Sbarcata in silenzio, forse da una nave mercantile diretta al porto di Augusta, la formica di fuoco (Solenopsis invicta) è diventata in pochi mesi il nuovo incubo dell’agricoltura siciliana. Minuscola ma aggressiva, questa specie aliena originaria del Sudamerica ha cominciato a colonizzare i terreni della Sicilia orientale, minacciando colture, pascoli, bestiame e, soprattutto, la salute dei cittadini.
L’allarme è partito nel 2023, quando una ricerca delle università di Catania e Parma con l’Istituto di Biologia di Barcellona ha individuato 88 nidi attivi su oltre 4 ettari nell’area di Siracusa. Da allora, la “formica di fuoco” – così chiamata per la puntura dolorosa e bruciante – ha continuato ad avanzare, favorita dal clima mite e dai traffici commerciali. Oggi la sua presenza è confermata in diversi comuni agricoli tra Noto, Rosolini e Ispica, dove gli allevatori segnalano terreni inaccessibili e animali aggrediti.
Come si riconosce la formica di fuoco?
A prima vista la formica di fuoco non si distingue facilmente dalle altre specie indigene e innocue. Il colore bruno-rossastro e la lunghezza del corpo variabile tra 2 e 4 millimetri sono caratteri che condivide con altri tipi di formica. Come tutte le formiche vive in colonie numerose e costruisce nidi vicino a radici o pietre che all’esterno appaiono come cumuli di terra alti fino a 40 centimetri.
Il tratto distintivo è il suo comportamento: è estremamente aggressiva e attacca in gruppo. La sua puntura è dolorosa e bruciante e può provocare reazioni allergiche anche gravi. Se punti, bisogna lavare con acqua e sapone, applicare ghiaccio e una crema lenitiva. In presenza di gonfiore diffuso, difficoltà respiratorie o capogiri, contattare subito un medico o il 118.
Una minaccia per agricoltura, salute e biodiversità
La Solenopsis invicta distrugge semi, radici e frutti, compromettendo le rese e riducendo la biodiversità. Le sue colonie competono con gli altri insetti indigeni e possono danneggiare anche impianti elettrici e sistemi irrigui. Sul fronte sanitario, le punture causano dolore intenso e, nei soggetti allergici, possono provocare shock anafilattico.
In ambito scientifico questa formica “aliena” è nota per la sua organizzazione sociale estremamente efficiente e per la capacità di adattarsi e colonizzare ambienti nuovi con grande rapidità. Tanto da essere considerata una delle specie invasive più problematiche del pianeta (l’Unione internazionale per la conservazione della natura l’ha inserita nella lista delle 100 specie più invasive del mondo) visto che è stata capace di conquistare - sovvertendone l’equilibrio ecologico - interi ecosistemi in Stati Uniti, Australia, Cina e Taiwan.
La colonizzazione della Sicilia, secondo gli esperti, è solo in fase iniziale, ma per evitare che evolva in emergenza ambientale (e di conseguenza economica) servono azioni rapide e coordinate. La sua presenza in Sicilia, comunque, preoccupa. Per tanti motivi: l’estrema velocità di riproduzione, la presenza di più regine nella stessa colonia che assicura elevata capacità di rigenerazione anche dopo gli interventi di controllo, la capacità di spostamento (per alcuni chilometri) delle regine alate. E poi c’è l’uomo che inconsapevolmente può contribuire a spostamenti a più lungo raggio che le fa viaggiare con piante, terriccio o materiali da costruzione. In più, dulcis in fundo, dalle nostre parti non esistono antagonisti naturali in grado di contenerle. Così possono espandersi senza freni, riducendo la biodiversità e alterando interi ecosistemi.
Nel 2024 l’Unione europea ha aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia per la mancata gestione iniziale dell’infestazione, spingendo la Regione Siciliana ad avviare un piano straordinario di contrasto.
Piano regionale e app per le segnalazioni
L’assessorato al Territorio e Ambiente, guidato da Giusi Savarino, ha messo in campo un programma coordinato dal commissario straordinario Luca Ferlito, in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente, l’Università di Catania e l’Istituto Zooprofilattico.
Da giugno 2025 l’assessorato regionale all’Ambiente ha iniziato a distribuire il biocida Advion Fire Ant Bait, autorizzato dal Ministero della Salute. «L’eradicazione nel Siracusano sta funzionando – ha dichiarato Savarino – ma non possiamo abbassare la guardia: servono monitoraggio e collaborazione di tutti».
La Regione lancerà a breve anche un’app per le segnalazioni geolocalizzate e una campagna di informazione rivolta ad agricoltori e operatori sanitari per riconoscere e segnalare i nuovi focolai. La Sicilia è diventata così un laboratorio europeo nella gestione delle specie invasive. «La difesa del territorio – conclude Savarino – passa anche dall’informazione e dalla partecipazione dei cittadini. Solo così potremo proteggere il futuro dell’agricoltura siciliana».
Cosa possono fare gli agricoltori?
Molto importante è il monitoraggio. E in questo gli agricoltori rivestono il ruolo di protagonisti. A loro, infatti, cui viene chiesto di controllare periodicamente terreni, canali di scolo e aree umide, soprattutto nei mesi caldi. In caso di sospetto focolaio, bisogna fotografare il nido e inviare la segnalazione. Appena disponibile, si potrà usare un’app regionale che, annunciata tre settimane fa, è ancora in fase di rilascio.
Per il controllo possono essere usati solo prodotti autorizzati dal Ministero della Salute, come l’Advion Fire Ant Bait. Evitare agrofarmaci non registrati o applicazioni improvvisate.
Più importante del controllo, la prevenzione. Per questo viene raccomandato di mantenere pulite le zone di stoccaggio, rimuovere materiali organici e controllare il terreno prima di nuovi impianti o movimentazioni di suolo.
Per la sicurezza viene consigliato di indossare guanti, stivali e mascherine durante i sopralluoghi. Superfluo dire, poi, che il personale aziendale deve essere opportunamente informato e formato.













