solo quando il modello è stato convalidato a livello locale.

Strumenti di monitoraggio

La misurazione dei risultati di pratiche di carbon farming può avvenire anche mediante l’utilizzo del proximal sensing o del remote sensing.

Questi consentono molti vantaggi, dal momento che non sono metodi distruttivi, non richiedono il campionamento e permettono di misurare velocemente, direttamente in sito, diversi parametri senza richiedere costi eccessivi.

L’utilizzo di sensori prossimali consente di misurare on the go il contenuto di carbonio in modo rapido, economico, fornendo contemporaneamente elevate densità di campionamento, in grado di rappresentare la variabilità presente. Il remote sensing invece utilizza diversi sensori a distanza, ad esempio droni o satelliti, ed è utilizzato per le stime della biomassa su larga scala ma anche nella mappatura del carbonio organico nel suolo.

La prima metodologia ad introdurre ufficialmente l’utilizzo del rilevamento prossimale per misurare il carbonio organico nel suolo, è australiana; in seguito anche la Fao nel protocollo Gsoc-Mrv ha consentito l’uso di strumenti alternativi al campionamento, come la spettrometria e il telerilevamento, qualora vi siano adeguate capacità tecniche di calibrazione.

Seppure i vantaggi siano molti ci sono ancora alcune criticità da affrontare, legate soprattutto ai costi dei sensori e all’incertezza dei risultati che dipende dalla selezione dei sensori, dall’elaborazione dei dati e dalle interferenze atmosferiche, elementi che rendono necessaria un’ulteriore fase di sperimentazione (tabella 1).

Articolo pubblicato sulla rubrica Primo piano di Terra e Vita

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Nuove prospettive di monitoraggio

La tecnologia e l’era dei dati possono svolgere un ruolo importante per giungere ad un compromesso tra i costi e il livello di certezza desiderato. Il proximal sensing e il remote sensing presentano ancora delle criticità ma la tecnologia è in costante e rapido sviluppo; basti pensare che l’ultimo decennio ha visto notevoli progressi nella messa a punto di modi più accurati ed economici per il monitoraggio.

Per questo motivo l’Ue pone una crescente attenzione verso queste tecniche che consentono di ottenere risultati rapidi a costi relativamente bassi e che quindi possono essere considerati un interessante alternativa per il futuro.

Un esempio di tecnologie che potrebbero essere implementate è quello del Programma Copernicus Sentinel che permette di ottenere dati di telerilevamento in grado di ampliare le prospettive per la carbon farming.

Sarà necessario e determinante quindi investire in sviluppi tecnologici e metodologici per ridurre progressivamente le incertezze e i costi associati al sistema di misurazione dei risultati.

La sfida della carbon farming - Ultima modifica: 2021-10-17T21:58:26+02:00 da K4

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