Peronospora e marciume batterico rappresentano le malattie che per diffusione e intensità colpiscono più frequentemente la lattuga coltivata in pieno campo durante il periodo primaverile.
La peronospora si sviluppa a spese dell’apparato vegetativo in concomitanza di condizioni climatiche caratterizzate da temperature medie giornaliere comprese fra i 10 e i 20 °C e da frequenti piogge o rugiade che mantengono bagnata la vegetazione.
L’attacco fungino
L’agente causale della malattia ha una specializzazione biologica molto spinta, presenta diverse razze fisiologiche e si conserva sui residui colturali, fondamentalmente come micelio, da cui prendono origine le nuove infezioni. Dopo il trapianto, si manifesta inizialmente sulla pagina superiore delle foglie esterne con macchie giallastre a contorno spesso delimitato dalle nervature in corrispondenza delle quali, sulla pagina inferiore, si sviluppa un’efflorescenza biancastra costituita dai conidiofori e dai conidi.
La lotta contro la peronospora deve essere condotta essenzialmente mediante alcuni accorgimenti di carattere agronomico mentre il ricorso all’uso dei prodotti chimici deve essere riservato ai soli casi di assoluta necessità, conformemente ai “disciplinari di difesa integrata”.
Riguardo ai primi si ricordano: eliminazione dei residui colturali, ampie rotazioni, sesti di impianto non troppo fitti, corretta sistemazione del terreno, gestione dell’irrigazione in relazioni alle reali necessità della coltura, equilibrate concimazioni in particolare quella azotata.
Date le caratteristiche di estrema variabilità genetica di Bremia lactucae, la coltivazione di varietà resistenti alla peronospora fornisce un contributo importante nella lotta alla malattia, pur non garantendo completamente lo sviluppo di infezioni a carico dell’apparato vegetativo delle piante. Pertanto con andamento climatico stagionale particolarmente perturbato e su varietà molto suscettibili è opportuno effettuare alcuni interventi fitoiatrici, il primo dei quali 8-10 giorni dopo il trapianto ed i successivi cadenzati in funzione delle condizioni climatiche e dello sviluppo epidemiologico della malattia.
Il marciume batterico
Il marciume batterico determina la comparsa di caratteristiche maculature di colore bruno-nerastro sulla lamina e sul bordo delle foglie più interne del cespo, sulle nervature e sui piccioli. I tessuti infetti assumono un aspetto nero-lucente, umido e si disgregano. L’agente causale della malattia può sopravvivere nel terreno, nella rizosfera di parecchie piante erbacee, nelle acque dei canali e sui residui della vegetazione infetta rimasti in campo dopo la raccolta.
La lotta contro questa avversità si basa essenzialmente su interventi preventivi di natura agronomica: distruzione dei residui colturali che presentano i sintomi della malattia, rotazioni almeno triennali, irrigazione con acqua non infetta e con tempi tali da non creare prolungata bagnatura dell’apparato vegetativo. Per contenere la sua diffusione in campo le applicazioni fitoiatriche possono essere effettuate con i medesimi preparati a base di rame consigliati per combattere la peronospora, compatibilmente con il rispetto dei loro tempi di carenza.
I prodotti contro la peronospora della lattuga
Principio attivo (%) | Dose g-ml/hl |
Solfato tribasico Cu 40 | 1,4-1,8 Kg/ha |
Idrossido Cu 20 | 1,8-2,2 kg/ha |
Ossicloruro Cu 35 | 2,-2,5 kg/ha |
Amisulbron 17,7 | 60 |
Cimoxanil 4,2+Ossicloruro Cu 39,75 | 200-300 |
Iprovalicarb 8,4+Ossicloruro Cu 40,6 | 1,85 kg/ha |
Ametoctradin 27+Dimetomorf 20,3 | 80 |
Propamocarb 47,2+Fosetil Al 27,6 | 2-2,5 kg/ha |
Metalaxil-m+Ossicloruro Cu 14,19 | 5 kg/ha |
Fuopicolide 5,56+Propamocarb 55,56 | 1,4-1,6 kg/ha |
Attenzione ai residui
Le caratteristiche merceologiche delle insalate giocano un ruolo determinante ai fini commerciali in quanto il consumatore non tollera su questi ortaggi a foglia imperfezioni di qualsiasi natura e soprattutto esige che siano sicuri sotto il profilo igienico sanitario per l’assenza di residui di agrofarmaci o, se presenti, a dosi inferiori ai limiti massimi consentiti dalla legislazione sanitaria vigente. Sotto questo aspetto la difesa fitosanitaria deve essere condotta integrando l’adozione di alcune pratiche agronomiche, atte a ridurre il rischio fitosanitario, con l’impiego di agrofamaci dotati di profilo ecotossicolocico favorevole e, considerata la brevità dei cicli colturali degli ortaggi a foglia, con ridotti tempi di carenza.
Articolo pubblicato sulla rubrica L'occhio del Fitopatologo di Terra e Vita