Erogati complessivamente 182 miliardi, l’incidenza sui redditi dei produttori scende sotto il 20%
Nuovo record negativo
per i sussidi
pubblici all'agricoltura
nei paesi avanzati. Nel
2011 gli aiuti al settore hanno
infatti aggiornato i minimi
del 2010 e sono scivolati
sotto la soglia del 20% del
reddito, coprendo ormai solo
il 19% dei guadagni delle
imprese agricole. Il calo è
dell'1% rispetto alla media
2009-2011 e del 3% rispetto
al periodo 1986-88 e ha
riguardato tutti i paesi dell'area.
A rivelarlo è il consueto
e autorevole rapporto
Ocse sulle politiche agricole
dei paesi che fanno parte
dell'Organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo
economico. La caduta dei
sussidi è dovuta in laraga
parte, spiega il rapporto, al
buon andamento dei prezzi
delle commodity agricole.
Essendo in molti casi gli
aiuti legati all'andamento
delle quotazioni (come i cosiddetti
aiuti anticiclici
Usa), la congiuntura favorevole
ha determinato una minor
spesa governativa grazie
al positivo andamento
dei mercati. Fa eccezione la
Pac, con gli aiuti disaccoppiati
indifferenti all'andamento
dei mercati e sostanzialmente
stabili rispetto al
2010.
A livello globale nel
2011 gli aiuti diretti al settore
hanno raggiunto la comunque
ragguardevole cifra
di 182 miliardi di euro,
mettendo insieme tutti i paesi
dell'area Ocse. Anche se
gli analisti dell'Organizzazione
valutano positivamente
il progressivo sganciamento
dei sussidi dalla produzione,
con il passaggio diretto
ai produttori indipendentemente
dal volume dei
raccolti, non mancano le critiche.
Quella principale riguarda
la «scarsa efficienza
» dei sussidi che «dovrebbero
essere più direttamente
indirizzati verso competitività
e produttività», spiega
il direttore agli affari agricoli
e al commercio dell'Ocse,
Ken Ashe. «Il progressivo
calo dei sussidi è positivo,
ma i governi dovrebbero
fare sforzi maggiori sull'ambiente,
per assicurare
l'uso di metodi di produzione
sostenibili aiutando al
tempo stesso le imprese
agricole a una migliore gestione
dei rischi».
Un richiamo, quello alla
necessità di una maggiore
produttività, che appare in
contrasto con la critica rivolta
agli aiuti accoppiati alla
produzione o, per essere più
precisi, con il giudizio positivo
sul disaccoppiamento.
Che continua a essere una
scelta esclusivamente europea:
da 10 anni la Pac ha
infatti abolito progressivamente
ogni legame tra aiuti
e quantità prodotte, con la
conseguenza però di veder
crescere vertiginosamente il
deficit dell'Unione in una
serie di commodity chiave.
Prima fra tutte la soia, protagonista
dei maggiori rialzi
legati alla siccità nordamericana
dei mesi scorsi.
Manca invece all'appello,
nei calcoli del rapporto,
l'intero capitolo dei «Food
stamps» americani, gli aiuti
alimentari, formalmente
non conteggiati tra i sussidi
ma che in realtà rappresentano,
storicamente, una leva
chiave del Farm Bill, la politica
agricola americana. A
dispetto dei tentativi di coordinare
le politiche agricole
internazionali soprattutto alla
luce delle ricorrenti crisi
alimentari, l'incidenza degli
aiuti pubblici sui redditi
agricoli varia in modo sostanziale
da paese a paese.
Il livello più basso è quello
di Nuova Zelanda a Australia,
dove solo l'1% e il 3%
rispettivamente dei guadagni
deriva da aiuti pubblici.
Sotto la media Ocse anche
Usa (9%), Messico (13%) e
Canada (16%). L'Unione
europea nonostante il lento
declino della spesa Pac so
colloca al 20%, leggermente
sopra la media Ocse. Salendo
si incontrano Islanda
(47%), Corea (50%), Giappone
(51%), Svizzera
(56%) e Norvegia, che detiene
il record con un'incidenza
del 60 per cento.
Un funzionario dell'Organizzazione,
infine, ha
criticato nei giorni scorsi
le politiche Ue e Usa a
favore dei biocarburanti.
