E’ sempre più difficile oggi produrre miele e garantire un futuro agli allevamenti apistici. Negli ultimi 10 anni si è assistito infatti alla progressiva erosione delle superfici occupate da fioriture di interesse per le api e la produzione di miele è in calo (a fronte di un totale stimato di 55 mila 65 mila apicoltori). A lanciare l’allarme è Raffaele Cirone, presidente della Fai (Federazione apicoltori italiani): “Una volta i produttori apistici erano per la gran parte stanziali, oggi, invece, per produrre 50 chili di miele bisogna rincorrere le fioriture spontanee e magari salire anche in montagna”.
Un sostegno al comparto, però, potrebbe arrivare dalla politica agricola. “Al di là dell’Ocm miele e dei contributi di Bruxelles destinati al settore gli apicoltori – spiega Cirone – la Fai-Federazione Apicoltori Italiani chiede alle Regioni, e quindi anche alle aziende agricole, di attivare le misure agroambientali dei Psr. Mi riferisco agli incentivi per la tutela della biodiversità, come ad esempio la messa a dimora di fioriture di interesse apistico”.
Una seconda raccomandazione il presidente della Fai la rivolge alle stesse aziende agricole: “Non bisogna dimenticare di lasciare, tra una coltura e l’altra o tra i confini aziendali, dei corridoi naturali non coltivati, spesso preziosi per le fioriture spontanee e nei quali le api possono trovare le necessarie risorse alimentari”.
Un terzo invito, rivolto sempre alle aziende agricole, è quello di rispettare la norma che vieta i trattamenti fitosanitari durante il periodo della fioritura: “Si tratta di pochi giorni – ricorda Cirone - ma garantiscono la sopravvivenza delle api che in cambio offrono un insostituibile servizio di impollinazione, migliore qualità, maggiore quantità delle produzioni”.
Il mondo del miele è del resto molto composito, fatto anche di minuscole realtà aziendali, nate per passione e mantenute spesso come integrazione al reddito. “Per questo - fa notare sempre il presidente della Fai - la produzione italiana di miele è estremamente frammentata e fatica a raggiungere la Gdo. Molto più spesso raggiunge il consumatore grazie a un rapporto di prossimità con la vendita diretta”.
Una volta il miele veniva semplicemente assimilato allo zucchero come dolcificante, oggi è in crescita anche l’interesse di consumatori più consapevoli e informati e da qualche tempo il comparto riceve anche l’attenzione degli chef. “Hanno cominciato – sottolinea il presidente della Fai – a selezionare l’apicoltore di riferimento e sono ben informati sugli aspetti tecnici e gastronomici. Ogni miele è l’essenza del proprio territorio, ma sono sempre più apprezzate e conosciute anche le produzioni di nicchia, come il miele di timo prodotto sui Monti Iblei nelle province di Ragusa e Siracusa, il miele di rosmarino prodotto sul Gargano, o il miele di corbezzolo prodotto in Sardegna”.
Un’altra incognita che pesa sul settore è legata al divieto di utilizzo dei neonicotinoidi per la concia del seme di mais: “Il 2017 – ricorda sempre il presidente della Fai - sarà un anno decisivo perché Bruxelles dovrà decidere se arrivare al bando definitivo o riammetterne l’uso”.