Come fare economia circolare negli allevamenti italiani

Riutilizzare le risorse significa risparmiare. Ma anche ricercare un minor impatto ambientale. Ecco l’interpretazione zootecnica di questo concetto proposta dal Crpa

Cosa significa fare economia circolare in zootecnia? Il concetto in effetti è un po’ fumoso, comunque si tratta di una idea gestionale che in sintesi allude a un “circolo” di momenti produttivi: dal campo al foraggio, dal foraggio all’alimentazione degli animali, dalle deiezioni animali ancora al campo, oppure alla produzione di energia tramite impianto biogas... E quando le risorse e gli output entrano in un circolo, anche parzialmente, si abbassano i costi di produzione e si riduce l’impatto ambientale.

D’altra parte l’idea di fare economia in circolare in zootecnia appare sostenuta da un forte potenziale strategico: la necessità di risparmiare sugli input del processo produttivo, ma anche e soprattutto la sostenibilità ambientale sono ormai situazioni richieste non più soltanto dagli ambientalisti, ma anche dalla politica e dallo stesso mondo della produzione. Tanto che anche Fieragricola 2020 ha deciso di orientare i dibattiti zootecnici che avranno luogo in fiera proprio su questa problematica.

Ma come dare applicazione a queste idee, che spesso restano un po’ troppo teoriche, nella concretezza di un allevamento di bovine da latte? Con un dossier pubblicato sulla rivista Informatore Zootecnico il Crpa, Centro ricerche produzioni animali di Reggio Emilia, propone alcune risposte a questa domanda. Risposte come vedremo forse parziali, forse legate soltanto ad alcune fasi di questa circolarità, ma col vantaggio di essere pratiche, operative, applicative.

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Economia circolare: dal campo alla stalla

Una prima fase di questa produzione circolare nella zootecnia bovina da latte è notoriamente la foraggicoltura, iniziativa in grado di portare alimenti dai campi agricoli agli animali. Cosa nota ma non certo banale pensando alla discussione tra chi, nell’alimentazione delle bovine, tende a privilegiare l’uso dei foraggi, come si fa nella zootecnia del Parmigiano Reggiano ma non solo, e chi tende a sottolineare la maggiore utilità di un più spinto ricorso ai mangimi. E pensando anche a quanto stia andando di moda il cosiddetto latte-fieno.

Comunque il Crpa ha arricchito questa discussione di un tassello, quello del rispetto ambientale. Un suo progetto al quale di recente ha collaborato, il progetto Life “Forage4Climate”, ha dimostrato che in un ambito di contabilizzazione delle emissioni e dei sequestri di carbonio da parte dei sistemi produttivi agricoli, il sistema produttivo del latte può essere particolarmente virtuoso perché i foraggi agiscono positivamente sul sequestro del carbonio nel terreno.

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Spandimento dei reflui zootecnici a bande, con macchina servita dal sistema ombelicale

L’utilità delle deiezioni

Un’altra fase di questa circolarità delle risorse nell’allevamento delle bovine è quella che vede le deiezioni degli animali ritornare al campo nella loro qualità di fertilizzante. Dunque se sopra si diceva “dal campo alla stalla”, con la fertilizzazione organica si può dire “dalla stalla al campo”.

Una situazione antica, ma che ultimamente ha acquisito connotati di modernità con le più recenti tecniche di distribuzione dei liquami ai campi agricoli; una di queste è lo spandimento dei liquami con sistema ombelicale, tecnica che secondo un altro progetto Crpa, il progetto “Prepair”, riduce molto le emissioni di gas serra in atmosfera.

Ma il Crpa ha sottolineato come le deiezioni possono trovare una propria utilità anche all’interno della stalla stessa, grazie all’idea del “compost barn”, un nuovo tipo di lettiera per le bovine creata con il compost. Si tratta di una tecnica di stabulazione innovativa per le vacche da latte, che prevede un’ampia area di riposo a lettiera regolarmente lavorata. La lettiera viene rilavorata per favorire il rimescolamento e il compostaggio delle deiezioni con il materiale organico utilizzato come lettime.

