Negli ultimi anni il deperimento batterico dell’albicocco sta destando sempre maggiore preoccupazione negli areali di coltivazione del nord Italia. In Emilia-Romagna negli ultimi anni si sta assistendo a gravi epidemie che stanno mettendo a dura prova la sopravvivenza degli impianti.
La malattia è provocata da un batterio del genere Pseudomonas di cui la specie più frequentemente osservata su albicocco è Pseudomonas syringae pv. syringae.
Come si diffonde
Il patogeno, che sverna sulle gemme contaminate o all’interno dei cancri prodottisi nella passata stagione, può causare danno sia sui rami che sulle foglie e, se la stagione decorre favorevole allo sviluppo del batterio, anche sui frutti dove si producono delle tacche bruno rossastre in grado di rendere il prodotto incommerciabile.
Il ciclo del patogeno è caratterizzato da una fase epifitica, dove la popolazione rimane attiva e in grado di moltiplicarsi sulla superficie della pianta senza causare infezione, e una fase infettiva molto breve e erratica.
Le popolazioni epifitiche permettono la colonizzazione di nuovi organi e possono rappresentare al momento opportuno l’inoculo per la contaminazione. Le popolazioni del batterio sono maggiormente elevate durante la primavera e l’autunno e relativamente più deboli d’estate in quanto maggiormente sensibili alle alte temperature.
Queste inoltre possiedono un’elevata attività criogenica, essendo in grado di indurre la formazione di cristalli di ghiaccio all’interno dei tessuti della pianta e sulla sua superficie. Allorquando la temperatura scende sotto lo 0 °C, l’acqua delle cellule esce e s’accumula negli spazi intercellulari ghiacciandosi senza danno per le cellule vegetali. Con il rialzarsi della temperatura, l‘acqua viene riassorbita lentamente dalle cellule, lasciando per un breve periodo di tempo lo spazio intercellulare vuoto ma sempre in presenza di un film liquido. Se ciò avviene in presenza di una ferita contaminata, i batteri si diffondono rapidamente all’interno provocando in breve tempo la necrosi del tessuto vegetale interessato e, successivamente, veri e propri cancri che possono portare al disseccamento anche di intere branche e, nei casi estremi, alla morte della pianta.
Le condizioni predisponenti lo sviluppo della malattia sono rappresentate da abbondanti precipitazioni in grado di idratare fortemente le piante sensibilizzandole all’attacco del patogeno, e le gelate primaverili, sembrano indispensabili per creare microlesioni e l’espulsione dell’acqua dagli spazi intercellulari.
Nessun rimedio curativo
La lotta contro il deperimento batterico dell’albicocco non è facile. Non esistono prodotti curativi. Solo le misure preventive permettono di limitare la comparsa, la gravità e la propagazione della malattia.
In fase di impianto è indispensabile evitare zone particolarmente esposte al freddo, scegliere il porta-innesto in funzione sia della varietà che del tipo di adattamento al suolo, praticare nelle aree a rischio un innesto il più alto possibile.
In fase vegetativa è consigliabile evitare la potatura da ottobre a gennaio (è il periodo in cui i batteri penetrano e si sviluppano nella pianta), potare precocemente da luglio a agosto e rifinire la potatura a partire da marzo evitando di produrre ferite nella stagione fredda, proteggere le grosse ferite di potatura con paste cupriche, disinfettare gli strumenti di potatura il più frequentemente possibile, eliminare tutti i ricacci alla base del tronco e applicare una pasta batteriostatica.
Trattamenti rameici
A settembre: applicazione di spennellature con paste cupriche alla base del tronco per i primi 20 cm dei rami principali.
Nel corso dell’autunno: prevedere almeno 2-3 interventi rameici (250 g di rame metallo) all’inizio della caduta foglie e ripetuti dopo 7-12 giorni per coprire il periodo di caduta foglie.
A gennaio-febbraio (ma prima dello stadio di bottone rosa): ripetere tali trattamenti tenendo conto che vi è il vincolo a non utilizzare più di 28 kg di ione rame in 7 anni.
Articolo pubblicato sulla rubrica L'occhio del Fitopatologo di Terra e Vita