«L'agricoltura e l'agroalimentare giocheranno un ruolo da protagonisti per lo sviluppo del modello economico nazionale. Si va incontro a un settore primario sempre più sostenibile e innovativo, puntando sulle chiavi della ricerca e della tecnologia». Sulle basi di queste sue stesse considerazioni il ministro Maurizio Martina nel 2016 ha lanciato le Linee guida che costituiscono parte integrante del progetto Industria 4.0, con l’obiettivo di far crescere le tecnologie di precisione in agricoltura e arrivare al 10% delle superfici coltivate con queste innovazioni entro il 2021.
L’agricoltura di precisione è oggi uno degli ambiti su cui è più attivo il piano strategico per l’innovazione e la ricerca nel settore agricolo, oltre a essere uno dei temi più discussi in occasione di convegni o eventi in campo agricolo. Così come è stato per “Innovare la cerealicoltura italiana. Lo smart farming dei giovani imprenditori agricoli”, il convegno organizzato da Agia, Associazione giovani agricoltori italiani, di Cia – Agricoltori italiani, venerdì 13 dicembre a Gattatico (Re), presso l’istituto Alcide Cervi.
«Per affrontare la crisi che sta investendo il settore cerealicolo italiano – spiegano gli esperti di Agia -, occorre puntare su smart farming e nuovi modelli relazionali, perché portare innovazione nel comparto può contribuire a scardinare rigidità radicate lungo tutta la filiera, dal rapporto con i fornitori al contatto con il consumatore finale. Prima, serve, però, appropriarsi di una vera mappatura delle tecnologie in match più consapevole, con le esigenze di grandi e piccole aziende».
Il settore cerealicolo in crisi
Secondo quanto emerso al convegno, preoccupano le condizioni in cui versa il comparto, segnato dai cambiamenti climatici e stretto tra rese basse e prezzi in calo. Ad essere minata è l’Italia leader nelle produzioni specializzate, prima tra tutte quella di grano duro che nel 2019 viaggia su poco più di 4 milioni di tonnellate (-2,3% sul 2018) con un calo di superfici del 6,5% per 1,2 milioni di ettari impiegati. Crescono del 9% i volumi del grano tenero ma, non risparmiato dal clima anomalo, ha perso qualità. In positivo la produzione del mais, si stima per il 2019 un +2,9% se confermati i circa 6,4 milioni di tonnellate, ma sono diminuite le superfici e i prezzi, sono più bassi del 2,4% rispetto al 2018.
Il climate change, i cui effetti sono evidenti sul prodotto finale, poco c’entra, però, con le difficoltà a evolvere proprie del sistema che governa il settore cerealicolo italiano. Di fatto, l’offerta è frammentata, così come la coesione tra produttori che perdono potere contrattuale.
Individuare le innovazioni più adeguate
Di qui in avanti, secondo il gruppo di lavoro promosso da Agia-Cia, a fare la differenza non sarà, infatti, la dimensione aziendale, ma la capacità nell’individuare le scelte di innovazione più adeguate alle fasi del processo, strategiche e funzionali ai volumi dell’impresa. Più smart farming, alleanze con terzisti o stoccatori e sviluppo di protocolli per le grandi imprese. E, quindi, focus su decision support system (Dss), agricoltura di precisione e food integrity tracking. Tipicità, integrazione tra trasformazione e distribuzione, rapporto più diretto con il consumatore al centro, invece, del business di imprese più piccole.
Dovranno confrontarsi con tracciatura e valorizzazione di partnership che riconoscano ruolo chiave a territorialità e salubrità, puntando su sostenibilità e narrazione del prodotto.
Serve maggiore sinergia tra gli attori della filiera
«Per la cerealicoltura italiana è tempo di cambiare passo e innovare nei processi come nelle strategie - ha detto Stefano Francia -. Il digitale ha, in tal senso, innescato forti cambiamenti nelle aziende. Serve per questo, una maggiore sinergia tra imprenditori, istituzioni e consumatori, alleanze di sistema sostenute da piani di sviluppo del settore più coraggiosi. Per questo - ha concluso Francia - è opportuno che si investa in conoscenza delle tecnologie, in ricerca e sperimentazione. Che si aiutino le imprese nell’integrazione di nuove forme contrattuali e innovazioni di processo, sostenute da adeguati strumenti di credito per il rischio d’impresa».
Infine, conclude Francia: «Questa moderna propensione dell’agricoltura alla digitalizzazione è un punto di forza per il giovane, che può certo avere più difficoltà in termini di capitale disponibile, ma è proprio lui a saper usare al meglio questi sistemi».
I progetti di filiera per incrementare il valore del prodotto
«Quando parliamo di smart farming, parliamo di competitività, ovvero ridurre i costi, ma anche di valorizzazione del prodotto finale. È per questo molto importante la comunicazione nei confronti del consumatore che, se persuaso, sarà disposto a spendere di più per avere un prodotto ad alto valore aggiunto come quelli che derivano dall’impiego di tecniche innovative», ha affermato Marco Pirani, presidente di Progeo. «Per riuscire in questo intento – continua – la chiave potrebbe essere il progetto di filiera che conferisce al made in Italy un valore maggiore. La digitalizzazione offre garanzie di tracciabilità, di qualità e di provenienza e, inoltre, si può abbinare alla block chain, con garanzie anche sui pagamenti. Fare filiera vuol dire condividere un obiettivo comune con vantaggi per tutti gli attori della filiera».
La formazione è fondamentale
I sistemi di digital farming sono pane per i denti dei contoterzisti. Aproniano Tassinari, presidente nazionale Uncai, ha sottolineato: «È fondamentale che la formazione di questi specialisti sia mirata e completa, a partire dalle scuole. Studiare e tenersi aggiornati sulle ultime novità è un dovere del contoterzista».
L’impegno della Commissione Agricoltura
Anche l’onorevole Antonella Incerti, XIII Commissione Agricoltura, Camera dei Deputati è intervenuta nella discussione spiegando come: «Negli ultimi anni abbiamo visto come i Psr abbiano cambiato senso di marcia e abbiano deciso di investire di più e meglio in progetti “giovani”. Anche in Italia ci stiamo muovendo in questo senso. Il traguardo posto da Martina circa quattro anni fa è ancora lontano e non potrà essere raggiunto nel 2021 come auspicato. Ma oggi la consapevolezza che gli investimenti per i giovani possano finalmente essere considerati uno strumento in grado di far crescere la agricoltura digitale è concreta. È giusto che i progetti più efficienti e meritevoli vengano premiati».