Siamo ormai agli sgoccioli della raccolta delle olive in molte aree del Centro Italia.
La qualità delle drupe è eccellente anche grazie alla completa assenza della mosca. Le operazioni di raccolta, però, provocano ferite che andrebbero subito curate per evitare importanti infezioni di Pseudomonas savastanoi. Inoltre l’andamento metereologico sta determinando condizioni favorevoli al cicloconio. È utile, pertanto, programmare a fine raccolta un intervento con sali di rame.
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita
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La rogna dell’olivo
La rogna compare sui rami lignificati con dei tipici tubercoli inizialmente di colore giallo-verdastro e di poco millimetri, per poi ingrandirsi e lignificare. Le infezioni di rogna sono causate oltre che da fattori biotici (fitofagi), anche da cause abiotiche (gelate, grandine, vento) o da danni meccanici dovuti alla raccolta con abbacchiatori e alle potature. I periodi di maggiore diffusione coincidono con quello della raccolta e quello delle potature quando le condizioni di presenza idrica sono favorevoli alla fuoriuscita del batterio dal tubercolo. Le temperature invece sono molto variabili: dai 5 °C fino ai 37 °C.
Condizioni climatiche favorevoli
Il cicloconio dell’olivo, Spilocea oleagina, recentemente ridefinito come Fusicladium oleaginum , è la più nota e diffusa malattia crittogamica. Le manifestazioni più evidenti si hanno sulle foglie ove il patogeno penetra attivamente e dove è possibile osservare sulla pagina superiore tipiche aree clorotiche concentriche che, a sviluppo ultimato, possono raggiungere i 10-12 mm di diametro. Il danno più grave è rappresentato da una progressiva defogliazione, visibile in questa fase soprattutto sulla parte più bassa della chioma, che si riflette negativamente sul vigore vegetativo della pianta. Attacchi ripetuti negli anni determinano un progressivo indebolimento della pianta con rarefazione della chioma soprattutto nelle varietà sensibili.
Il patogeno è fortemente dipendente dall’andamento termo-pluviometrico; infatti, affinché l’infezione avvenga, è necessario una elevata umidità relativa con una prolungata bagnatura delle foglie e temperature miti. Queste condizioni si verificano, generalmente, in primavera e autunno, periodi in cui, negli ambienti olivicoli dell’Italia centrale, sono concentrate le infezioni. A ogni pioggia persistente, in condizioni di temperatura favorevole, può corrispondere un’infezione.
Le regolari precipitazioni avvenute nella prima parte dell’autunno e le temperature miti, rendono le condizioni attuali ancora favorevoli alla diffusione di tale patologia, specie in varietà sensibili. È, quindi, molto importante in post-raccolta eseguire un trattamento per ridurre l’inoculo.
La severità della malattia è legata, oltre che all’andamento meteorologico, alla varietà ed all’intensità della potatura. Infatti, tutti i fattori che determinano una persistenza dell’umidità sulle foglie (es. fondovalle o una chioma folta) risultano favorire la diffusione della malattia. Un aspetto determinante è la diversa sensibilità varietale che rende alcune cultivar locali (Dritta, Gentile di Chieti, Tortiglione e Peranzana) particolarmente attaccate, mentre la cv. Leccino, anch’essa molto presente in impianti misti, risulta più tollerante.
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Metodi di contenimento
Per gli interventi da eseguirsi su olivo in questo periodo, finalizzati al contenimento dell’occhio di pavone (Spilocaea oleagina) e della rogna dell’olivo (Pseudomonas savastanoi), occorre eseguire un primo intervento in concomitanza con la fine della raccolta delle olive. Quindi eseguire un secondo intervento a distanza di 7-10 giorni, valutabile in funzione delle condizioni climatiche più o meno favorevoli (in particolare considerare le precipitazioni ed il livello di umidità). Qualora la problematica fitosanitaria principale dell’oliveto sia la rogna, privilegiare, in impianti di limitate dimensioni, il trattamento con lancia irroratrice al fine di bagnare bene il tronco e le branche attaccate dal batterio. Prediligere formulati rameici con rapida prontezza d’azione nel primo trattamento per poi intervenire con formulati caratterizzati da maggior persistenza nel secondo intervento.