Secondo il Crpa un vantaggio del compost barn è il miglioramento del benessere animale, grazie al fatto che gli spazi a disposizione delle bovine sono più ampi e liberi rispetto al sistema tradizionale delle cuccette. Per gli stessi motivi si può prospettare una riduzione delle problematiche podali. Dal maggior benessere poi può derivare un aumento della longevità delle vacche e quindi una riduzione del tasso annuo di rimonta. Inoltre l’adozione del compost barn può consentire una riduzione dei fabbisogni di opere esterne per lo stoccaggio degli effluenti zootecnici.

Miglior gestione e uso dei reflui zootecnici

Un altro progetto Crpa, il progetto “Smart&Green Milk”, ha sottolineato una cosa che è emersa anche da molte delle considerazioni già esposte. Ovvero la diretta utilità dell’economia circolare in zootecnia nella ricerca di una produzione più rispettosa dell’ambiente.

In un’azienda zootecnica che ha partecipato a questo progetto si sono applicate tecniche di mitigazione dell’impatto ambientale che hanno riguardato la gestione e l’uso dei reflui ai fini fertilizzanti e per la produzione di biogas.

L’azienda dispone di un impianto di digestione anaerobica alimentato con i reflui della stalla e biomasse vegetali, da cui residua un materiale, chiamato digestato, che rispetto alle biomasse di partenza si presenta omogeneo, con una residua quota di sostanza organica stabile e che contiene elementi della fertilità, quali azoto, fosforo e potassio. Il digestato è utilizzato ai fini fertilizzanti così come i reflui da cui si origina.

Il processo di gestione dei reflui di questa azienda limita le emissioni di metano e protossido di azoto in atmosfera perché:

- lo stoccaggio di letame e liquame non avviene, in quanto gli effluenti sono direttamente avviati all’impianto di digestione anaerobica;
- il carbonio degli effluenti è largamente convertito in biogas (una miscela di CH4 e CO2) e destinato alla produzione di energia;
- il digestato residuo è impoverito di sostanza organica, ma contiene azoto che ha una destinazione agronomica;
- il digestato è stoccato in una vasca coperta, il che contiene la dispersione in atmosfera dei gas (protossido di azoto e ammoniaca) fino all’80%.

La valorizzazione dell’azoto prodotto in azienda in sostituzione totale dei concimi chimici evita l’ingresso nel processo di produzione del latte di un fattore che ha un’ impronta ambientale elevata. La distribuzione dell’azoto organico deve però essere gestita in modo corretto e, soprattutto, quando la coltura è in atto e in grado di utilizzare l’azoto distribuito.

Le emissioni dalla distribuzione degli effluenti possono essere ridotte, continua il Crpa facendo riferimento al progetto Smart&Green Milk, limitandone il contatto con l’aria, sia in termini di tempo che di superficie. Le tecniche sono quindi riconducibili a mezzi di spandimento che applichino il liquame su una porzione limitata della superficie del suolo (spandimento in bande) o che consentano una immediata o rapida incorporazione del liquame/letame nel suolo (iniezione a solco chiuso, a solco aperto o rapido interramento).

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Un allevamento di bovine abbinato a un impianto biogas

Uso delle energie rinnovabili

L’azienda citata dispone di un impianto di biogas e di uno fotovoltaico. Questo la rende indipendente dalle fonti fossili per l’energia utilizzata in stalla. Quando il biodigestore è alimentato non esclusivamente con colture dedicate, ma con effluenti e/o sottoprodotti come nel caso di questa azienda, il bilancio dei gas serra è positivo e questo ha un effetto di mitigazione (riduzione) dell’impronta carbonica del latte.

Qualora l’impianto sia alimentato solo con colture dedicate, tale vantaggio viene vanificato dall’aumento delle emissioni generate dalla produzione di queste biomasse.

Nell’azienda si è lavorato sull’impiego dei reflui zootecnici come risorsa, ai fini fertilizzanti ed energetici. Ne è risultata una riduzione dell’impronta del carbonio del latte prodotto del 19%. L’esperienza pratica condotta nel progetto, dice il Crpa, porta a concludere che la ricerca della maggiore efficienza di produzione, ottenuta senza sacrificare il benessere degli animali e scegliendo tecniche di produzione sostenibili (energie rinnovabili e migliore uso degli effluenti ai fini fertilizzanti), può contribuire in modo sensibile a ridurre la produzione di gas a effetto serra associati alla produzione del latte alla stalla.

Come fare economia circolare negli allevamenti italiani - Ultima modifica: 2020-01-23T11:31:29+01:00 da Giorgio Setti

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