Brutta sorpresa sotto l’albero di Natale per gli agricoltori siciliani che coltivano con il metodo biologico. Almeno per quelli che avevano aderito al bando pubblicato a fine 2022 per l’intervento SRA 29 "Pagamento al fine di adottare e mantenere pratiche e metodi di produzione biologica”. Per molti di loro, alla fine del primo anno d’impegno è arrivata la doccia fredda: dovranno dimostrare mediante le fatture di vendita (in un primo momento con dichiarazione sostitutiva), che la produzione è stata venduta come “bio” e non come convenzionale. La disposizione diramata lo scorso 11 dicembre dal Dipartimento regionale dell’Agricoltura ha fatto saltare dalla sedia tecnici e agricoltori e animato una furiosa polemica.
La disposizione, in realtà, non fa altro che attivare i criteri di priorità previsti dal bando. Criteri che sono sfuggiti a molti o che si sperava non fosse necessario applicare. Ma che ora diventano necessari per gestire un numero elevatissimo di adesioni (per oltre 70 milioni di euro pari a un impegno di 350 milioni per il quinquennio) e permettere la pubblicazione di un nuovo bando sulla stessa SRA 29 di qui alla fine del periodo di programmazione, visto che la dotazione finanziaria totale dell’intervento è di 450 milioni di euro.
Poi non si poteva non tenere in considerazione l’esito del recente audit strategico della Corte dei Conti europea. L’organo di controllo, infatti, ha osservato che alla condivisibile politica della Regione di sostenere l’agricoltura biologica, non è corrisposto un aumento dei consumi interni orientati al bio e che i prodotti bio siciliani non si trovano facilmente in commercio, soprattutto nell’Isola. «Che produciamo bio e non lo vendiamo come tale non è un risultato brillante nella strategia Ue Farm to Fork, come ci ha detto la Corte dei Conti europea», afferma il Dirigente generale del Dipartimento regionale Agricoltura, Dario Cartabellotta.
Il passaggio incriminato
A scatenare il putiferio un paragrafo del bando a cui, evidentemente, non tutti hanno riservato la necessaria attenzione. "Non si prevede di applicare criteri di selezione. Tuttavia, - si legge nel bando - qualora le richieste pervenute ammissibili siano superiori alla disponibilità finanziaria, si darà priorità in ordine di precedenza alle aziende che rispettano determinati principi riconducibili alle caratteristiche dell’attività aziendale e/o a quelle ubicate per il 50% almeno della Sau ammissibile in determinate aree".
Le priorità previste sono tre: 1) aziende che, indipendentemente dalla relativa zona di ubicazione, commercializzano prodotti certificati biologici e/o aziende ricadenti in Aree Natura 2000 (le due tipologie aziendali rappresentate concorrono in egual misura alla selezione); 2) zone vulnerabili ai nitrati (Zvn); 3) aree naturali protette. Poi si aggiunge che “all’interno delle suddette aree prioritarie verrà data precedenza alle aziende che hanno maggiore percentuale di Sau interessata dalla priorità stessa e fino al 50% della Sau ammissibile e/o della produzione commercializzata. Esaurito il suddetto ordine di priorità, e in presenza di risorse finanziarie, si procederà con lo stesso ordine di priorità, per le aziende con meno del 50% della Sau ammissibile e/o della produzione commercializzata”.
Graduatoria da rifare e tempi più lunghi
E adesso? Bisognerà rifare la graduatoria e si allungheranno i tempi del pagamento. C’è chi prevede che la nuova graduatoria provvisoria possa essere pubblicata a febbraio, e quella definitiva tra marzo e aprile e che la liquidazione degli anticipi possa avvenire entro giugno. In molti definiscono queste previsioni ottimistiche. «Nel frattempo, però - fanno osservare i tecnici - le aziende devono rispettare gli impegni e fronteggiare i costi connessi: bilancio umico e analisi terreno».
E se restano fuori? La soluzione per cui propendono beneficiari e loro consulenti è di “spalmare” le somme disponibili su tutte le aziende che hanno fatto domanda e dichiarate ammissibili. «Perchè - affermano in tanti - anche se la produzione non si vende come bio, la tecnica colturale ecocompatibile aiuta l'ambiente e quindi tutta la comunità».
Mentre infuria la polemica sull'opportunità di stilare la graduatoria definitiva delle istanze tenendo conto delle priorità, in molti, a fine novembre, hanno già ricevuto l’anticipo e, se non dovesse rientrare nei criteri di priorità, dovranno restituirlo. E infine il dilemma delle aziende in conversione che non possono mettere in fattura la dicitura “biologico” pena salatissime sanzioni.
Siamo a dicembre e la maggior parte delle aziende vitivinicole e olivicole hanno già venduto il prodotto. «Non si contesta il bando o le normative - dicono i tecnici - ma la tempistica della comunicazione. Se la disposizione fosse stata pubblicata per tempo, si sarebbe potuta trovare una soluzione con gli organismi di controllo: noi ci saremmo adeguati ed avremmo consigliato i nostri assistiti, come sempre, nel modo migliore».