Influenza aviaria, blue tongue, afta epizootica e Peste suina africana: sale la tensione negli allevamenti a causa delle diverse epizoozie che si stanno diffondendo o rappresentano una minaccia molto vicina per le stalle italiane. Tanto che le organizzazioni agricole hanno più volte sollecitato l’intervento del ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. Confagricoltura ha chiesto anche di attivare la riserva di crisi dell’Ue per affrontare questa crisi del settore zootecnico.
Influenza aviaria
Per quanto riguarda l’influenza aviaria l’ultimo focolaio di infezione gennaio è stato scoperto in un allevamento di polli di Chivasso, nel torinese, dove è scattato l’abbattimento per 60mila capi. Per arginare la diffusione del contagio l’Asl ha istituito una zona di sorveglianza che riguarda Chivasso e altri undici comuni del circondario.
Il Veneto è stato pesantemente attaccato dall’influenza aviaria: dopo i 9 focolai scoperti nella prima metà di gennaio 2025 nel veronese e riguardanti allevamenti di tacchini, di galline ovaiole o di pollame da carne, il nuovo caso rilevato in un allevamento di galline ovaiole a Vigasio, sempre in provincia di Verona, ha coinvolto 800mila esemplari segnando un primato negativo per la regione, che ora ha superato la Lombardia con 24 cluster registrati da ottobre, rispetto ai 23 della regione confinante.
Calogero Terregino, direttore del dipartimento di Scienze biomediche comparate dell’Istituto zooprofilattico delle Venezie, ha spiegato come il virus si stia modificando e circoli in nuove aree come il Trevigiano, con nuovi uccelli volatili infetti che lo trasmettono, come gli ibis e gli aironi.
Poiché le misure di biosicurezza potrebbero non essere più sufficienti, ha aggiunto Terregino, si pensa ora all’adozione di un vaccino, in sperimentazione tra Italia e Olanda. Ne sono già pronti alcuni di nuova generazione, in particolare per tacchini e galline ovaiole. Una richiesta, quella del vaccino, avanzata da tutte le organizzazioni agricole e al centro di un incontro che si è svolto il 22 gennaio scorso a Roma, al ministero.
A preoccupare è anche la capacità del virus di mutare e infettare altre specie, come bovini e animali da compagnia, in particolare gatti. Diversi focolai sono stati scoperti negli Usa e coinvolgono in particolare gli allevamenti di bovini da latte, con centinaia di casi negli animali.
Il department of Health and human services (Hhs), negli Usa, ha fatto sapere che, sebbene la diffusione da persona a persona non sia ancora stata rilevata, l’H5n1 ha infettato 67 persone in 10 stati americani, con un decesso in Louisiana. Ciò si aggiunge all’infezione in oltre 136 milioni di polli, quasi 11mila uccelli selvatici e oltre 900 mandrie da latte a metà gennaio. Al momento in Italia non si segnalano infezioni in allevamenti di bovini.
In provincia di Bologna, a Valsamoggia, è stato riscontrato, tuttavia, un caso di influenza aviaria in un gatto poi deceduto.
Utilizzando un approccio One Health, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) e l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) hanno pubblicato un parere scientifico che esamina le mutazioni del virus dell’influenza aviaria e il suo potenziale trasferimento all’uomo. «Nel 2024 i virus dell’influenza aviaria – ha affermato Bernhard Url, direttore esecutivo facente funzione dell’Efsa – hanno ampliato la loro pervasività infettando specie fino allora indenni. Il nostro studio individua le principali mutazioni riferibili a un potenziale trasferimento all’uomo, che postulano individuazione e risposta tempestive. La collaborazione e la condivisione dei dati in tutto l’ambito dei soggetti coinvolti restano cruciali per affrontare situazioni emergenti».
La direzione generale della Sanità animale del ministero della Salute ha introdotto, intanto, ulteriori misure per contenere la diffusione dell’influenza aviaria ad alta patogenicità H5n1. Il provvedimento, firmato dal direttore generale Filippini il 10 gennaio scorso, integra e proroga al 28 febbraio 2025 la validità del provvedimento di dicembre.
