Per la produzione di ortaggi da foglia la pianura litoranea barese è sicuramente uno dei territori più vocati in Italia, come testimonia la vasta superficie coltivata a lattughe e scarole. Non a caso questa pianura è laboratorio di sperimentazione e adozione di pratiche colturali innovative, la cui conoscenza è interessante poiché può diventare esempio per orticoltori dello stesso territorio o di altri simili. Pioniera di questo spirito innovativo è la Società cooperativa “Agricola” di Polignano a Mare (Ba), uno dei cui soci, Vito De Luca, con l’aiuto del tecnico di campo della cooperativa, Giuseppe Pellegrini, ha fortemente innovato la difesa fitosanitaria nei 4 ettari che, fra Conversano e Polignano a Mare, coltiva a foglia di quercia, lollo bionda e lollo rossa e a scarola liscia.
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Gli interventi contro la sclerotinia delle lattughe
«Noi intendiamo la difesa fitosanitaria come un mosaico di interventi ben orchestrati fra loro per raggiungere una eccellente protezione delle piante da patogeni e fitofagi – dichiara De Luca –. La corretta difesa non può che essere preventiva e parte con l’utilizzo di varietà provviste di un ampio pacchetto di resistenze, come l’alta resistenza alle razze 1-37 della peronospora della lattuga (Bremia lactucae) e all’afide rosso della lattuga (Nasonovia ribisnigri). Poi la difesa continua con il ricorso a trattamenti specifici in condizioni atmosferiche favorevoli a un’elevata pressione delle malattie come un’alta umidità relativa».
Messa la coltura al sicuro dalla peronospora con varietà altamente resistenti, le malattie fungine da fronteggiare, sottolinea Pellegrini, sono la sclerotinia (Sclerotinia sclerotiorum, S. minor) e la botrite o muffa grigia (Botrytis cinerea). «Il problema fitosanitario più importante è senza alcun dubbio la sclerotinia, la cui presenza è favorita dalla difficoltà di garantire nei terreni, continuamente coltivati a ortive, una regolare rotazione colturale. Il pericolo potenziale della sclerotinia dipende tuttavia dall’epoca dei trapianti, che effettuiamo dai primi di settembre a inizio gennaio: nei cicli colturali di settembre, che durano circa 50 giorni, con raccolta entro fine ottobre, in genere non si presenta; invece nei cicli colturali di novembre-dicembre, lunghi circa 120 giorni, è davvero il problema fungino più rilevante e facilmente si manifesta dalla seconda settimana dopo il trapianto».
Dopo il trapianto De Luca effettua due trattamenti, il primo alla prima irrigazione e il secondo dopo quattro settimane dal trapianto, con un prodotto a base di micorrize e un ceppo selezionato di Trichoderma harzianum, che favorisce e stimola la crescita e lo sviluppo radicale, contribuendo a formare una pianta più sana e resistente agli stress abiotici, con i conseguenti influssi positivi sulla coltura e sulla produzione. «Fra questi due trattamenti, quindi a 12-14 giorni dal trapianto, interveniamo una sola volta con Dagonis, fungicida, costituito dalla miscela di fluxapyroxad e difenoconazolo, che si apprezza per ottime proprietà di controllo della sclerotinia, selettività piena sulla coltura e buona residualità delle sostanze attive rispetto alle richieste della grande distribuzione. Dagonis lo impieghiamo in miscela con insetticidi per il controllo di tripidi vettori di virus che causano avvizzimento fogliare e perdita delle piante».
La strategia antibotritica
Se la sclerotinia è l’avversità fungina più pericolosa per lattughe e scarole, non bisogna affatto sottovalutare la botrite, sostiene Pellegrini. «In condizioni atmosferiche caratterizzate da elevata umidità, eventuali microlesioni costituiscono i punti di ingresso dei conidi, gli organi di dispersione (o spore) attraverso i quali il patogeno si trasferisce da una pianta all’altra e si riproduce formando la caratteristica muffa di colore grigio sulla superficie delle foglie attaccate. Perciò, in presenza di umidità relativa persistente per più di 10 ore, interveniamo preventivamente con Signum, miscela di pyraclostrobin e boscalid, una o due volte, in funzione della lunghezza del ciclo colturale, dell’andamento climatico e dei tempi di raccolta».
Quando le piante di lattuga e scarola raggiungono lo standard in volume e peso, De Luca e Pellegrini gestiscono la protezione dalla botrite con l’ausilio di Serifel, antibotritico biologico a base del ceppo MBI 600 di Bacillus amyloliquefaciens, un batterio presente naturalmente nel terreno. «Questo fungicida, utilizzabile fino a sei trattamenti per ciclo colturale a dosi molto basse (0,5 kg/ha) che non sporcano il prodotto, ci consente di mantenere lattughe e scarole in pieno campo in condizioni ottimali fino alla raccolta, poiché non ha tempo di carenza. Pertanto da un lato ci fornisce un valido aiuto in un periodo critico per la sostenibilità economica dell’azienda, dall’altro ci garantisce la piena ottimizzazione della gestione dei residui».
Serifel, tre diverse modalità di azione
Il ceppo MBI600 di B. amyloliquefaciens contrasta l’insorgenza della botrite e di altri patogeni attraverso tre diverse modalità di azione che lo rendono un valido e vantaggioso strumento per la costruzione di strategie antiresistenza: produzione di metaboliti lipopeptidici antifungini (iturina e surfactina) attivi contro le membrane dei funghi patogeni, competizione per lo spazio, competizione per i nutrienti.
I metaboliti lipopeptidici antifungini prodotti dal batterio specifico di Serifel sono simili agli elementi costitutivi della membrana cellulare del patogeno, per cui si possono inserire nella struttura della membrana causando la sua alterazione, la formazione di punti di rottura e l’interferenza con il funzionamento della cellula.
La produzione di metaboliti antifungini crea una zona di inibizione, in cui B. cinerea e Sclerotinia spp. non possono crescere e le spore dei patogeni non possono germinare. Più lungo è l’intervallo fra l’applicazione del B. amyloliquefaciens e l’inizio dello sviluppo del patogeno, più grande è la zona di inibizione, quindi l’efficacia del fungicida. Per tale ragione è raccomandata l’applicazione preventiva di Serifel.
Di rilievo anche l’attività di Serifel nell’innescare meccanismi di resistenza sistemica acquisita ed indotta.
Serifel si distingue anche per la formulazione WP ottimizzata di elevata stabilità e qualità produttiva che contiene spore pure del principio attivo (almeno 5,5 x 1010 CFU/g). Questa caratteristica esclusiva e distintiva determina vantaggi specifici: in particolare Serifel è il fungicida biologico efficace con minore dose d’impiego per ettaro, pari a 0,5 kg/ha. Studi di campo e di laboratorio hanno evidenziato che va applicato preventivamente con temperature medie superiori a 15 °C per esprimere al meglio la sua efficacia. L’etichetta di Serifel permette grande flessibilità di utilizzo: infatti non ha intervallo di sicurezza, nessun limite massimo di residuo e nessun tempo di rientro, presenta un profilo tossicologico ed ecotossicologico molto favorevole.
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