In occasione del 3° Congresso sulla fertilità umana EcoFoodFertility, tenutosi al Policlinico dell’università di Modena e Reggio Emilia il 21 settembre scorso abbiamo incontrato Carlo Triarico, storico della scienza e presidente dell’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, che ha svolto una relazione sul ruolo nutraceutico-funzionale e detossificante degli alimenti biologici e biodinamici. Ne abbiamo parlato con lui.
Triarico esistono evidenze del valore nutraceutico dei prodotti biologici e biodinamici?
«Esiste una letteratura referata che fornisce significative evidenze, nelle condizioni sperimentali date. Sono drammatici i dati documentati dagli esperti nel congresso sul crollo della fertilità maschile, con l'aggravante che essa è uno dei primi indicatori dello stato di salute sia umana che ambientale. Per questo servirebbe intensificare la ricerca, in modo che gli studi ci permettano di dare risposte compiute alla sua domanda. È emerso da più interventi il potenziale nutraceutico e detossificante degli alimenti ben prodotti. L'agricoltore biologico e biodinamico ha il potenziale di fornire cibo sano con caratteristiche nutraceutiche e detossificanti superiori. La scienza dell’alimentazione è relativamente giovane e ha dovuto cambiare tante convinzioni. Rudolf Steiner, nel fondare l’agricoltura biodinamica, evidenziò già nel 1924 che l’apporto proteico considerato allora ottimale era eccessivo, come poi è stato dimostrato. Parlò dell’effetto nocivo di alcune sostanze chimiche nella produzione di cibo e della necessità di considerare fattori vitali. La prima vitamina fu scoperta nel ’29 e nel ‘36 la British Medical Association dichiarò che gli alimenti impropriamente costituiti inducono un peggioramento della salute generale. Oggi lo studio delle sostanze dannose e interferenti è all’inizio. Soprattutto non conosciamo gli effetti emergenti tanto quelli negativi della combinazione di sostanze dannose, tanto quelli positivi della combinazione dei principi attivi e funzionali».
Lei è uno storico della scienza, ci può raccontare brevemente la storia della bioagricoltura?
«L’Italia è stato uno dei primi paesi a introdurre la bioagricoltura grazie all’agricoltura biodinamica. Steiner era noto al ceto intellettuale italiano. Nel 1911 a Bologna aveva tenuto una conferenza di epistemologia al Congresso mondiale di Filosofia che gli valse la pubblicazione italiana delle sue prime opere per interessamento di Benedetto Croce. È del 1924 il primo Convegno sull’agricoltura biodinamica e alla fine degli anni Venti iniziarono le prime applicazioni italiane. L’Associazione Biodinamica fu fondata nel 1947 e dagli anni ’60 iniziarono le prime coltivazioni biologiche. È poi del 1991 il regolamento UE sulla bioagricoltura (reg. Cee 2092/91) e del 2020 le direttive Ue Farm to Fork e Biodiversità che pongono il tema urgente del cambiamento del sistema alimentare in senso ecologico, col 25% di suolo in bioagricoltura entro il 2030».
Che rapporti ci sono tra medicina e bioagricoltura?
«Rapporti molto stretti. C’è infatti una connessione storica ed etica tra questi due mondi. Emblematico il fatto che il chimico Pfeiffer, l’allievo di Steiner che sistematizzò la biodinamica, fu insignito nel ‘39 della laurea honoris causa in Medicina a Filadelfia e dal 1956 ebbe la cattedra universitaria di Nutrizione. Mi ha ispirato l'impegno di Umberto Veronesi che frequentò i convegni di agricoltura biodinamica e ci portò un importante contributo intuendo, già negli anni ’90, la relazione che può esserci tra medicina e buona agricoltura. In un libro che lo vide coautore nel 1998, dal titolo “Nutrirsi oggi. Dall'agricoltura biodinamica all'alimentazione dinamica”, Veronesi ci informava di una nuova branca della ricerca la chemioprevenzione, per la quale non dobbiamo solo limitare l'esposizione a sostanze inquinanti, ma dobbiamo puntare sul cibo che risana. Nel ‘93 affermò che l’agricoltura biodinamica rappresentava “una via nuova, alla ricerca di condizioni naturali in gran parte perdute, che ha ormai superato la fase sperimentale e a cui guardiamo con grande interesse”, ribadendo la necessità di una ricerca sul valore preventivo del cibo su grandi numeri della popolazione oltre a chiedere un cambio di passo legislativo per risanare la terra».
E a livello legislativo c’è stato questo cambio di passo?
«Qualcosa c’è stato, ma molto ancora è da fare. Nel 2016 il Parlamento europeo fece propria una meta-analisi dal titolo “Implicazioni sulla salute umana degli alimenti biologici e dell'agricoltura biologica” (Human health implications of organic food and organic agriculture. Study 20/12/2016). La pubblicazione esamina le prove scientifiche esistenti dell'impatto positivo degli alimenti biologici sulla salute umana. Lo sviluppo di sistemi alimentari sani e sostenibili è oggi una priorità internazionale».