Le nuove misure sono l’esito della riunione del 7 gennaio scorso fra rappresentanti del ministero, delle quattro regioni direttamente interessate dalle nuove misure e del Centro di referenza nazionale per l’influenza aviaria presso l’Izs delle Venezie. In Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia, dove coesistono zone di migrazione e sosta di uccelli selvatici portatori di virus influenzali aviari e zone ad elevata densità di stabilimenti avicoli, sono state adottate misure di emergenza.

Blue tongue
La Blue tongue o febbre catarrale, una malattia infettiva virale dei ruminanti (trasmessa da insetti vettori appartenenti al genere culicoides) è molto pericolosa per gli ovicaprini, ma colpisce anche i bovini.
La situazione sulla lingua blu in Sardegna continua a destare grande preoccupazione tra gli allevatori sardi, colpiti duramente dall’epidemia del 2024.
Al 10 febbraio 2025 si si contavano 216.410 casi di febbre catarrale con 75.366 capi ovini morti e ben 4.066 focolai dall’inizio dell’epidemia nella primavera 2024 in base ai dati dell’Osservatorio Epidemiologico Regionale presso l’Istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna.
Con una lettera inviata agli assessori regionali dell’Agricoltura e della Sanità, Gian Franco Satta e Armando Bartolazzi, Coldiretti Sardegna ha di recente sollecitato un incontro urgente per affrontare le criticità ancora irrisolte: dagli indennizzi ai piani vaccinali, dalla gestione dei focolai alla necessità di strategie preventive efficaci come i vaccini e un piano di contrasto efficace per la lotta al culicoide che trasmette la malattia.
Alcuni casi di Blue tongue sono stati rilevati nell’ultimo mese anche negli allevamenti della Lombardia, ma la malattia è presente anche in Piemonte, in Liguria e in altre regioni.
In Lombardia è stato approvato un piano di vaccinazione che scatterà entro marzo per ovini, bovini e caprini. In Piemonte il Piano regionale consente di vaccinare entro il 31 maggio 2025 tutti i 120mila capi di specie ovina e attivare una vaccinazione volontaria dei capi bovini, bufalini, caprini che non ne sono colpiti ma che possono trasmetterla agli ovini.
In Lombardia la Regione aveva emanato il 13 settembre 2024 una nota con misure di contrasto compresa la limitazione delle movimentazioni negli allevamenti di specie recettive in un raggio di 20 chilometri dai focolai in uscita dagli allevamenti ovicaprini e bovini, ricadenti in area di circolazione attiva del virus, verso allevamenti siti al di fuori di tale zona. Sono state, inoltre, vietate mostre, esposizioni, fiere e mercati di animali delle specie sensibili alla Blue tongue.
Afta epizootica
I primi tre focolai di afta epizootica erano stati scoperti nel gennaio scorso in un allevamento di bufali in Germania, vicino a Berlino, dove erano scattate subito misure di profilassi. Il laboratorio di riferimento nazionale, Friedrich-Loeffler-Institut (Fli), aveva identificato il sierotipo del virus in tre bufali d’acqua nel distretto di Märkisch-Oderland che erano successivamente deceduti. Tutti i 14 bufali dell’allevamento colpito erano stati abbattuti e distrutti.
Nella zona sono state immediatamente attuate misure di contenimento, tra cui la creazione di zone di protezione (3 km) e sorveglianza (10 km), con chiusura del Tierpark di Berlino e dello zoo. Il sierotipo O del virus, correlato a ceppi presenti in Medio Oriente e Asia, è stato identificato, ma l’origine rimane incerta.
L’ultimo focolaio di afta epizootica in Germania si era verificato in Bassa Sassonia nel 1988. L’ultimo focolaio in Europa era stato segnalato in Bulgaria nel 2011. Prima di allora, il Regno Unito era stato colpito da un’importante epidemia nel 2001, seguita da Francia, Irlanda e Paesi Bassi.
Messico, Sud Corea, Argentina e Regno Unito hanno deciso di bandire l’import di carni o di capi bovini, suini e ovini dalla Germania. Il bando del Regno Unito riguarda i capi di bestiame vivi allevati in Germania.
