I giovani agricoltori? «Affamati di formazione»

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Manager pescarese prestato all’agricoltura, il neo presidente di Agia-Cia Enrico Calentini è convinto che le sfide del settore si vincano puntando sull’innovazione

Formazione, ricerca e innovazione: queste sono le priorità per i giovani agricoltori secondo il neo eletto presidente di Agia-Cia Enrico Calentini, subentrato a Stefano Francia.

Presidente qual è la priorità del suo mandato?

«Supportare i giovani impegnati in agricoltura nel trasformare i loro sogni in progetti d’impresa concreti, duraturi e sostenibili».

In queste prime settimane dalla sua nomina qual è la richiesta più incalzante che le arriva dai giovani?

«I giovani di Agia-Cia hanno sete di conoscenza e formazione per essere sempre più competenti e pronti a cogliere le grandi sfide. In particolare, la sfida più urgente relativa alla sostenibilità ambientale, finanziaria e sociale può essere affrontata solamente con un atteggiamento aperto all’innovazione. E di questo sono ampiamente consapevoli».

Il rinnovamento dell’accordo tra Agia con FederUnacoma e 39 Istituti agrari va proprio in questa direzione.

«Rafforzare i rapporti tra giovani imprenditori agricoli e studenti di Istituti agrari e Università è certamente un nostro obiettivo. Il settore avrà sempre più bisogno di competenze trasversali e di figure professionali altamente specializzate capaci di coniugare l’esperienza alle tecnologie agromeccaniche disponibili, di sperimentare sul campo, leggere i dati e fornire feedback ai fornitori di prodotti e macchinari, per sviluppare metodi più innovativi di fare impresa ed essere competitivi e anche per affrontare i cambiamenti climatici e nuove dinamiche geopolitiche internazionali. Gli scopi della collaborazione con il mondo dell’istruzione agraria sono molteplici: da un lato, vogliamo presentare agli studenti percorsi d’impresa già intrapresi da giovani imprenditori agricoli, facendo emergere il ruolo rilevante dell’innovazione, dall’altro intendiamo favorire l’interconnessione di scuole e università con il mondo imprenditoriale giovanile. Nel recente rinnovo del protocollo d’intesa con gli Istituti tecnici agrari senza frontiere abbiamo voluto includere sia FederUnacoma, sia l’associazione Agricoltura è Vita, centro di ricerca e formazione nazionale di Cia, al fine di accrescere “l’ecosistema della conoscenza” che stiamo da anni costruendo».

Le nuove leve reclamano più formazione ma anche più facilità di accesso al settore. Il ricambio generazionale in agricoltura è riconosciuto come priorità nell’agenda politica dell’Ue e nel Piano strategico per la Pac dell’Italia. È una sfida che stiamo vincendo o perdendo?

«La sfida del ricambio generazionale rimane al centro della politica agraria perché gli obiettivi non sono stati raggiunti. Anzi i dati del censimento Istat 2020 certificano un netto peggioramento della situazione rispetto al 2010. Nel dettaglio: i capi azienda fino a 44 anni nel 2010 erano 285.276, mentre nel 2020 il numero registrato è stato 151.825, con una riduzione di 133.451 soggetti. Il crollo demografico, se confrontato con la classe di agricoltori over 75, ci fotografa una realtà molto diversa da quella che per anni è stata narrata: mentre nel 2010 per ogni agricoltore over 75 si contavano 1,05 agricoltori under 44, nel 2020 ne sono stati contati 0,63. Le ragioni sono tante e possono essere sintetizzate con una semplice espressione: innalzamento delle barriere all’ingresso in agricoltura. L’accesso alla terra, al credito, alla conoscenza e all’innovazione sono preclusi ai giovani che intendono intraprendere l’attività agricola. Va poi aggiunto che la carenza di servizi in molte aree rurali, specialmente quelle interne, sono causa di spopolamento».

Se terra, credito, conoscenza e innovazione sono preclusi ai neo imprenditori agricoli, come da lei dichiarato, vuol dire che l’agricoltura non è un settore per giovani?

«È un settore per i giovani migliori, capaci di accettare le grandi sfide -come il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi europei- consapevoli del proprio ruolo: creatori di nuovo valore aggiunto, in risposta ai bisogni della società».

