Lo scenario è drammatico e il settore dallo scorso settembre ha innescato una spirale ribassista che sembra non avere via d’uscita. Per i grassi da macello i prezzi rilevati in Commissione unica nazionale a Mantova sono passati da una media di 1,582 euro al chilogrammo dello scorso settembre a 1,137 di una settimana fa, con un crollo di oltre il 27 per cento.
Concentrarsi sulle filiere Dop e comunicarne il valore, sostenere l’internazionalizzazione, riequilibrare la presenza di agricoltori all’interno dei Consorzi di tutela per una condivisione di progettualità, introdurre l’etichettatura anche per gli insaccati e i prodotti trasformati. Sono le contromisure da prendere di fronte all’attuale crisi della suinicoltura secondo il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, che il 18 marzo ha incontrato a Verona, nella sede del Consorzio Agrario del Nord Est, circa 200 associati tra imprenditori, allevatori, rappresentanti del settore suinicolo delle più importanti regioni suinicole.
Numerosi i suinicoltori mantovani presenti, capitanati dal presidente di Coldiretti Mantova Paolo Carra, dal direttore Erminia Comencini, dal responsabile economico Alberto Lombardi e dal presidente dell’Associazione nazionale allevatori suini Thomas Ronconi. Con 1,1 milioni di suini allevati, Mantova è la seconda provincia in Italia per numero di capi, alle spalle di Brescia. E la Lombardia produce oltre il 40% della carne suina nazionale.
Thomas Ronconi: «Perdiamo 65 euro a capo»
Thomas Ronconi, allevatore di Marmirolo iscritto a Coldiretti Mantova e presidente di Anas, parla di un “quadro drammatico” e recentemente ha calcolato in circa 65 euro per animale la perdita delle aziende zootecniche.
Cifre confermate anche da un altro storico allevatore di maiali, Gianni Pagliari: «Le quotazioni della Cun sono di poco superiori a quelle della Spagna, con la differenza che loro non devono rispettare disciplinari per le Dop, hanno costi di produzione notevolmente inferiori, macellano tra i 110 e i 140 chilogrammi contro i 165 di media dell’area padana e non hanno vincoli di genetica. Rispetto a qualche mese fa perdiamo intorno ai 60-70 euro per maiale».
Una crisi dovuta con ogni probabilità a una concomitanza di fattori, legati a una diminuzione dei consumi di carne e salumi, molto spesso ingiustificatamente posti all’indice da una frangia della società, ma anche figlia di una sovrapproduzione di prosciutti del circuito Dop, che hanno di fatto incrementato le scorte e appesantito il mercato.
«Negli ultimi due anni, fra il 2017 e il 2018, sono stati prodotti circa un milione di prosciutti in più. Cifre alla mano, si tratta di circa il 10% in più – osserva Ronconi -. Se aggiungiamo una congiuntura sfavorevole per i consumi, l’export non è stato in grado di assorbire numeri più alti e tutto ciò ha scatenato la crisi».
Puntare sulle dop e sulla tracciabilità
«La Denominazione d’origine è l’unico elemento su cui possiamo creare la distintività ed è l’unico strumento per sviluppare l’intera filiera e il comparto suinicolo – ha detto il presidente nazionale di Coldiretti, Ettore Prandini -. Oggi è necessario riequilibrare la presenza di agricoltori all’interno dei Consorzi di tutela per una condivisione di progettualità. Un altro tema è la necessità di lavorare sulla comunicazione per la valorizzazione e traino delle Dop e dell’intero settore suinicolo».
Prandini ha sottolineato anche la necessità di maggiori controlli all’interno della filiera per realizzare prodotti di elevata qualità nelle Dop. «Dobbiamo lavorare di più per l’internazionalizzazione, anche tramite i Consorzi di tutela, perché rispetto ad altri Paesi come Spagna e Germania siamo rimasti indietro – ha esortato Prandini -. Quanto all’obbligo dell’origine, servono i decreti attuativi per identificare il prodotto agricolo utilizzato in tutta la filiera dell’insaccato, esattamente come è avvenuto per il settore lattiero caseario. Infatti, con l’origine dei prodotti in etichetta è stata diminuita sostanzialmente l’importazione delle cagliate».
Per Coldiretti Mantova, è emerso poi a Verona, la strada da percorrere rimane quella della salumeria Dop, incrementando al massimo la qualità. Anche per il motivo illustrato da Ronconi: «Oggi noi suinicoltori viviamo in questa fase il paradosso dei prosciutti: dovrebbero garantire la redditività e sono invece la parte che ci sta creando maggiori difficoltà».
Sempre da Coldiretti Mantova è arrivata la richiesta ai macellatori e agli stagionatori di sostenere il progetto delle Dop e di osservare procedure all’insegna della tracciabilità. «Le Dop sono una risorsa per il settore – ha dichiarato Claudio Veronesi, suinicoltore di Sustinente legato a Coldiretti – e bisogna lavorare affinché la qualità dei prosciutti cresca e sia percepita dai consumatori. Differenziare il Made in Italy è la strada giusta».