Ma se Bruxelles con la revisione
dei target 2020 ha
già di fatto innsecato la
retromarcia (si veda «Agrisole
» n. 36/2012), è escluso
che gli Usa possano rivedere,
prima delle elezioni
di novembre, l'obbligo
di miscelazione del mais
nei biocarburanti.
per i sussidi
pubblici all'agricoltura
nei paesi avanzati. Nel
2011 gli aiuti al settore hanno
infatti aggiornato i minimi
del 2010 e sono scivolati
sotto la soglia del 20% del
reddito, coprendo ormai solo
il 19% dei guadagni delle
imprese agricole. Il calo è
dell'1% rispetto alla media
2009-2011 e del 3% rispetto
al periodo 1986-88 e ha
riguardato tutti i paesi dell'area.
A rivelarlo è il consueto
e autorevole rapporto
Ocse sulle politiche agricole
dei paesi che fanno parte
dell'Organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo
economico. La caduta dei
sussidi è dovuta in laraga
parte, spiega il rapporto, al
buon andamento dei prezzi
delle commodity agricole.
Essendo in molti casi gli
aiuti legati all'andamento
delle quotazioni (come i cosiddetti
aiuti anticiclici
Usa), la congiuntura favorevole
ha determinato una minor
spesa governativa grazie
al positivo andamento
dei mercati. Fa eccezione la
Pac, con gli aiuti disaccoppiati
indifferenti all'andamento
dei mercati e sostanzialmente
stabili rispetto al
2010.
A livello globale nel
2011 gli aiuti diretti al settore
hanno raggiunto la comunque
ragguardevole cifra
di 182 miliardi di euro,
mettendo insieme tutti i paesi
dell'area Ocse. Anche se
gli analisti dell'Organizzazione
valutano positivamente
il progressivo sganciamento
dei sussidi dalla produzione,
con il passaggio diretto
ai produttori indipendentemente
dal volume dei
raccolti, non mancano le critiche.
Quella principale riguarda
la «scarsa efficienza
» dei sussidi che «dovrebbero
essere più direttamente
indirizzati verso competitività
e produttività», spiega
il direttore agli affari agricoli
e al commercio dell'Ocse,
Ken Ashe. «Il progressivo
calo dei sussidi è positivo,
ma i governi dovrebbero
fare sforzi maggiori sull'ambiente,
per assicurare
l'uso di metodi di produzione
sostenibili aiutando al
tempo stesso le imprese
agricole a una migliore gestione
dei rischi».
Un richiamo, quello alla
necessità di una maggiore
produttività, che appare in
contrasto con la critica rivolta
agli aiuti accoppiati alla
produzione o, per essere più
precisi, con il giudizio positivo
sul disaccoppiamento.
Che continua a essere una
scelta esclusivamente europea:
da 10 anni la Pac ha
infatti abolito progressivamente
ogni legame tra aiuti
e quantità prodotte, con la
conseguenza però di veder
crescere vertiginosamente il
deficit dell'Unione in una
serie di commodity chiave.
Prima fra tutte la soia, protagonista
dei maggiori rialzi
legati alla siccità nordamericana
dei mesi scorsi.
Manca invece all'appello,
nei calcoli del rapporto,
l'intero capitolo dei «Food
stamps» americani, gli aiuti
alimentari, formalmente
non conteggiati tra i sussidi
ma che in realtà rappresentano,
storicamente, una leva
chiave del Farm Bill, la politica
agricola americana. A
dispetto dei tentativi di coordinare
le politiche agricole
internazionali soprattutto alla
luce delle ricorrenti crisi
alimentari, l'incidenza degli
aiuti pubblici sui redditi
agricoli varia in modo sostanziale
da paese a paese.
Il livello più basso è quello
di Nuova Zelanda a Australia,
dove solo l'1% e il 3%
rispettivamente dei guadagni
deriva da aiuti pubblici.
Sotto la media Ocse anche
Usa (9%), Messico (13%) e
Canada (16%). L'Unione
europea nonostante il lento
declino della spesa Pac so
colloca al 20%, leggermente
sopra la media Ocse. Salendo
si incontrano Islanda
(47%), Corea (50%), Giappone
(51%), Svizzera
(56%) e Norvegia, che detiene
il record con un'incidenza
del 60 per cento.
Un funzionario dell'Organizzazione,
infine, ha
criticato nei giorni scorsi
le politiche Ue e Usa a
favore dei biocarburanti.
Ma se Bruxelles con la revisione
dei target 2020 ha
già di fatto innsecato la
retromarcia (si veda «Agrisole
» n. 36/2012), è escluso
che gli Usa possano rivedere,
prima delle elezioni
di novembre, l'obbligo
di miscelazione del mais
nei biocarburanti.