Un compito arduo e con poche agevolazioni.

«Nei loro confronti è indispensabile mettere in campo una rinnovata strategia che dalle logiche dei premi temporanei passi a quelle di un supporto strutturale allo sviluppo e al consolidamento dell’impresa».

Per esempio come?

«Partiamo dalla terra senza la quale è impossibile avviare un’azienda. Qui il principale problema è finanziario. La terra costa molto e il sistema bancario non può erogare mutui oltre una certa durata. Mentre, considerando le caratteristiche del settore, i mutui dovrebbero avere una durata almeno trentennale. E questo è possibile solo con Ismea che gestisce l’ex cassa per la formazione della proprietà contadina. Purtroppo, l’Istituto opera solo con risorse proprie derivanti dal pagamento degli assegnatari correnti, mentre ci vorrebbe una nuova dotazione finanziaria specifica.
Quanto all’accesso al credito, anche qui sul fronte bancario ci sono delle regole che non consentono alle banche di erogare mutui oltre una certa durata, d’altra parte la banca inquadra il giovane imprenditore come un soggetto a rischio e, quindi, non solo è difficile concedere credito ma, nell’eventualità di poterlo fare, il costo del denaro è alto, in ragione di un rating basso per via della mancanza di una storia d’impresa».

Altra nota dolente è l’implementazione dei Psr in Italia che evidenzia una situazione poco favorevole ai nuovi insediamenti. Come invertire questa tendenza?

«In diverse Regioni si riscontrano tempi incerti tra la presentazione della domanda e l’approvazione della stessa, con casi estremi di tre-quattro anni di attesa e con catastrofiche situazioni di revisione delle graduatorie a seguito di ripetuti ricorsi. In alcune Regioni anche i criteri per l’assegnazione dei punteggi sono stati penalizzanti e differenziati. Si aggiunga una gestione amministrativa-burocratica non sempre efficiente. Maggiore collaborazione tra il giovane insediante e l’amministrazione competente sarebbe certamente auspicabile».

Come valuta le nuove misure dedicate ai giovani nella Pac 2023-2027?

«Il primo pilastro della Pac non è sufficiente a dare risposte ai giovani. Infatti, ci saremmo aspettati più coraggio sia nelle scelte politiche che nelle dotazioni finanziarie, in molti casi ininfluenti rispetto al futuro delle imprese giovanili. Peraltro, lo strumento della maggiorazione del premio legato alla superficie penalizza i nuovi insediati che iniziano l’attività agricola senza avere una famiglia alle spalle».

Accordo Agia-Cia Crea per avvicinare gli under 41 alla ricerca

L’accordo mette a fattor comune know-how e competenze, formazione, ricerca e sperimentazione in campo. Primo step, la road map che permetterà a 41mila giovani imprenditori agricoli di Agia-Cia di accedere a 72 Centri del Crea in 19 regioni d’Italia. Iniziativa già al via in Emilia-Romagna, Marche e Sicilia. Fino a febbraio 2023 gli under 41 di Cia potranno conoscere da vicino le strutture del Crea, gli studi e le innovazioni in campo, oltre a partecipare al confronto con tecnici ed esperti. Tra gli obiettivi: realizzare innovazioni utili al sistema agroalimentare, forestale e ambientale; mettere a punto interventi per una migliore qualità, resa e valorizzazione delle produzioni agricole soprattutto nelle aree rurali del Paese; promuovere il diretto coinvolgimento di imprese e organizzazioni di riferimento per innescare processi di co-progettazione; supportare le aziende nella gestione e valutazione economica delle scelte operative. Calentini: «Il percorso di conoscenza diretta dei giovani imprenditori agricoli con i ricercatori del Crea vuole essere il punto di partenza verso un dialogo continuo, finalizzato sia al trasferimento di conoscenze verso gli agricoltori, che alla condivisione dei fabbisogni di ricerca degli stessi, attraverso un’alleanza strategica per la creazione di un nuovo valore aggiunto per il nostro Paese».

I giovani agricoltori? «Affamati di formazione» - Ultima modifica: 2022-12-05T10:32:07+01:00 da Laura Saggio

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