Per la Pac 2014-2020 il 30% totale dei fondi è destinato ai Psr (Piani di sviluppo rurale), misure che premiano l’ammodernamento strutturale delle aziende, l’insediamento dei giovani in agricoltura, l’adozione di misure volte a migliorare l’ambiente, l’agricoltura biologica, la cooperazione tra aziende, il sostegno per le aree agricole svantaggiate. Per i giovani agricoltori le misure più attese sono quelle riguardanti il primo insediamento in agricoltura e gli investimenti aziendali.
Domanda rimasta fuori
«Personalmente – racconta Giacomo Mezza, giovane risicoltore piemontese (di cui abbiamo già parlato l’anno scorso sul sito di novagricoltura) -, nel 2017 ho fatto domanda per il premio all’insediamento in agricoltura dei giovani agricoltori, insediandomi in un’azienda risicola di 80 ha circa. Congiuntamente a questa misura ho anche fatto domanda per il premio all’investimento in agricoltura per i giovani agricoltori.
Era necessario infatti, nell’azienda in cui mi sono insediato, sostituire l’impianto di essicazione e l’irroratrice. Purtroppo però, pur avendo raggiunto un punteggio elevato per un’azienda cerealicola e una posizione abbastanza buona in graduatoria, la mia domanda è rimasta fuori da quelle finanziate dalla regione Piemonte. Lo svantaggio più grande che si è evidenziato rispetto alle altre aziende che invece hanno ricevuto il pagamento è legato al territorio. Vi è una voce, infatti – aggiunge Giacomo -, che assegna dei punti se l’azienda richiedente il contributo si trova in un territorio con riconoscimenti particolari. La pianura risicola, pur essendo un territorio molto caratteristico e unico nella nostra regione, per estensione e importanza economica, purtroppo non gode di alcun riconoscimento ufficiale da parte degli enti preposti. Si crea così un gap già in partenza rispetto ad aziende che invece sono situate nelle Langhe, o nel Monferrato (riconosciute come patrimonio Unesco). Inoltre – conclude Giacomo - per quello che riguarda un’azienda a indirizzo prevalentemente cerealicolo ho notato la difficoltà nel trovare misure o requisiti che possano garantire un punteggio elevato a discapito di altri tipi di coltivazioni che si trovano molto più agevolate ad accumulare punti utili per la graduatoria».
Servono più incentivi
«La speranza – prosegue Giacomo - è che in questi due anni che rimangono all’attuale Pac, la regione trovi dei fondi per finanziare quante più domande possibili in quanto si tratta di risorse utili per aiutare i giovani nell’avviare la propria impresa. Senza di queste infatti sarebbe difficile garantire un futuro a lungo termine alle aziende dei giovani agricoltori. Con le difficoltà del caso nell’ accedere al credito, se alle spalle dei giovani manca questo aiuto, è difficile pensare che la sola famiglia dell’agricoltore possa sostenere i costi di avvio di un’impresa. Siccome viene spesso riportato dalla stampa nazionale il dato di tanti giovani che ogni anno avviano la propria azienda agricola, è bene che queste iniziative vengano incentivate il più possibile dalle istituzioni. Bisogna ricordare inoltre – aggiunge il giovane risicoltore - che i fondi erogati dall’Ue nel 2014 e destinati alla Pac devono essere esauriti entro il 2020 altrimenti si incorrerà in eventuali sanzioni da parte dell’ente erogante».
I Psr devono rimanere di competenza regionale
«Nel 2019, dopo le elezioni europee, inizieranno le trattative per definire la Pac post 2020 e da lì quelle che saranno le nuove misure dei Psr. Dalle prime anticipazioni – precisa Giacomo - è stato proposto che siano anch’essi gestiti a livello nazionale e non più regionale. Questa eventuale soluzione è da scongiurarsi in quanto le regioni sono più vicine al territorio e conoscono meglio le esigenze dei propri agricoltori. Soprattutto una coltivazione come quella del riso, di nicchia a livello nazionale, ma molto rilevante a livello regionale, ha bisogno di misure specifiche prodotte da persone vicine alle nostre esigenze».
In particolar modo, continua Giacomo: «In questi ultimi anni due temi hanno tenuto banco tra gli addetti ai lavori: la gestione delle paglie e la semina interrata. Potrebbero essere studiate misure specifiche circa il riutilizzo delle paglie in quelle zone dove l’interramento di queste non è possibile. Mentre per la semina interrata, molto più semplice come gestione agronomica ma anche richiedente molta più acqua rispetto alla semina in risaia sommersa, si devono pensare misure di contenimento, per evitare le problematiche relative alla gestione idrica, verificatesi nel 2016, dove un aumento spropositato delle semine interrate combinato alla scarsità di precipitazioni nell’inverno precedente ha messo seriamente a rischio siccità il nostro territorio».