Ci può fornire qualche dato a supporto del valore dei prodotti biologici e biodinamici?
«Posso riportare i dati che abbiamo raccolto in due pubblicazioni, Salviamo la fertilità dell’uomo e della terra, del 2020 e L’insopportabile efficacia dell’agricoltura biodinamica uscito nel 2022, soprattutto i dati della letteratura scientifica referata raccolti da Nadia Scialabba, già dirigente Fao. Rispetto a 50 anni fa, i valori nutrizionali di frutta e verdura sono diminuiti dal 25% al 75% a causa, tra l’altro, della mutata genetica e dell’utilizzo di fertilizzanti azotati che inibiscono la colonizzazione micorrizica delle radici delle colture. È inibito il corretto costituirsi di nutrienti quali proteine, minerali e vitamine. Uno studio sulla riboflavina (vitamina B2) indica -38% medio. C’è uno sproporzionato aumento delle malattie non trasmissibili, come le cardiovascolari e respiratorie, il cancro, il diabete, responsabili della morte prematura dell’80% della popolazione mondiale. Come afferma il testo Cibo e salute, manuale di resistenza alimentare di Navdanya International “insieme all’inquinamento ambientale e ad uno stile di vita scorretto, il sistema alimentare contribuisce fortemente all’insorgenza di queste malattie”. I residui inquinanti nell’ambiente, spesso entro i limiti concessi per legge ma con effetti cumulativi, nel tempo incidono sulla salute e sul territorio con effetti trasmessi alle nuove generazioni. Il fenomeno di resistenza c’è per gli antibiotici, ma anche per i pesticidi che generano super parassiti e super infestanti. Un uso maggiore di erbicidi produce effetti nocivi sulla fertilità̀ umana, secondo la Review Mechanisms of Glyphosate and Glyphosate-Based Herbicides Action in Female and Male Fertility in Humans and Animal Models del 2021. A fronte di questi problemi uno studio documenta che i prodotti bio hanno il 30% in meno di nitrati e l’87% in meno di nitriti e un basso contenuto di Cadmio rispetto ai cereali e verdure fertilizzati sinteticamente. Ma poiché l’inquinamento da cibo è solo una parte della più grande massa di inquinamento ambientale, dobbiamo guardare soprattutto al potenziale detossificante generale del cibo, che è il tema di EcoFood Fertility portato dal professor Luigi Montano.
Alcuni studi affermano che i prodotti zootecnici bio come latticini, carne e uova, hanno un contenuto più elevato del 30-50% di acidi grassi omega-3 e acidi grassi totali, rispetto al bestiame convenzionale perché nutriti con più erba. Per le vacche, gli standard biodinamici richiedono un’alimentazione erbosa dell’80%, che porta a un tasso più elevato di acidi grassi rispetto ai prodotti biologici di base. Emerge da uno studio che le mamme che si nutrono di quel latte abbiano un ridotto rischio che i lattanti contraggano la dermatite atopica. Altri studi evidenziano che nei prodotti bio ci sono livelli di antiossidanti superiori fino al 90% per il latte e al 40% per le verdure e che la media del contenuto fenolico totale del prodotto bio è del 14-26% superiore rispetto al corrispondente convenzionale e, per alcuni componenti come i flavonoidi, il tasso è superiore del 69%. I prodotti biodinamici, in particolare, hanno un contenuto più consistente di antiossidanti, acido ascorbico, polifenoli, antociani, carotenoidi ed enzimi. Uno studio che la prestigiosa rivista Lancet ha pubblicato nel 2017 addirittura col titolo “Organic Food: Panacea for Health?” ha seguito 14mila bambini in cinque paesi Ue con uno stile di vita che contempla alimentazione biodinamica ed ha documentato il 30% in meno di disturbi allergici ed eczema. Con la promozione della diversità microbica, agronomica e spontanea, l’agricoltura biologica e più ancora la biodinamica producono cibo dall’alto valore nutraceutico e detossificante, non solo privo di residui chimici sintetici, ma ricco di principi attivi e funzionali, che cooperano tra loro per rafforzare il nostro organismo nel risanarsi e disintossicarsi».
E a chi dice che non è possibile sfamare il mondo con l’agricoltura bio cosa risponde?
«Anche in questo caso ricordiamo uno studio scientifico incoraggiante del 2017, pubblicato su Nature Communications, che fa una proiezione per il 2050 e dimostra come una conversione mondiale alla gestione bio sia tecnicamente sufficiente a produrre calorie e proteine necessarie per nutrire 9,2 miliardi di persone, risparmiando danni all’ambiente e al clima».