Accanto all’autoctona ape ligustica, ci sono alcune tracce di ape carnica, di ape africana e di ape nera europea. A rivelarlo è la prima indagine sulla diversità genetica delle popolazioni di ape da miele presenti sul territorio emiliano-romagnolo
Un gruppo di ricerca dell’Università di Bologna ha studiato per la prima volta la diversità genetica delle popolazioni di ape da miele allevate in Emilia-Romagna. I risultati, che derivano dall’analisi del Dna mitocondriale – pubblicati su Scientific Reports – mostrano che la più diffusa è l’ape ligustica, l'autoctona ape italiana; tuttavia, c’è anche una percentuale significativa di ape carnica, originaria della Slovenia, oltre a tracce di ape africana e di ape nera europea.
Le caratteristiche dell'ape nostrana
L’ape ligustica (Apis mellifera ligustica), nota anche come ape italiana, è conosciuta e apprezzata per una serie di caratteristiche che la rendono estremamente favorevole per l’apicoltura. Tra queste, l’estrema docilità, l’elevata produttività, la resistenza alle malattie e la sua grande adattabilità a climi diversi.
Proprio per assicurarne la conservazione, l’Emilia-Romagna ha introdotto nel 2019 una legge regionale che prevede tra l'altro il divieto di utilizzare sottospecie diverse da ligustica, oltre all’istituzione di aree di conservazione intorno agli apiari destinati all’allevamento, riproduzione e fecondazione del materiale apistico selezionato.
Il progetto
L'attività di campionamento è stata svolta dall'Università di Bologna, in collaborazione con le associazioni apistiche regionali, ed ha riguardato più di 1200 colonie.
«Siamo riusciti a realizzare il più ampio studio di questo tipo in Italia, e probabilmente quello con la più alta densità di campionamento a livello mondiale. I risultati mostrano una prevalenza del DNA mitocondriale caratteristico dell'ape ligustica, sottospecie autoctona di grande importanza per l’apicoltura, ma è importante prestare attenzione alla diffusione di altri tipi di DNA mitocondriale derivanti da sottospecie non native del territorio italiano. La loro presenza è un indicatore del fatto che altre sottospecie o linee genetiche non autoctone sono state introdotte in regione e che sono possibili fenomeni di ibridazione con eventuale perdita dell'integrità genetica dell’ape ligustica».
I risultati delle analisi
Per iniziare a monitorare gli effetti di questa iniziativa, gli studiosi hanno quindi realizzato un'ampia analisi del DNA mitocondriale delle popolazioni di api presenti in Emilia-Romagna e sono riusciti così a costruire una mappa della distribuzione degli aplotipi mitocondriali di ape sul territorio regionale.
Il più frequente (86,6%) è risultato l’aplotipo C1, caratteristico della sottospecie ligustica, ma l'indagine mostra anche la presenza di aplotipi caratteristici di altre sottospecie non autoctone o ibridi introdotti nella regione. In particolare, è emersa una frequenza relativamente alta (11%) dell’aplotipo C2, caratteristico dell'ape carnica (Apis mellifera carnica), sottospecie diffusa tra Slovenia, Austria e area balcanica. Inoltre, sono stati identificati aplotipi della linea A (1,3%), tipico dell'ape africana (Apis mellifera adansonii) e di altre sottospecie dell’areale Mediterraneo, tra cui due nuovi aplotipi fino ad oggi sconosciuti, e della linea M (1,1%), tipico dell'ape nera europea (Apis mellifera mellifera).
"La diffusione relativamente alta degli aplotipi dell'ape carnica, fino ad oggi documentata in Italia solo nelle zone di confine con Austria e Slovenia, suggerisce che questa sottospecie sia stata introdotta in modo estensivo in Emilia-Romagna, forse a causa della sua forte adattabilità alle aree montuose come quelle dell'Appennino", spiega Fontanesi. "È importante vigilare su questo fenomeno, così come sulla possibile introduzione degli aplotipi di origine africana, per salvaguardare la sottospecie ligustica da fenomeni di erosione genetica: è un impegno che richiede una forte attenzione da parte del settore apistico coadiuvato dal settore pubblico".
Realizzato nell’ambito del progetto BEE-RER dell’Università di Bologna, lo studio è stato pubblicato su Scientific Reports con il titolo “Distribution of honey bee mitochondrial Dna haplotypes in an Italian region where a legislative act is protecting the Apis mellifera ligustica subspecies”.
Lo studio è stato realizzato dall'Animal and Food Genomics Group, gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna coordinato dal professor Luca Fontanesi e attivo nel settore della genomica applicata all’apicoltura e alle specie di interesse zootecnico. Tra gli autori dell’articolo figurano Valeria Taurisano, Anisa Ribani, Dalal Sami, Kate Elise Nelson Johnson (Fulbright fellow), Giuseppina Schiavo, Valerio Joe Utzeri, Samuele Bovo e Luca Fontanesi.