Anche la Federazione Russa ha bloccato l’importazione da tutti gli Stati membri a causa dell’afta epizootica. Dal 20 gennaio il blocco riguarda i prodotti di origine animale, prodotti composti che originano da specie animali sensibili all’afta epizootica (bovini, piccoli ruminanti, suini), nonchè gli animali vivi suscettibili alla malattia. La sospensione, oltre ai commerci dall’Unione europea alla Federazione Russa, include il loro transito attraverso il territorio russo. Le restrizioni non riguardano i mangimi per animali domestici, prodotti senza l’uso di materie prime di provenienza tedesca.
Attualmente la malattia è endemica in Medio Oriente, Africa, alcune zone dell’America e in diversi Stati asiatici. In Europa l’ultimo focolaio si è verificato in Bulgaria nel 2011; precedentemente, nel 2001, una grave epidemia aveva coinvolto dapprima il Regno Unito e successivamente Francia, Irlanda e Paesi Bassi. L’afta epizootica provoca febbre e vesciche alla bocca in animali ungulati come bovini, suini, ovini e caprini.

Peste suina
Sulla Peste suina africana, Psa, la situazione è monitorata grazie alla strategia messa in atto dal commissario straordinario alla Psa, Giovanni Filippini, che durante l’audizione informale che si è svolta il 4 febbraio scorso in commissione Agricoltura, a Palazzo Madama, ha affermato: «Sulla peste suina africana è in arrivo un nuovo piano aggiornato, che stiamo redigendo alla luce delle esperienze sul campo: lo ripresenteremo alle Regioni e alla Commssione europea. Abbiamo ripreso l’export dei nostri prodotti stagionati con il Canada e stiamo riprendendo i negoziati con il Giappone. Il dialogo è serratissimo per ridare fiducia ai Paesi importatori dei nostri prodotti e sicuramente le nostre azioni stanno rasserenando i mercati: stiamo correndo per anticipare il nemico».
Il commissario ha poi precisato che la ripresa dell’export si riferisce ai prodotti stagionati, «perché oltre i 400 giorni di stagionatura il virus non sopravvive».
«Stiamo cercando di anticipare le mosse della Psa, per ora il virus non si sta diffondendo: questo significa – ha precisato ancora Filippini – che stiamo facendo bene e nella fase 2 vorremo iniziare a fare retrocedere il virus, negoziando con la Commissione per la riapertura in zona 1 o non infetta di parti del territorio che ora sono in fase di restrizione».
Per quanto riguarda i risarcimenti dei danni, diretti e indiretti, Filippini ha spiegato: «Per i danni diretti, che sono seguiti dal ministero della Salute, abbiamo già iniziato a dare gli anticipi. Poi c’è il capitolo dei danni indiretti, ovvero la mancata produzione, che gestisce il Masaf con risorse importanti e anche con la possibilità di attivare la riserva di crisi come chiesto dal ministro Lollobrigida allo scorso Agrifish».
L’Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte e della Valle D’Aosta, intanto, ha comunicato con una nota del 4 febbraio scorso il ritrovamento di tre cinghiali positivi alla Psa nel comune di Cerano (No). Non si segnalano, però, nuovi focolai negli allevamenti della provincia da settembre 2024, quando erano stati abbattuti oltre 20mila capi, circa il 40% del totale dei maiali allevati nel novarese.
Intanto a Piacenza si è svolto, il 3 febbraio scorso, un incontro sulla Psa con lo stesso Filippini, gli assessori emiliani all’Agricoltura, Alessio Mammi, e alle Politiche per la salute, Massimo Fabi, i rappresentanti degli enti locali, dei consorzi e delle associazioni agricole e industriali per fare il punto sulla strategia di contrasto alla diffusione del virus. Una novità è l’impiego delle gabbie di cattura che le organizzazioni agricole hanno chiesto vengano poste nelle vicinanze degli allevamenti per evitare che i cinghiali infetti possano avvicinarsi. A questo incontro faranno seguito, nelle prossime settimane, altri momenti di aggiornamento in altre province.
Unica nota positiva sulla Psa la revoca a Roma della zona rossa. A Bruxelles, infatti, la sessione Salute e benessere animale del Comitato permanente, il 22 gennaio scorso, ha votato per revocare le zone soggette a restrizione istituite a maggio 2022 in provincia di Roma e riportate nel regolamento 594 del 2023.